22 ottobre
Questa mattina, quando sono uscito, ho trovato un camion carico di fili
elettrici, lampadine e tubature metalliche varie parcheggiato proprio davanti
al passo carraio di casa mia. Per fortuna, ho pensato, non devo prendere
la macchina. Poi mi sono accorto che quelli erano addobbi natalizi
– stelle comete, fiocchi di neve stilizzati o qualcosa del genere – e
che i due operai che si davano da fare con una scala all’inizio della
via, proprio vicino all’edicola, li stavano montando. Ho comperato
il giornale e ho controllato la data. Sì, oggi è proprio il 22 ottobre.
Roba da non credere: è praticamente estate, c’è ancora l’ora legale,
deve ancora arrivare il week end dei santi e quelli stanno già pensando
al Natale. Assurdo.
27 ottobre
Credo che per il week end, in definitiva, finirò col restare a Milano.
Avevo pensato che se la casa al mare fosse stata libera avrei potuto
farci un salto, magari in compagnia, ma naturalmente ci va mia sorella
Anna, con marito e figliolanza al completo. Quando ho risposto al
telefono ed era lei, ho capito subito che c’era qualche bidone in arrivo
e infatti. Naturalmente mi ha chiesto se ci andavo anch’io, assicurandomi
che la camera piccola era libera (grazie tante) e che i ragazzi sarebbero
stati felici di vedermi (figuriamoci), ma quando ho risposto no grazie,
che avevo un po’ di lavoro da finire e volevo approfittare di questi due
o tre giorni di tranquillità (non è esattamente vero, ma qualcosa mi dovevo
pur inventare), non ha fatto una piega e, anzi, ha detto subito che allora
Serena, la mia nipote più grande, avrebbe potuto portarsi dietro un’amichetta,
che ci teneva tanto, ma prima di dirle di sì volevano essere sicuri che
la stanza non servisse a me . Tanto per fare un po’ di conversazione
le ho raccontato che sotto casa mia hanno già montato gli addobbi di Natale
e lei, senza fare una piega, mi ha detto che nella loro via ci sono già
da dieci giorni. Però, mi ha spiegato, non li accenderanno prima
di Sant’Ambrogio, che è già qualcosa. Ha aggiunto che dovremmo cominciare
anche noi a pensare al Natale, per non fare tutto all’ultimo momento come
gli anni scorsi e mi ha chiesto se ho qualche idea per il regalo della
mamma. Il che vuol dire che qualche idea ce l’ha già lei e che deve
essere particolarmente letale. Loro sono in cinque, ma il prezzo
dei regali per la mamma, chissà perché, lo dividiamo sempre in due, metà
a me e metà a loro, e viene sempre una bella cifra. Speriamo in bene.
31 ottobre
Oggi finisce l’ora legale, la città è mezza vuota, nel senso che se ne
sono andati praticamente tutti, e si sta benissimo. Mi è venuto in
mente che, in un certo senso, mia sorella ha ragione: per non finire come
al solito, al Natale dovrei proprio cominciare a pensarci anch’io, farmi
venire qualche idea. Piuttosto di sottopormi per l’ennesima volta
a tutto il rituale del pranzo, dal salmone affumicato (che detesto) al
panettone (che mi fa male), per non dire dei brindisi e dello scambio de
regali, con le relative lamentele e proteste da parte dei gemelli, ai quali
non ne va mai bene una e che vorrebbero sempre qualcosa d’altro, e gli
sguardi di disprezzo di mia nipote, con mia sorella che le dice di ringraziare
lo zio in un tono che significa chiaramente figlia mia che cosa vuoi farci
da uno come lui non ti puoi aspettare niente di meglio, questa volta mi
sparo.
5 novembre
Un’ideuzza, in effetti, mi è venuta. Stasera, quando sono rientrato,
per poco non mi sono scontrato, sul portone, con la bionda del piano di
sotto, quella che tutti i vicini considerano all’unanimità lo scandalo
del palazzo. A me, devo dire, non dispiace affatto: è un bel tipino,
molto graziosa, se vi piacciono i tipi vistosi (e a me piacciono) e rappresenta,
in definitiva, una delle attrattive di una casa che di qualche attrattiva
ha sempre avuto un gran bisogno. Anche se vive da sola, ogni tanto
mette su un po’ di musica a tutto volume e riceve qualche visita a ore
un po’ strane, in fondo sono fatti suoi e non rompe le scatole a nessuno.
