Vocazioni precoci

La caccia | Trasmessa il: 04/17/2011


    Capita, ogni tanto, leggendo i giornali, di imbattersi in notizie sulle quali si vorrebbe saperne immediatamente qualcosa di più. Il contesto, magari, è il meno promettente che si possa immaginare, ma ne emergono dei particolari, delle notazioni, magari buttate giù dall'articolista solo per fare un po' di colore, ma che suscitano in chi legge una curiosità lancinante. A me è capitato, per esempio, scorrendo, giovedì scorso su “Repubblica la recensione (dico “recensione”, ma si tratta propriamente di quella che i giornalisti definiscono con qualche disinvoltura “una marchetta”) relativa al libro-intervista che “lo storico Miguel Gotor e il giornalista Claudio Sardo hanno dedicato, per i tipi dell'editore Laterza, alla figura di Pier Luigi Bersani. L'opera si intitola Per una buona ragione, ma devo ammettere che per me sarebbe difficile trovare così sui due piedi una buona ragione per leggerla: volumi del genere hanno, di solito, una impostazione biografica – si tratta, in effetti, di autobiografie per delega – e non riesco davvero a immaginare quali motivi d'interesse potrei trovare nell'autobiografia di colui che tra tutti i politici italiani incarna al meglio il modello del dignitoso burocrate di carriera, una figura – cioè – rispettabile e degna di ogni possibile stima, ma non esattamente affascinante. Pure non bisogna mai disperare e anche in un percorso del genere è possibile trovare di che stupirsi.
    Riferisce, per esempio, il recensore, che la vocazione dell'attuale segretario del PD è stata particolarmente precoce. “Da chierichetto” organizzava “la protesta dei compagni per ottenere la distribuzione diretta delle mance”. E già il particolare potrebbe essere interessante per chi avesse vaghezza di chiedersi cosa ci facesse tra i chierichetti il futuro presidente di una regione rossa, ma tenendo presente che Bersani, in realtà, è piacentino di Bettola, viene – cioè – da una plaga dell'Emilia in cui il rosso si tinge abbondantemente di bianco, ci si può anche passare sopra. Più interessanti, forse, i particolari sull'attività del buon Pier Luigi al liceo. “A scuola” si legge “vuole impedire gli interventi dei professori nelle assemblee. E un giorno incrocia le braccia da solo contestando l'insegnante di latino e greco. Non proprio l'esordio più promettente” scrive il giornalista “per il profilo riformista che il segretario del PD si è costruito negli anni successivi. Peccati di gioventù.”
    Mah. Devo confessare che dei gran peccati di estremismo in quei gesti non ce li vedo. Bersani è nato nel 1951 e gli è capitato, dunque, di frequentare il liceo attorno al mitico '68. E tra tutte le istanze che gli studenti agitavano allora, quella di tenere alla larga gli insegnanti dalle assemblee non mi sembra proprio la più radicale. Al limiti, vi ci si potrebbe vedere persino un peccato di corporativismo, l'atteggiamento di chi non si rende conto delle necessità unitarie del conflitto di classe nella scuola. DI fatto, la figura di un professore ribelle schierata al fianco dei giovani contestatori era, allora, particolarmente ricercata: io, che all'epoca insegnavo ai coetanei di Bersani, ricordo che i vari leader studenteschi cercavano soprattutto di coinvolgermi e che dovevo fare dei discreti equilibrismi per manifestare la mia solidarietà con la causa senza rischiare troppo scopertamente il posto di lavoro. Ma ogni situazione di lotta, naturalmente, è diversa dalle altre e può darsi che a Piacenza e dintorni i docenti infestassero le assemblee con le peggiori intenzioni e ben facesse il giovane Pier Luigi a non volerli tra i piedi.
    Ma perché, in nome egli dei dell'Olimpo, perché contestare il docente di latino e di greco incrociando le braccia da solo? Motivi, s'intende, potevano essercene a iosa, visto che nella categoria cui allora appartenevo allignavano (e forse allignano ancora) fior di bastardi. Ma perché reagire da solo? Le risposte possibili, in realtà, sono soltanto due: o perché gli altri non ci stavano (il che significa che che come organizzatore di proteste già allora Bersani non era un granché) o perché il loro sostegno non gli interessava, il che mette il giovane Pier Luigi nell'ambigua categoria dei ribelli individualisti, refrattari al lavoro di massa e pericolosamente propensi all'opportunismo narcisista. Qualsiasi guardia rossa gliene avrebbe dette quattro senza esitare.
    Ammetterete comunque che, organizzatore fallito, ribelle velleitario, agitatore corporativo o chierichetto infiltrato che fosse, quel bravo giovane non faceva sperare un granché per il futuro. Che abbia raggiunto le vette attuali è una chiara dimostrazione che nella sinistra italiana c'è posto per tutti. In effetti, la sua biografia (che, per essere proprio sincero, non credo che leggerò) è occupata in gran parte alle riflessioni del segretario “su un nuovo umanesimo, sul rapporto tra sé e la religione, tra il PD e la chiesa”, tanto da meritargli, nel titolo della recensione, l'epiteto di “liceale ribelle che ora ammira Ratzinger”.
    Non è, francamente, il modello di leader che per la mia parte politica avrei auspicato, ma pazienza. Mi resta solo, come vi dicevo all'inizio, una curiosità. Chissà cosa gli avrà fatto, per indirizzarlo su questa via, quel professore di latino e di greco.
17.04.'11