Il Kamasutra, checché se ne dica, non è un trattato di erotismo. Composto
verso il quarto secolo a.C. dal dotto bramino Mallanaga Vatsyanana, è piuttosto
un manuale a uso delle famiglie di quella che un tempo, alle scuole medie,
si soleva definire “economia domestica”. Si prefigge lo
scopo di insegnare agli sposi come raggiungere una piena felicità coniugale
e insiste particolarmente, a tal fine, sulla necessità di inserire il kama,
l’attività amorosa propriamente detta, in una specie di triade ideale
(trivarga) in cui devono trovar posto anche il dharma, l’insieme dei doveri
religiosi e morali, e gli artha, gli interessi materiali della vita pratica.
Di consigli, anche particolareggiati, sul come la coppia debba comportarsi
a letto non me mancano certo, ma, data l’impostazione generale, si capisce
bene come quanti hanno affrontato la lettura di quel testo, nell’originale
sanscrito o in una buona tradizione scientifica, finiscano, in ultima istanza,
per trovarlo mortalmente noioso. Tuttavia, quel tanto di pruriginoso
che l’argomento comporta ha fatto sì che nel nostro Occidente, che pure
negli Enfer delle sue biblioteche cela non pochi volumi e volumetti del
genere, dall’Ars Amandi di Orazio ai sonetti di Giorgio Baffo patrizio
veneto, ci sia chi, della immensa eredità letteraria dell’India, sa soltanto
che vi è compreso quel libro. Ed era fatale, ovviamente, che il suo
titolo diventasse un termine di uso comune, per indicare quelle forme di
erotismo più o meno estremo cui la maggior parte dei comuni mortali indulge
soltanto con l’immaginazione.
Era altrettanto fatale, forse, che si definisse
“virus kamasutra” la minaccia informatica di cui abbiamo letto nei giorni
scorsi, quella che si diffonde mediante certe ingannevoli e-mail il cui
allegato promette ai destinatari più ingenui ogni sorta di soddisfazioni
in quel campo. Come sempre, basta aprirlo, e – zac! – il danno
è bello che fatto: il virus si auto-invia a tutti gli indirizzi in memoria
e il giorno 3 di ogni mese fa scempio di dischi fissi. Con il che,
spero che non vi sia sfuggito, un concetto nato in un ambito culturale
lontano dal nostro come quello dell’India proto-classica, viene opportunamente
cristianizzato, perché è nella nostra religione di riferimento, di norma,
che il sesso non si considera né un piacere né un dovere da esercitare
per ottenere la felicità, ma un peccato che si sconta mediante orribili
punizioni. Il buon Mallanaga Vatsyanana sarebbe stato tremendamente
perplesso di fronte a questa interpretazione della sua opera, ma sono questi
contrasti, ben più che le futili controversie sugli oli combustibili e
le vignette blasfeme, a definire gli scontri di civiltà.
Per cadere in trappole di questo genere, osservavamo prima, bisogna essere
dei navigatori informatici piuttosto ingenui. Ma nessun uomo è un’isola
e le conseguenze di quella ingenuità possono riverberarsi nelle sedi più
disparate. Così, spero che abbiate apprezzato quanto me il fatto
che il virus abbia “infettato”, per restare in metafora, il sistema informatico
di un ente serio (anzi, serioso) come il Comune di Milano. È una
prova, questa, del fatto che le istituzioni, anche quelle che più si vantano
della propria efficienza, dipendono pur sempre dall’attività di uomini
fallibili. Fallibilissimi, anzi, visto che una settimana dopo la
crisi Kamasutra si sono fatti infinocchiare da una ulteriore minaccia,
il virus “Spybot”, che non ho ben capito come si annunci, ma ha sui sistemi
informatici degli effetti altrettanto distruttivi. E sarà forse
una forma di ingenuo moralismo antitecnologico, ma la constatazione, non
saprei neanche dirvi perché, mi sembra stranamente confortante.
Non capisco, piuttosto, perché tutti abbiano
dato per scontato, nel riferire dei fatti, che la minaccia in questione,
quale che sia la sua provenienza, sia stata importata da un impiegato
qualsiasi, probabilmente di grado inferiore, che adesso le autorità sono
impegnate a individuare e adeguatamente punire. Non sono solo i travet
ministeriali e municipali a ricevere in ufficio delle e-mail con allegati
sospetti o a navigare in internet per siti pericolosi. Nulla vieta
che a tali attività si dedichino i funzionari, i caposezione, i dirigenti
e, a Dio piacendo, gli stessi assessori. A parte il sindaco, che
è ovviamente esente da ogni sospetto (anche perché in ufficio, ormai, di
tempo non ne passa molto), non c’è anima a Palazzo Marino e nelle sedi
periferiche che possa credibilmente chiamarsi fuori. La carne è debole,
ma la sua debolezza non è inversamente proporzionale alla posizione gerarchica.
E quanto alla stupidità necessaria per arrischiarsi ad aprire un
allegato che promette fucking picks (qualsiasi cosa possano essere) e altre
delizie del genere, be’, è più probabile che si annidi verso l’alto che
verso ilo basso. Almeno a giudicare da come siamo normalmente governati.
12.02.’06