Eppure, come dicevo, non è esattamente gradita a tutti: alla riunione
di condominio del giugno scorso (ho dovuto andarci per forza, perché qualche
incosciente voleva proporre di rifare la facciata interna e c’era rischio
che i sì fossero in maggioranza), la maggior parte dei presenti non ha
fatto altro che esprimere dubbi più o meno larvati sulla sua moralità personale
e sociale e a lamentare la perdita di prestigio che la sua presenza comporta
per lo stabile. Evidentemente, anche se manca poco al duemila, certa
gente a farsi gli affari suoi proprio non ci riesce. Comunque, visto
che era carica come un mulo e da sola quasi non ce la faceva a entrare,
le ho tolto di mano uno dei tre sacchetti del supermarket che si trascinava
dietro e le ho tenuto aperto il portoncino. Lei mi ha ringraziato
e in ascensore abbiamo scambiato quattro parole sul clima. Fa caldo
– ha detto – non sembra neanche di essere in novembre. E mi ha
chiesto se non mi sembrava assurdo che fuori avessero già montato le luminarie
di Natale. Proprio assurdo, ho convenuto, accorgendomi di aver trovato
una sorella spirituale. E in seguito mi è venuto in mente che con
una come lei si potrebbe passare un giorno di festa in modo molto più creativo
e piacevole che non aprendo pacchetti colorati contenenti degli orrendi
regali.
12 novembre
Il problema, naturalmente, è quello di liberarsi della mamma. Una
volta tolta di mezzo lei, sfuggire ai residui impegni di famiglia sarebbe
uno scherzo. In effetti, sono anni che mio cognato ripete che partire
per andare a sciare la mattina del ventisei, con tutta la gente per strada,
è una sciocchezza bella e buona e che mia sorella gli risponde che non
si può lasciare la nonna a passare il Natale da sola senza i nipotini.
Per cui la riunione di famiglia si impone e a questo punto, non si
scappa, è ovvio che devo esserci anch’io. Ma senza nonna loro partirebbero
di volata a mezzogiorno del ventitré e non si farebbero vivi fino all’Epifania
e io sarei libero di starmene bello e tranquillo per conto mio: prospettiva,
lo confesso, che trovo piuttosto allettante. Ma come si fa?
14 novembre
Oggi è domenica, ma i negozi del corso erano tutti aperti. È proprio
cominciata la sarabanda delle spese natalizie. C’erano le luminarie
accese (altro che Sant’Ambrogio), una quantità di gente in giro, bancarelle
di panini e alimentari vari e, nel complesso, una confusione bestiale.
Mi sono infilato in un bar per bermi uno spumantino in santa pace
e, indovina, ci ho incontrato la bionda, che si stava facendo un caffè
fuori orario. Mi ha salutato tutta allegra e mi ha chiesto se ero
fuori anch’io per acquisti. No, le ho risposto: non sapevo neanche
che i negozi fossero aperti e comunque mi sembrava assurdo pensare ai regali
di Natale il quattordici novembre. Ha risposto che era d’accordo,
che non era mai riuscita a capire tutta questa confusione natalizia, che
ogni anno comincia un po’ prima e chissà dove andremo a finire. Lei
il Natale si riposa e basta: non vede nessuno e passa la giornata in casa
a leggere un buon libro. Ho dovuto ammettere, in risposta al classico
“e lei?”, che io, invece, no: mi piacerebbe moltissimo starmene in pace
da solo, le ho spiegato, ma devo andare a casa di mia madre, con mia sorella,
un cognato che non sono mai riuscito a sopportare, una nipote adolescente
del genere scemetto e due nipotini gemelli capaci, nonostante la giovane
età, di scatenare immani casini. Ah, la famiglia, ha commentato lei,
con un tono di allegra commiserazione che non mi è piaciuto per niente.
Ma visto che eravamo gli unici presenti a non essere ingombri da
pacchi e pacchetti in confezione regalo ci siamo scambiati lo stesso un
sorriso di complicità. È proprio una ragazza simpatica e alla prima
riunione di condominio se qualcuno si azzarderà a dire qualcosa contro
di lei l’avrà a che fare con me.
