Versi per il capodanno del 2000

Poesia | Versi per il capodanno del 2000, per circolazione privata, 1999


similitudine introduttiva


ero goffo
non lo nego
come un boia
al primo impiego

ballata in ricordo dei primi anni sessanta


un cavallo scalpitante
è caduto nel fosso
seguendo il desiderio di andare lontano.
il fosso era pieno di fredda
gelida acqua per cui
il cavallo cadendovi si
bagnò tutto e contrasse
ingente un’infreddatura

ma quando andò dal farmacista
questi gli disse “cavallo
non ti provare mai più
a cadere nel fosso” – la dotta
intransigenza che soffoca
la libertà d’esperienza –

un bigotto quel dì se ne andava
a spasso sottobraccio con un vescovo,
ma quando vide il cavallo “signore –
gridò – rendimi libero” e tosto
precipitò nell’inferno

ivi arrostiva a salsiccia
su una verde pietra infuocata,
sparso il capo di cenere
guardava un volo di rondini
e sospirava – la po-
esia che addolcisce le cose
tristi –
e vedeva che il fiume
del tempo precipitava
per perdersi in un arzigogolo
di fognature scarlatte

onde per la prima volta
nella sua vita eterna
si abbandonava al piacere
dell’interiezione blasfema

aube


no tu cerchi il ritmo ma il ritmo è difficile quando
all’alba (ma l’alba è possibile l’alba?) vanno vagando
lungo le vie cittadine in folla garrula e gaia
quelli che hanno protratto la notte tra i lini e le piume
(le piume le piume le piume le morbide piume)
e sono stati estromessi frotta garrula e gaia
prima dell’insediamento della portinaia

sommersi dal lato paesistico tra le macchinotte appannate
di caffè espresso abbellite da lunghi sbuffi a vapore
le mani in tasca al cappotto e la sigaretta
a ciondoloni la guancia bella rubizza o il sudore
della calura promessa con le bottiglie gelate
di minerale nel chiosco aperto vicino al mercato
ortofrutticolo amato il ricordo assopito
della notte trascorsa fastidio appena celato
(sessualità certamente ma forse contraddizione
irrisolta) il bisogno la morte – sì la mortale
angoscia del fatto compiuto che assale la frotta
garrula e gaia di quanti hanno fatto l’amore
e sono stati estromessi folla garrula e gaia
prima dell’insediamento della portinaia

tornare a casa nemmeno per sogno la pena
muore veloce il caffè sa di nocciole tostate
non serve colmarlo di zucchero resta il sapore di zinco
del banco annoiato o del cellophane da briosce
rappoccite (altrove fiori d’ibisco dischiudono al sole
lussureggianti corolle agile solca le onde
il caicco e su l’alpe arrisa dai prati
smeraldini le gocce d’iridescente rugiada
risplendono – oh no iridescente ma cosa mi dici!)
la sensazione che tutto sia sbagliato – ma quando
abbiamo sbagliato? – aduggia la folla garrula e gaia
di tante brave persone che hanno fatto l’amore
e sono state estromesse frotta garrula e gaia
prima dell’insediamento della portinaia

evidentemente no


flippando flip
dimmi che vuoi
se la volizione
è lungi da noi

dimmi che fai
flittando flit
il giorno del poi
il mese del mai

l’anno del quando
futuro lontano
instabile e vano
flitflip flifliptando

le calende greche
si sono ribellate
si sono stancate
di essere eretiche

ma flittando fli
la confusione
dell’inazione
finisce così
      (distruggere l’arte
      basta la pratica
      ma non era automatica
      la rivoluzione?)

il tempo libero


da giovane un tempo sognavo di andare a cavallo
poi nelle strade nebbiose d’autunno dopo il tramonto
mi si scoprirono le delizie del gioco del biliardo
(per essere completamente sinceri delle boccette)

ma nei bar lungo i bastioni non è facile sempre
risolvere in modo adeguato il problema del bere
il mezzo litro di rosso non mi è mai sembrato
del tutto adeguato all’immagine del mio personaggio
la coppa che inebria e stordisce ha dietro di sé
troppa tradizione è come un oggetto di puro
consumo culturale un pezzo interfungibile usato
senza impegno veruno fruito come un acquarello
ottocentesco appeso sopra il caminetto

col tempo d’altronde anche questa amabile usanza
si è rivelata piuttosto imperseguibile forse
alienandosi ha perso ogni significato
non più lo schioccare goloso della pallina di avorio
che colpisce il boccino azzurro e trascina
via i birillini disposti al centro del tavolo verde
non più il ticchettio del segnapunti scorrevole
assurdo pallottoliere dalle pallottole quadre
non più i ricordi di cui rigonfiarsi siccome frittelle
spolverate di zucchero al velo vendute nei baracconi

ad altre cose volgendosi era giunto il tempo
di avviare pensoso le operazioni mentali
riservandosi il magro diritto di tornare a volte
al tavolo verde o al suo meccanico omologo
dalle lampade luccicanti elettronico lo sfarfallio
in cui la pallina sospinta da energiche esatte flippate
assegna milioni di punti come se fossero rose
con cui un viveur fin de siècle volesse coprire
una belle dame sans merci avida di tartine salmonate

ma tornarci così con il capo ingombro di avidi proponimenti
riprendere la veste smessa tardivamente non senza
un briciolo di degnazione non è forse uno dei modi
di perdere la propria verginità spirituale
che a differenza di quella fisica è bene supremo
cui è d’uopo star molto ma molto attenti?

