Dunque, sembra proprio che tra i quaranta
e passa simboli che corriamo il rischio di trovare sulla scheda elettorale
delle europee, ci sarà quello dietro cui si nascondono, come dietro a una
foglia di fico, quegli eterni burloni dei radicali. In questa ultima
incarnazione costoro, rinunciando alla Minerva in berretto frigio, alla
rosa nel pugno, alla testa di Gandhi e a quant’altro, hanno deciso di
presentarsi dietro le insegne di una non meglio precisata “lista Bonino”.
E con il nome a caratteri di scatola della grande Emma caratterizzano
il loro nuovo emblema.
Niente
di riprovevole, certo. Siamo in democrazia e in democrazia ciascuno
è libero di scegliersi i leader che crede. Ci sono persino, mi dicono,
delle persone dabbene che ritengono che la Bonino sia “l’uomo giusto”
per la più alta carica dello stato e sostengono che la stessa ha recato
non poco lustro al paese con la sua attività di Commissario dell’Unione
Europea. Non ho, personalmente, motivo di dubitarne: l’Emma in questione
aveva l’incarico di occuparsi dei problemi della pesca e di quelli degli
aiuti umanitari e, anche se in tema di aiuti umanitari ha combinato ben
poco, può darsi benissimo che sulla pesca sia andata fortissimo. Se
è stata tanto brava, se mai, sarebbe il caso di lasciarla dov’è. Ma
tutti desiderano migliorare e se lei vuole guidare una propria lista al
parlamento europeo, ha tutto il diritto di farlo: sarà comunque un progresso
rispetto a quando, anni fa, in quanto nota libertaria, si era fatta eleggere
al parlamento italiano sotto il simbolo di Berlusconi.
C’è
solo un particolare che mi lascia perplesso. Sul simbolo della nuova
lista, a quanto mi è sembrato di vedere sui giornali, figura, sul modello
della vecchia “lista Pannella”, anche una versione mignon dell’emblema
pacifista. Sapete, il cerchio con la Y rovesciata, che forse rappresenta
un uomo morto con le braccia allargate o forse due che fanno all’amore,
ma che, comunque, accompagna fin dai lontani anni ’60 le povere lotte
di chi, allora come oggi, alla guerra, ai suoi strumenti e alla sua logica
non riusciva e non riesce a rassegnarsi.
Ora, è vero che di questo composito
e maldefinito movimento facevano parte, una volta, anche i radicali, ma
è roba di tanto tempo fa. È da un bel po’ che gli amici di Pannella
e della Bonino con il pacifismo hanno chiuso, che invocano bombe e interventi
di terra, che ci assicurano che contro i nuovi Hitler dei Balcani e del
Medio Oriente non c’è altro da fare che mobilitare tutto il peso militare
disponibile. È un’opzione lecita, tanto è vero che la condividono,
a destra e a sinistra, larghi strati di opinione pubblica. Ma è un’opzione
che con quel simbolo non ha proprio niente a che fare. Tutti sono
liberi di illudersi su se stessi e i radicali possono credere di perseguire
la pace attraverso la guerra, figuriamoci: è la bugia più antica del mondo
e non si vede perché non possano credervi anche loro. Ma non possono
far finta di non sapere che il movimento pacifista, quello che usa quel
simbolo, a questa illusione non crede. E che esibire quell’insegna
significa presentarsi, con protervia e indifferenza per le ragioni e l’identità
degli altri, per quello che non si è. Che non è esattamente una mossa
elegante, per chi chiede il voto degli elettori.
Ci
dia retta Emma Bonino: sul simbolo della sua lista metta qualcosa di meno
caratterizzato: che so, l’immagine del suo volto ridente. Qualcuno
cederà senz’altro alla tentazione di cancellarlo con un tratto di matita
copiativa e sarà sempre un voto guadagnato.
02.05.’99