18 novembre
Come tutti i giovedì, sono andato a trovare mia madre e, tanto per provare,
le ho chiesto che progetti aveva per le feste. Mi ha risposto come da copione:
che progetti volevo che avesse, povera donna? Anche quest’anno sua
sorella, che non vede da chissà quando, vorrebbe che l’andasse a trovare
a Napoli, ma lei non se la sente di andare così lontano e comunque non
può permettersi il viaggio. Le ho detto che questa è una sciocchezza,
che a Napoli in aereo ci si arriva in un’ora e mezza e che il viaggio
possiamo benissimo pagarglielo noi e lei ha risposto subito che se proprio
vogliamo che se ne vada lei sene va, ma non ce n’è bisogno perché tanto
lei non vuole pesare a nessuno e di non preoccuparci, che siamo liberi
di fare tutto quello che vogliamo. Ma no, le ho detto, che cosa hai
capito e sono riuscito a cambiare argomento. Ma a questa idea della
zia non avevo pensato: forse ci si potrebbe lavorare un po’ su.
24 novembre
Con la scusa di informarmi su cosa vogliono per Natale la ragazza e i gemelli,
ho telefonato ad Anna e le ho chiesto se ha notizie della zia Chiara. Ho
aggiunto, in tono casuale, che se potessimo convincere la mamma ad accettare
il suo invito, per una volta, sarebbe una gran bella cosa, perché lei potrebbe
riposarsi davvero e loro potrebbero partire per la montagna qualche giorno
prima. Era evidentemente un suggerimento, perché l’unica che può
convincere nostra madre a fare qualcosa, da sempre, è lei. Infatti
ha subito mangiato la foglia. Prima mi ha chiesto se avevo qualche
progetto particolare. Ma no, che c’entra, ho risposto: era solo
un’idea che mi era venuta. Allora ha messo subito le mani avanti,
dicendo che sì, in effetti, sarebbe una bella cosa, che a Giancarlo due
o tre giorni di vacanza in più farebbero un gran bene, ma che loro contribuire
al biglietto dell’aereo proprio non possono, perché quest’anno, con tutte
le spese dei ragazzi, sono stirati fino all’osso. D’accordo, ho
ribattuto: al biglietto ci avrei pensato comunque io. Lei allora
ha detto che proverà a parlarne con la mamma. Dopodiché mi ha comunicato
che quest’anno dovremo proprio deciderci a comperarle il televisore nuovo,
quello ultrapiatto, nel nuovo formato, con le casse stereo e la presa per
la cuffia, che Serena quest’anno avrebbe proprio bisogno di un paio di
sci nuovi e che a Davide e Goffredo, i gemelli, che sono ancora in un’età
in cui gli può fare un regalo in comune, purché sia di un certo peso economico
e tecnologico, farebbe tanto piacere la playstation. Quanto costi
una playstation non lo so, ma del prezzo corrente degli sci ho una certa
idea ed è molto, molto di più di quello che avevo preventivato. Evidentemente
se voglio assicurarmi la collaborazione di mia sorella devo pagare in contanti.
25 novembre
E devo pagare caro, carissimo. Oggi, quando ho chiesto a mia madre
che cosa avrei potuto regalare ad Anna, mi ha detto che proprio questa
mattina lei si era lamentata perché il suo vecchio maglione di cachemire
è talmente malconcio che praticamente non lo si può più portare. E
siccome lei ha già programmato un altro regalo (un servizio di bicchieri,
mi pare) e quella lo sa benissimo, è evidente che il messaggio è destinato
a me. Infatti la mamma si è offerta di cercarmelo lei, che sa quello
che piace ad Anna, il che significa che ha ricevuto una dritta piuttosto
precisa. Io non oso pensare quanto possa costare un maglione di cachemire
del tipo che piace a mia sorella, ma ho acconsentito subito. Cercherò
di rifarmi economizzando sul regalo per suo marito: anche se è ovvio che,
a questo punto, non posso più riciclare, come avevo pensato, quell’orrenda
camicia scozzese in misto lana sintetico che mi hanno regalato l’anno
scorso e non ho ancora tolto dalla confezione, cercherò di mantenermi comunque
un po’ sul basso. Sempre se ci riesco, naturalmente.
26 novembre
Non ci riesco. Anche per il cognato mi sono arrivate, attraverso
i soliti canali, delle istruzioni rigorose. Il caro Giancarlo ha
assolutamente bisogno di una giacca a vento nuova, di quelle in goretex
foderate in pile, o viceversa, non ho capito bene. Secondo me questo
significa infierire, ma oramai mi sono compromesso e visto che siamo in
ballo, balliamo. Ho detto OK anche per la giacca a vento e ho rilasciato
regolare delega verbale per il suo acquisto..