se il saggio diceva che una volta che si è sputtanati
tanto poi vale vivere sempre in modo adeguato
temo che finirò anch’io con l’andare a cavallo
il riflusso

cavalla giumenta baia pezzata blu
allegra vivace saltava tra gli asfodeli
nonno diceva temo la tenebra ma
più luce chiedevano i saggi nell’agonia
l’azione diretta è solo passata utopia
il libero esame non dà la felicità
ci nega il successo l’avverso volere dei cieli
alato custode divino proteggimi tu

i funghi

I

belli tranquilli i funghi
crescono nelle grotte
fungose nel silenzio belli i funghi
tranquilli nelle grotte avidi i funghi
color crema, marròn, brulè, tanè,
isabella (ma non rossicci a pois
bianchi)
tranquilli nelle grotte
i funghi


II

ove un fungo bisbiglia
timido e schivo
lì le carole non scordiamo di
intrecciare
l’Erfindung si esaurisce
il fungo
genera
funghi
fungosi che
fungosamente nelle
grotte tranquille di silenzio felpate
belli tranquilli i funghi


III

Funghi al funghetto: prendete per tre
persone acconcia quantità di funghi
(un dieci libbre circa, se non manca
l’appetito) e puliteli con cura
senza lavarli, adoperando un panno
morbido leggermente umido. Quindi
tagliateli a tocchetti regolari.
In tegame di coccio si riscaldi
il vergine prodotto del frantoio
ulivigno ed in esso alquanti spicchi
del bulbo solforoso: un ramoscello
di quell’arbusto che della rugiada
e del mare rammentaci nel nome
dia all’intingolo aroma suo sottile.
Funghi. Giù i funghi. Vino. Evaporare.
Olio ancora s’è d’uopo. Indi finire
a fuoco dolce e lento la cottura.

(Dio mio! Mangiare i funghi? Io no, mai. Meglio
la …
Taci, sciagurato, euphémei.)


IV

funghi tranquilli funghi grossi funghi
dolci morbidi vellutati funghi
funghi ambigui felpati di silenzio
felpe fungose: funghi ambrati: funghi
del sottobosco di felci ove alligna
il micelio
miceti
ovvero funghi


(Hai visto i funghi? Dio, soltanto Iddio,
Dio solo, con l’immensa sua bontà
e sapienza può creare un fungo.)

le parentesi


città di nuova stagione (aprirsi) di prospettive
automobile (tecnica) prima seconda ippocastani vai
dolci aleggiano alati semi [cammina
cammina giunsero a una casetta il tetto
era di cioccolato le mura di marzapane]
margheritine [toc toc chi è] in aiole tra i viali
(natura che vince sempre) fanno peraltro pensare
[venne ad aprire una] che anche in città
[vecchina oh che bei bambini disse mi piacciono tanto]
è possibile [proprio tanto i bambini] morire

da Pallada


Una maledizione in cinque versi
apre le porte alla letteratura:
“l’ira” comincia il primo ed il secondo
subito lo rincalza con “funesta”
ed inserisce gli “infiniti lutti”.
Prima del tempo il terzo verso “all’Orco
infinite” travolge “alme d’eroi”;
“lor spoglie” il quarto ai cani (orrido pasto!)
abbandona e ad augelli, mentre il quinto
“l’alto consiglio” adempie di un furente
Giove. Così quintuplice sventura
si abbatte in cinque versi sul lettore.
Chi ben comincia… E come fa un docente
di lettere a non essere infelice?

(A.P. IX, 173)

due imitazioni da Focilide


1

Dice l’Oliva: sono brutta gente
i presidi e non uno sì e uno no,
ma tutti, proprio tutti. Fa eccezione
solamente Porrotto ed anche lui
ha un difetto gravissimo: fa il preside.



2

Vanno evitati – ve lo garantisce
l’Oliva – i radicali in blocco; non
l’uno sì e l’altro no, ma proprio tutti.
Tutti tranne Lorenzo, che peraltro
ha una menda non lieve: è radicale.


(1D)

congedo


quanto al resto
bimba mia
è finita
la poesia

nota


L’autore, che avrà 57 anni nel 2000, in vita sua ha scritto di tutto: di necessità anche poesie. Qualcuna l’ha persino pubblicata: un poemetto Per l’unità della sinistra di classe sul n. 29/30 di “Nuovi Argomenti” (1972); due composizioni gnomiche, Le grappe e Poetica, sul n. 22/30 di “Ombre rosse” (1977) e qualche altra cosa su una rivista d’arte in carta patinata di cui non riesce assolutamente a ricordare titolo ed estremi.
I versi contenuti in questo opuscolo, tuttavia, hanno il dubbio vantaggio di essere inediti.
Buon capodanno a tutti.
Versi per il capodanno del 2000, per circolazione privata, 1999