A prima vista non sembra che il nuovo
caso che tocca agli investigatori della stazione St. Leonard della polizia
del Lothian and Borders (come a dire della contea di Edinburgo) sia particolarmente
complesso. Un ex militare delle squadre speciali è entrato armato
in una scuola cittadina, ha fatto secchi due studenti, ne ha ferito un
terzo e, nessun dubbio in merito, si è immediatamente sparato. Ma,
certo, bisogna capire il perché del tragico gesto e nessuno sembra avere
le idee troppo chiare in proposito, tanto più che su un’imbarcazione di
proprietà del defunto è stata trovata una bella dosa di droga e la polizia
militare sta cercando evidentemente qualcosa che con la sparatoria non
c’entra affatto. L’ispettore Rebus, che per queste cose, lo sappiamo,
ha un fiuto speciale è un po’ ostacolato da certi problemi personali:
si ritrova con le mani ustionate fino ai polsi e i superiori non possono
fare a meno di chiedersi come abbia fatto a conciarsi così, tanto più che
un piccolo delinquente locale, con cui l’ispettore aveva avuto a che dire
perché aveva minacciato la sua protetta, il sergente Siobhan Clark, è stato
trovato bruciato vivo nel suo appartamento. Per di più una delle
vittime è un lontano parente dell’investigatore, il che crea un conflitto
di interessi apparentemente insostenibile. Ma sapete anche voi come
è fatto il protagonista dell’ormai notissima serie di procedural scozzesi
di Ian Rankin: è ostinato, ribelle e del tutto indifferente alle norme
vigenti, per cui sui butta lo stesso, con la in dispensabile collaborazione
di Siobhan, in una delle sue tipiche indagini, una storiaccia sgradevole,
piena di svolte cieche e di complicazioni superflue, in una Edinburgo ritratta
con il più spietato realismo noir, senza cedere nulla al pittoresco o al
bozzetto di provincia, in un giro di piccoli delinquenti, spacciatori,
trafficanti di armi, bande giovanili e quant’altro la globalizzazione
incombente può comportare anche lassù. È un personaggio strano, questo
Rebus: interpreta il classico ruolo dell’investigatore solitario e insubordinato,
così tipico del poliziesco contemporaneo, con una ferocia e una determinazione
che è difficile ritrovare nei suoi molti colleghi e che non lo rendono
neanche particolarmente simpatico agli occhi dei lettori, ma si salva in
extremis proprio per la sua capacità di accollarsi sofferenze e antipatie
in nome della ricerca di una verità che sarà elusiva e sgradevole quanto
si vuole, ma evidentemente è indispensabile al suo difficile equilibrio
mentale. Anche in questo caso, naturalmente, la soluzione giunge
impeccabile e del tutto imprevista, dimostrando come tutti, ma proprio
tutti, cittadini modello, giovani sbandati, autorità civili e militari
abbiano le loro magagne da nascondere… e che ci riuscirebbero benissimo
se non fosse per l’anomalia rappresentata dall’investigatore del giallo.
Che è un dato risaputo, naturalmente, ma nella cupa atmosfera calvinista
che Rankin riesce a creare assume un’intensa sfumatura di verità e di
speranza.
21.02.’06
Ian Rankin, Una questione di sangue (A Question of Blood, 2003), tr. it. di Anna Rusconi, "La gaja scienza" – Longanesi, pp. 450. € 17, 60