27 novembre
Ho incrociato la bionda, giù nell’atrio. Non mi ha detto niente,
salvo buonasera, ma mi ha sorriso in un certo modo.
30 novembre
Manca una settimana a Sant’Ambrogio, ma le luminarie sono già accese fin
dalla mattina in tutti i quartieri. Domenica il centro era affollato
come in un giorno feriale e il traffico era bloccato praticamente dovunque.
Sui giornali c’è scritto che i negozianti si lamentano perché tutti
entrano, guardano e si informano ma comperare non compera nessuno, ma questo
lo scrivono tutti gli anni. Avevo una mezza idea di andare a informarmi
per gli sci e la playstation (il maglione di cachemire e la giacca a vento
li ha già comprati mia madre: io non li ho nemmeno visti, per non sciupare
i pacchi) ma mi è mancato il coraggio. Da mia sorella, finora, nessuna
notizia: mi sa tanto che l’unico risultato del mio tentativo sarà quello
di spendere per i regali due volte quello che ho speso l’anno scorso,
senza parlare del biglietto aereo. Avrei dovuto saperlo che contro
il Natale non si combatte.
2 dicembre
Invece no: la ragazza ce l’ha fatta. Oggi la mamma mi ha detto,
tutta esitante, che le dispiace tanto lasciarci soli a Natale (è tipico
del suo punto di vista pensare che saremo noi a essere soli senza di lei),
ma che la zia ha tanto bisogno della sua presenza e lei ha deciso di accettarne
l’invito. Partirà il 20 e non tornerà che a metà gennaio. Oltretutto,
lo zio sta molto male, poveretto, ed è necessario assisterlo giorno e notte.
Mio zio, per quel che mi risulta, sostiene di aver bisogno di assistenza
continua almeno dal ’66, ma, in realtà, sta benissimo e ho sempre pensato
che sarà lui a seppellirci tutti. Comunque, ho fatto mentalmente
tanto di cappello al genio persuasivo di mia sorella: presentare la trasferta
presso la zia come un dovere penoso da compiere invece che come un meritato
piacere da concedersi una volta tanto (che era il modo in cui, da perfetto
ingenuo, l’avrei impostata io) è stata indubbiamente una mossa vincente.
Alla mamma ho risposto che sì, d’accordo, capivo e che faceva bene, le
ho raccomandato di non stancarsi troppo e di pensare anche a se stessa
e l’ho accompagnata di corsa all’agenzia viaggi a fare il biglietto.
In termini monetari, è stata un’altra bella sberla: non sapevo che
andare a Napoli costasse quasi come un biglietto per New York. L’ho
detto a Giancarlo, che mi ha telefonato per avvertirmi che anche nel week
end di Sant’Ambrogio al mare ci vanno loro, nella vaga speranza di impietosirlo
e spingerlo a cacciare un qualche contributo, ma lui si è limitato a rispondere
che la distanza, ormai, conta poco e che la maggior parte del carburante
lo si consuma nell’atterraggio e nel decollo.
5 dicembre
Negozi aperti, luminarie al massimo, ma la città è mezza vuota. Con
la storia che il 6 è lunedì e fa ponte con il 7 e l’8 se ne sono andati
quasi tutti. Mi sono deciso ad andare a vedere gli sci e ho avuto
un mezzo colpo. Per qualche motivo, mi hanno spiegato, su questi
nuovi sci che si usano adesso non si possono trasferire gli attacchi dei
vecchi, per cui mi è balenato l’orrendo sospetto che il regalo per la
nipote non si limiti agli sci in sé, ma preveda, appunto, gli attacchi.
Ho sondato mia madre per avere lumi e lei mi ha confermato che sì,
naturalmente Serena si aspetta sci e attacchi al completo. Le racchette,
a quanto sembra, ce le ha e gli scarponi, per fortuna, ce li mette la nonna.
11 dicembre
Hanno aperto da poco, qui in zona, un negozio di elettronica enorme. Ci
ho fatto un salto, sfidando la folla del sabato, e ho sistemato anche la
questione della playstation. Mentre mi aggiravo, un po’ barcollante
per l’entità dell’esborso, nel reparto piccoli elettrodomestici mi sono
imbattuto nella bionda. “Anche lei qui per regali?” le ho chiesto.
No, mi ha spiegato, lei regali non ne fa mai e d’altronde non saprebbe
neanche a chi farne: cercava soltanto un asciugacapelli. Poi mi ha
chiesto se avevo già fatto tutti i preparativi per il mio Natale in famiglia.
