Siccome al peggio non c’è mai limite,
è stato lo stesso on. Mattarella a presentarsi, giovedì scorso, alla Camera
per spiegare che l’Italia, Dio ne scampi, non ha responsabilità alcuna
nella vergognosa conclusione del caso Ocalan, visto che il leader del PKK
ha lasciato il nostro paese di sua assoluta volontà. Evidentemente
il suo capo (il capo di Mattarella, dico: l’on. D’Alema), occupato com’era,
quel giorno, a prepararsi per l’impegnativo incontro serale con Gianni
Morandi, non avrà ritenuto confacente alla sua dignità di statista presentarsi
ai colleghi parlamentari con una dichiarazione così sfacciatamente mendace.
E così è toccato al nostro Attila in sedicesimo andare a raccontare
a una Camera semideserta che “tutto si è svolto nella trasparenza e nella
correttezza” e che il governo ha affrontato questa trista faccenda con
“misura e dignità”. E chi volesse obiettare che c’è ben poco di
misurato o di dignitoso nel rifiutare asilo a chi ne aveva diritto, in
quanto straniero evidentemente impedito da quell’”effettivo esercizio
delle libertà democratiche” di cui parla la nostra Costituzione, sappia
che nessuno, finora, ha negato niente a nessun altro: il Tribunale di Roma
prenderà sollecitamente in esame la domanda di asilo il prossimo 24 febbraio.
Quanto la notizia possa rallegrare l’interessato è facile immaginare.
Boh.
Una volta, tanto tempo fa, i politici italiani godevano fama di essere
“machiavellici”. Voleva dire, in soldoni, che non era il caso di
fidarsene troppo, perché, pur di raggiungere i fini che di volta in volta
si proponevano, erano disposti a mettere tra parentesi le norme della morale,
a mentire, a ingannare e a fare di peggio, secondo il modello di quel Cesare
Borgia, che, in effetti, non avrebbe dovuto far ammazzare a tradimento
Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo e gli altri, ma, se proprio voleva
costituire il suo “stato nuovo” (se voleva – cioè – perseguire i suoi
obiettivi politici) non poteva farne a meno.
Oggi,
evidentemente, nessuno potrebbe accusare i nostri governanti di machiavellismo.
Non perché, come si è visto, siano alieni dal mentire, o perché rifuggano
dagli argomenti capziosi e ingannevoli, o perché non vadano, come Ocalan
ha scoperto a sue spese, considerati ancora più infidi del duca Valentino.
L’on. Mattarella è troppo buon cristiano per sostenere che il fine
giustifica i mezzi e il Presidente D’Alema ha già fatto sufficiente ammenda
delle sue origini laiche perché gli si possa attribuire un’opinione così
contraria agli insegnamenti della Chiesa. Il fatto è che difficilmente
si potrebbe sostenere che D’Alema, Mattarella o qualsiasi altro membro
del loro governo o della loro maggioranza, si siano mossi con un fine qualsiasi,
salvo forse quello di togliersi dai piedi un impiccio che avrebbe potuto
metterli in difficoltà con i protettori americani del regime turco o creare
qualche problema a chi, in Italia, con quel regime intrattiene proficui
traffici. E capirete che proporsi come unico obiettivo quello di
compiacere sempre i propri padroni non è un tratto da grande politico.
Oggi
che Ocalan è stato consegnato inerne nelle mani dei suoi nemici, i nostri
Machiavelli da quattro soldi sono liberi di stracciarsi le vesti sulle
sorti del popolo curdo o affermare pomposamente che bisogna fare di tutto
perché al prigioniero sia riservato un equo giudizio e gli sia risparmiata
la pena capitale. Sono belle e degne parole. Peccato che tutti
sappiamo che l’unica cosa che il governo italiano sa fare per i curdi
è quella di impedirgli l’accesso nel nostro paese e che, quanto
a equi giudizi per i prigionieri politici, non rappresentiamo certo un
esempio per nessuno. Anche a questo proposito, sarebbe molto meglio
tacere.
21.02.’98