Un turpe caso di appropriazione indebita nel campo simbolico

La caccia | Trasmessa il: 05/02/1999



Dunque, sembra proprio che tra i quaranta e passa simboli che corriamo il rischio di trovare sulla scheda elettorale delle europee, ci sarà quello dietro cui si nascondono, come dietro a una foglia di fico, quegli eterni burloni dei radicali.   In questa ultima incarnazione costoro, rinunciando alla Minerva in berretto frigio, alla rosa nel pugno, alla testa di Gandhi e a quant’altro, hanno deciso di presentarsi dietro le insegne di una non meglio precisata “lista Bonino”.  E con il nome a caratteri di scatola della grande Emma caratterizzano il loro nuovo emblema.
        Niente di riprovevole, certo.  Siamo in democrazia e in democrazia ciascuno è libero di scegliersi i leader che crede.  Ci sono persino, mi dicono, delle persone dabbene che ritengono che la Bonino sia “l’uomo giusto” per la più alta carica dello stato e sostengono che la stessa ha recato non poco lustro al paese con la sua attività di Commissario dell’Unione Europea.  Non ho, personalmente, motivo di dubitarne: l’Emma in questione aveva l’incarico di occuparsi dei problemi della pesca e di quelli degli aiuti umanitari e, anche se in tema di aiuti umanitari ha combinato ben poco, può darsi benissimo che sulla pesca sia andata fortissimo.  Se è stata tanto brava, se mai, sarebbe il caso di lasciarla dov’è.  Ma tutti desiderano migliorare e se lei vuole guidare una propria lista al parlamento europeo, ha tutto il diritto di farlo: sarà comunque un progresso rispetto a quando, anni fa, in quanto nota libertaria, si era fatta eleggere al parlamento italiano sotto il simbolo di Berlusconi.
        C’è solo un particolare che mi lascia perplesso.  Sul simbolo della nuova lista, a quanto mi è sembrato di vedere sui giornali, figura, sul modello della vecchia “lista Pannella”, anche una versione mignon dell’emblema pacifista.  Sapete, il cerchio con la Y rovesciata, che forse rappresenta un uomo morto con le braccia allargate o forse due che fanno all’amore, ma che, comunque, accompagna fin dai lontani anni ’60 le povere lotte di chi, allora come oggi, alla guerra, ai suoi strumenti e alla sua logica non riusciva e non riesce a rassegnarsi.
Ora, è vero che di questo composito e maldefinito movimento facevano parte, una volta, anche i radicali, ma è roba di tanto tempo fa.  È da un bel po’ che gli amici di Pannella e della Bonino con il pacifismo hanno chiuso, che invocano bombe e interventi di terra, che ci assicurano che contro i nuovi Hitler dei Balcani e del Medio Oriente non c’è altro da fare che mobilitare tutto il peso militare disponibile.  È un’opzione lecita, tanto è vero che la condividono, a destra e a sinistra, larghi strati di opinione pubblica.  Ma è un’opzione che con quel simbolo non ha proprio niente a che fare.  Tutti sono liberi di illudersi su se stessi e i radicali possono credere di perseguire la pace attraverso la guerra, figuriamoci: è la bugia più antica del mondo e non si vede perché non possano credervi anche loro.  Ma non possono far finta di non sapere che il movimento pacifista, quello che usa quel simbolo, a questa illusione non crede.  E che esibire quell’insegna significa presentarsi, con protervia e indifferenza per le ragioni e l’identità degli altri, per quello che non si è.  Che non è esattamente una mossa elegante, per chi chiede il voto degli elettori.
        Ci dia retta Emma Bonino: sul simbolo della sua lista metta qualcosa di meno caratterizzato: che so, l’immagine del suo volto ridente.  Qualcuno cederà senz’altro alla tentazione di cancellarlo con un tratto di matita copiativa e sarà sempre un voto guadagnato.
02.05.’99