No, le ho risposto con orgoglio: quest’anno non se ne fa niente.
Mia madre va a Napoli dalla zia e la sorella, il cognato e i nipoti
si trasferiscono in massa in montagna. Me ne resterò anch’io a casa
a leggere un buon libro e per la cena avevo pensato a qualcosa di meno
natalizio possibile, per esempio il ristorante cinese all’angolo (mi sono
informato: loro a Natale non chiudono). Bella idea, ha detto lei:
perché non ci andiamo insieme? Magari prima avrei potuto fare un
salto a casa sua a bere qualcosa. Niente di natalizio, naturalmente:
si impegnava persino a non farmi gli auguri. Ho risposto che mi
sembrava un’ottima idea.
16 dicembre
Ho passato questi giorni ad accompagnare mia madre a fare i suoi acquisti:
gli scarponi per Serena, qualche gioco per la playstation dei gemelli,
un paio di pantaloni di velluto per Giancarlo, una borsetta per Anna. Tutte
cose normali e di prezzo accettabile, beata lei. A me ha consegnato
un pacco da aprire la mattina di Natale: a giudicare dalla forma e dalla
consistenza deve contenere la classica camicia scozzese. Da Anna
e Giancarlo, che, pur ricevendo un regalo a testa, si sentono autorizzati
dalla condizione matrimoniale a farne sempre uno in due, dovrebbe arrivarmi
un paio di scarpe da ginnastica, se ho ben interpretato la telefonata dell’altro
ieri, con cui la mamma si informava della misura e dei modelli che prediligo.
Da Serena o un libro o un disco e speriamo in bene. Dai gemelli
niente.
18 dicembre
Sono arrivati i pacchetti di Anna e Giancarlo e di Serena e, stando alla
forma e alla grandezza, dovrebbero contenere gli articoli previsti (quello
di Serena è un CD). Sci e playstation sono stati debitamente consegnati
e ne ho ricevuto i debiti (sobri) ringraziamenti. Maglione e giacca
a vento saranno portati in montagna ancora impacchettati, per essere ivi
visionati dai destinatari, che ringrazieranno telefonicamente. Il
televisore ultrapiatto è stato consegnato e apprezzato.
Ho incontrato di nuovo la bionda in ascensore.
Abbiamo scherzato un po’ e lei ha confermato l’appuntamento.
20 dicembre
Ho accompagnato la mamma all’aeroporto. Piangeva a fontana e non
ha fatto che ripetere che non avrebbe dovuto accettare l’invito della
zia e che un Natale senza di noi non le pareva neanche un Natale. Ho
dovuto confortarla, ma non senza assicurarle che la sua assenza dispiaceva
anche a me. Il bello è che sono sicuro che questi Natali familiari
con figli, genero e nipoti – in definitiva – rompevano non poco le scatole
anche a lei e che di rivedere Napoli e la sorella aveva una gran voglia,
tanto è vero che appena qualcuno le ha offerto una scusa decente si è affrettata
ad approfittarne. Ma questo non gliel’ho potuto dire, naturalmente.
23 dicembre
Le scuole hanno chiuso a fine mattinata e nel primo pomeriggio sorella,
cognato e nipoti si sono stipati nella fuoristrada, con tanto di sci, scarponi,
bagagli e pacchi dono vari (ma senza la playstation, il che ha fatto sì
che Davide e Goffredo fossero un po’ lamentosi) e sono partiti per la
montagna. Io ero passato a salutarli e per un ultimo scambio di
auguri e li ho visto partire con un senso di sollievo incredibile.
Non che mi siano proprio antipatici, poveretti: in fondo sono i miei unici
parenti. Sono quasi sicuro che, con gli anni, Serena smetterà quei
modi insopportabili e i due gemelli cresceranno fino a diventare giovinetti
assennati. In fondo non è colpa loro se gli è capitato il padre che
si ritrovano. Ma il rituale natalizio è talmente meccanico e oppressivo
che rovina quegli stessi rapporti che dovrebbe rinsaldare. Credo
che un anno di libertà non potrà che far bene a tutti.
