Un giorno d'estate | John Banville

Gialloliva | Trasmessa il: 03/12/2012


    John Banville, settantatré anni, irlandese di Wexford, non è normalmente conosciuto come un autore di gialli: lo si considera, piuttosto, uno dei più stimabili narratori di lingua inglese e se ne loda soprattutto la raffinatezza e la suggestività della prosa. Il fatto che scriva anche gialli, viene di solito sottaciuto, anche perché questa produzione è pubblicata sotto lo pseudonimo, curiosamente parlante, di Benjamin Black. La dicotomia, per quel che ne so, vale dovunque tranne qui in Italia: il nostro paese è l'unico in cui, per discutibile (e discussa) decisione editoriale, anche i libri di Black compaiono sotto la firma di Banville e in quanto tali sono regolarmente pubblicati insieme agli altri nei “Narratori della Fenice” della Guanda. Il che forse rappresenta uno dei tanti casi di violenza editoriale verso un autore – che per scegliere uno pseudonimo avrà avuto i suoi motivi, anche se suppongo che ne avrà avuti altrettanti per aderire alla proposta di rinunciarvi – ma può anche essere visto come un riconoscimento del fatto che i gialli non rappresentano da nessun punto di vista delle opere minori e in nulla disdicono all'autorevolezza dei loro autori, il che, a chi ha sempre difeso la dignità del nostro genere, fa comunque piacere.
    Sono, quelli di Banville (chiamiamolo pure così) degli strani mysteries. Molto tradizionali nell'impostazione, con una coppia di indagatori fissi, l'ispettore Hackett e il medico legale Quirke, una morte violenta ad apertura di libro e un assortimento di personaggi variamente anomali tra cui distribuire i sospetti, non danno tuttavia molto spazio allo svolgimento delle indagini secondo le regole del procedural. All'autore interessa soprattutto portare progressivamente alla luce la rete dei legami tra i personaggi e le tensioni psicologiche che questi rapporti determinano. Il fatto che le vicende, poi, si svolgano nella Irlanda sonnolenta degli anni '50, in una Dublino che conserva molte caratteristiche della provincia, permette all'autore di concentrarsi sull'ambientazione e sulla atmosfera. Sono, in definitiva, i suoi dei gialli molto intensi e, al tempo stesso, molto letterari. A me sembrano, talvolta, leggermente noiosi, ma voi tutti sapete quali siano i miei gusti, per cui deve essere soprattutto colpa mia.
    Così, in questo Un giorno d'estate l'apparente suicidio di un magnate dell'editoria, rinvenuto cadavere nella sua dimora di campagna, è l'occasione per una serie di scavi psicologico nel suo ambiente e nella sua famiglia. È abbastanza evidente che la vittima non può essersi sparato da sé, anche se stringe ancora in mano il suo migliore fucile da caccia, ed è altrettanto evidente che nl passato del morto c'è qualcosa di oscuro, che qualcuno vuol mantenere tale a tutti i costi, per non dire che tanto la moglie quanto la sorella sono turbate da qualcosa che non vogliono rivelare, ma di indizi concreti ce ne sono straordinariamente pochi e sarà necessaria tutta la sensibilità del dottor Quirke, che da entrambe le donne è in qualche modo intrigato, per giungere alla imprevedibile soluzione. È un'indagine, se possiamo chiamarla così, che si dipana a ritmo lento, sotto il sole torrido di un'anomala estate, in mezzo a personaggi reticenti e figure ambigue e porterà alla inevitabile scoperta di un nucleo di perversione, di quel male che si nasconde anche nelle realtà più idilliache, come in questa Irlanda remota e pacifica. Non è il mio genere, ve lo ripeto, ma non posso negare la bellezza della scrittura e la raffinatezza delle analisi, per cui mi rimetto volentieri al vostro giudizio.
12.03.'12
John Banville, Un giorno d'estate (A Death in Summer), tr. it. di Irene Abigail Piccinini, "I narratori della Fenice" – Guanda, pp. 288, € 18,00