Vish Puri e il caso dell'uomo che morì ridendo | Tarquin Hall

Gialloliva | Trasmessa il: 10/08/2010


    Ci è già capitato di osservare che, dal punto di vista del giallo, l'India – che pure del genere è grande consumatrice e, da qualche tempo, produttrice generosa – non si è ancora liberata dal colonialismo. È un po' come per la diffusione del cricket e la guida a sinistra: tanto gli autori locali, almeno a giudicare da quelli che pubblicano in inglese, tanto quelli, e sono parecchi, che, pur di altra origine, ambientano le loro storie nelle metropoli di quel grande paese, si attengono rigorosamente ai canoni del mystery britannico classico, con i suoi investigatori eccentrici, i suoi indiziati con o senza alibi, i suoi colpevoli imprevedibili e tutto il resto. Eccezioni come quelle di Vikas Swarup, del cui straordinario I sei sospetti abbiamo parlato l'anno scorso, e, tra gli allogeni, di Paul Mann, abbastanza noto anche da noi per i tre romanzi pubblicati dalla Polillo negli anni '90, sono, appunto, eccezioni. Niente di male, visto che il mystery classico mantiene una dignità che sarò io certo a mettere in discussione, ma il lettore a volte si può sentire sfiorato dal dubbio che una società complicata e lanciata verso il futuro come quella dell'India di oggi meriterebbe, quanto a impegno giallistico, qualcosina di più. Tanto più che gli scrittori non indiani (inglesi, la più parte) cedono abbastanza facilmente alla tentazione del pittoresco, del bozzetto esotico, che, lo ammetterete, può rappresentare una forma di intrattenimento piuttosto stucchevole.
    Non è questo il caso, per fortuna, di Tarquin Hall, che è inglese, anche se vive, come assicura il risvolto, tra Londra e New Dehli, e ha creato il personaggio dell'investigatore privato Vish Puri (“il Poirot indiano”, lo hanno subito definito gli strilli degli editori, anche se con Poirot il poveraccio non ha proprio niente a che fare), di cui questo Caso dell'uomo che morì ridendo rappresenta, se non vado errato, la seconda avventura. Certo, anche lui pesca a piene mani nell'etnopittoresco, largheggiando nella descrizione di usi, costumi e alimenti, e quanto all'esotismo basti dire che per trafiggere la vittima con una spada che andrà in fumo si materializza, sotto gli occhi di tutti, compresi quelli di una videocamera, la dea Kali in persona (quella che io, quando leggevo I misteri della giungla nera, chiamavo Kalì). Ma la situazione verrà, sia pure un po' faticosamente, ricondotta a un ambito razionale e mi dicono che il tema base della storia, quello del proliferare nel paese di una sorta di misticismo massmediatico di largo e facile consumo cui invano sembrano opporsi tanto gli spiriti razionalisti quanto quelli sinceramente religiosi, è, per l'India contemporanea, un problema reale. E poi l'autore conosce bene il paese e lo sa descrivere con vivacità e affettuoso umorismo, per non dire che la simpatia del suo Vish Puri riesce a imporsi anche a chi non va pazzo per il modello dell'investigatore eccentrico con collaboratori sgangherati. Insomma, un libro da leggere con cautela, forse, ma comunque da leggere.

    08.10.'10
    Tarquin Hall, Vish Puri e il caso dell'uomo che morì ridendo (The Case of the Man Who Died Laughing), tr. it. di Anna Luisa Zazo, "Omnibus" – Mondadori, pp. 273, € 19,00