24 dicembre
Ho passato una vigilia d’incanto: passeggiata in centro, con la piacevole
sensazione di non avere regali da comperare all’ultimo momento, un paio
di acquisti personali (libri e alcolici, essenzialmente), aperitivo al
bar con un paio di amici che dovevano cominciare già in serata la corvée
delle cene e non hanno nascosto la loro invidia per il mio programma solitario,
cena in pizzeria, un po’ di televisione e a letto presto. Ho anche
aperto i pacchetti: la camicia della mamma è mettibile, le scarpe di Anna
e Giancarlo sono un po’ vistose, ma ogni tanto si possono anche portare.
Il CD di Serena si è rivelato essere l’album di un gruppo che non
ho mai sentito nominare. Poteva andar peggio.
25 dicembre
Ho dormito fino a tardi, ho fatto il bagno, mi sono concesso una colazione
sontuosa, ho telefonato a Napoli (la mamma sembrava di ottimo umore, la
zia era abbastanza allegra e lo zio si è lamentato meno del solito del
suo stato di salute) e ho ricevuto la prevista telefonata di ringraziamento
per il maglione e la giacca a vento. Ho parlato solo con Anna, perché
Giancarlo, Serena e i gemelli erano già andati a sciare. Poi mi sono
messo a leggere. Era una sensazione strana, quella di starmene in
casa così da solo in un giorno di festa, in una città così silenziosa,
senza nessun impegno, nessuno a cui rivolgermi, salvo la bionda, per la
quale era ancora un po’ presto (avevamo parlato, genericamente, di vederci
“verso sera”). Ma era precisamente quello che avevo voluto. Alla
televisione davano il discorso del papa, cartoni animati vari e un vecchio
film con un prete che a sprezzo dell’indifferenza altrui riesce a realizzare
qualche obiettivo lodevole e utile alla comunità; alla radio trasmettevano
carole o dialogavano telefonicamente con le ascoltatrici sul menù natalizio
che stavano preparando. Ho provato ad ascoltare il CD di mia nipote,
ma devo dire che non ci ho capito un gran che. Che razza di musica
ascoltano questi ragazzi.
Verso l’una ho deciso di uscire a fare due passi. Non c’era nessuno
in giro: evidentemente erano già tutti riuniti a scambiarsi auguri e regali
e ad aspettare l’ora di mettersi a tavola. Le poche persone in vista
camminavano in fretta, con l’aria di dirigersi in qualche posto preciso,
o scaricavano dalle macchine montagne di pacchi e si affrettavano a suonare
il citofono di qualche casa. Invitati in ritardo. Di automobili
ne passavano pochissime. Mi sono sentito un po’ solo. Ho deciso
di fare una lunga camminata, fino al parco. In tutto il percorso
non avrò incontrato più di quattro persone, compresi un barbone e un marocchino
che mi ha fatto gli auguri. Glieli ho ricambiati.
Sono rientrato che imbruniva, anche se era ancora presto per andare dalla
bionda. Ho bevuto qualcosa e ho cercato di leggere ancora per una
mezz’oretta. Ma ero inquieto e vagamente depresso. Mi è venuto
in mente che se fossi morto nessuno se ne sarebbe accorto fin dopo l’Epifania.
Era un pensiero morboso e l’ho scacciato subito. Ho
deciso che ero nervoso per via del mio appuntamento. Comunque sono
riuscito a far passare il tempo fino alle sei e mezzo. Poi mi sono
cambiato, mi sono infilato un paio di jeans e una camicia scozzese (non
quella della mamma, una vecchia), sono sceso al piano di sotto e ho suonato
alla porta della bionda. Lei mi è venuta ad aprire e mi ha salutato
con un sorriso. Aveva un bicchiere in mano. L’ho guardata
e ho visto una ragazzetta vistosa, con i capelli tinti e un’espressione
falsa sul volto. Mi sono detto che era per stare con lei che avevo
passato il Natale solo come un cane, lontano dalla mia mamma, da mia sorella
e dai miei nipoti. Le sono saltato addosso e l’ho presa per il collo.
Per fortuna che in quel momento stavano scendendo le scale il figlio e
il genero del commendator Lanfranconi, che portavano il cane a fare un
giretto. Sono intervenuti con prontezza e me l’hanno tolta dalle
mani, impedendomi di strozzarla per davvero, che sarebbe stato davvero
un bel guaio per tutti. Però non c'era davvero bisogno di chiamare
la polizia. D’accordo che volevo passare il Natale da solo, ma adesso,
con la storia dei giudici e degli avvocati che sono via per le feste, mi
sa che in cella di isolamento ci resterò fin dopo Capodanno.
Volata lunga, in Delitti sotto l'albero, Todaro, Lugano, 1999