Vocazioni

La caccia | Trasmessa il: 02/12/2012


    Vocazioni

    Sarete tutti al par mio lusingati e commossi – suppongo – per il successo patriottico rappresentato dal viaggio americano del presidente Monti. Oh dio, forse avreste preferito anche voi un po' più di sobrietà nei commenti della nostra stampa, che per lo più ha trattato l'evento con un tono trionfalistico che mal si addiceva a un fatto, tutto sommato, abbastanza normale, perché dal 1948 a oggi tutti i capi di governo italiani, o quasi, hanno avuto tra le loro priorità quella di ottenere, prestando il dovuto omaggio, l'investitura della Casa Bianca ed è ben raro che a qualcuno di loro non sia stata concessa (toccò a Prodi al secondo mandato, ma c'era di mezzo, ricorderete, il rapporto speciale tra George W. e Berlusconi), ma i tempi, ahimè, sono così avari di soddisfazioni che si può capire la tentazione, se appena si può, di battere un po' la grancassa. Così, il fatto che il senatore a vita sia stato trattenuto a colloquio da Obama per ben quaranta minuti (che non sono poi, a pensarci, moltissimi) e sia stato gratificato di un certo numero di frasi cortesi, ancorché generiche e non impegnative, ha potuto essere interpretato come una manifestazione di straordinaria benevolenza e l'ormai celebre copertina dell'edizione europea del “Time”, in cui, in calce a un orribile ritratto fotografico del professore, ci si chiedeva se non fosse per caso quell'uomo colui che avrebbe salvato l'Europa, rischia di diventare un'icona del nostro orgoglio nazionale. Capirete: anche Berlusconi ha avuto l'onore di una copertina di quella rivista, nel novembre 2011, ma la didascalia, nel suo caso, ne parlava come del responsabile dell'economia più pericolosa del mondo e il nuovo modo di considerare il capo del governo italiano, spostandolo dal ruolo di pericolo pubblico a quello di uomo della provvidenza, suona lusinghiero per tutti noi. È anche vero che il “Time” non c'entra niente con Obama e che lo stesso Obama può essere stato influenzato non poco dalla necessità di tener conto, in un anno di presidenziali, della sensibilità degli elettori italo-americani, ma questi sono particolari che lasciamo volentieri ai pedanti. Congratulazioni dunque al professor Monti che continua, all'estero come in patria, nella sua gloriosa avanzata e speriamo che il fatto che proprio all'indomani della sua prestazione alla Casa Bianca lo spread abbia ricominciato a salire sia solo una coincidenza momentanea.
    Un solo consiglio ci permettiamo di dare al capo del governo. Eviti, all'estero come in patria, di dire che spera di cambiare certe abitudini dei suoi concittadini – certe nostre abitudini – affinché dal cambiamento siano consolidate le sue riforme. Non suona bene. Non suona bene, innanzi tutto, perché è da noi cittadini, come siamo adesso, con le nostre abitudini attuali, che gli viene – al di là delle minutiae giuridiche, il mandato a governare. E poi perché non è compito dei governanti cambiare abitudini, costumi o modo di pensare dei loro governati. Non sono loro che definiscono i valori cui si impronta la comunità nazionale: rivestono un ruolo esecutivo e non sono qualificati a fare da maestri a nessuno (minister ha in sé l'etimo di minus, “meno”, proprio in contrapposizione a magister, in cui c'è magis, “più”). Il massimo che possono fare, ed è già abbastanza, è eliminare gli ostacoli che impediscono di fare certe scelte, ma a decidere quali scelte vanno fatte non sono certamente loro.
    Vedete, in passato siamo già stati variamente afflitti da governi o uomini desiderosi di cambiare le abitudini degli italiani. Nel secolo scorso c'è stato chi ha investito molte risorse nel tentativo di trasformarci, da popolo pacifico e amante del quieto vivere, in rudi guerrieri , secondo il modello – si diceva – dei padri romani. È stato, notoriamente, un disastro. Altri si sono preoccupati della nostra morale, badando che non venisse messa a prova da troppe tentazioni, e anche in questo campo l'esito non è stato entusiasmante. Quella di “fare gli italiani”, in realtà, è stata una pretesa portata avanti, da quando è stata fatta l'Italia, da troppe persone. Il fatto è che chi sta al governo dispone, per modificare il carattere dei cittadini, solo di metodi coercitivi e precettivi, e di una modifica imposta con la forza, sia pure con le migliori intenzioni, non sentiamo proprio il bisogno.
    Certo, questo è un governo di tecnici e, più ancora che di tecnici, di professori. Naturale che in esso si manifesti una certa qual vocazione pedagogica e che essa riguardi, più che gli altri, chi del governo si trova a capo. Ma è una tentazione che va repressa: non è a tal fine che sono stati messi lì dove sono. Alle nostre abitudini e al nostro stile di vita ci pensiamo da noi. Grazie.
12.02.'12