La settimana scorsa, probabilmente,
eravate troppo impegnati con la campagna abbonamenti di Radio Popolare
per poter seguire le cronache parlamentari con l’interesse che meritano.
A qualcuno, così, sarà potuto sfuggire l’intervento alla Camera
dell’on. Sergio Mattarella relativo al “primo colpo” atomico. Ed
è un peccato, perché se è vero che i giornali non hanno dedicato a questa
presa di posizione l’importanza che meritava – io , personalmente,
l’ho trovata soltanto in un trafiletto di undici righe sul manifesto di
mercoledì 11 – è anche vero che l’importanza dell’argomento e
l’autorevolezza del soggetto (che, ci crediate o no, è vicepresidente
del Consiglio dei Ministri) avrebbero dovuto indurci tutti a ben altra
attenzione.
L’on.
Mattarella, ricorderete, è passato alla nostra storia parlamentare in quanto
ingegnoso autore della legge elettorale vigente: sì, proprio quella che,
per concorde giudizio di critica e pubblico, fa talmente schifo che se
ne impone l’indifferibile sostituzione, vuoi sottoponendo agli elettori
un ingegnoso quesito referendario, vuoi grazie al voto in Parlamento di
un’adeguata riforma. In un paese normale, naturalmente, chi fosse
occorso in un infortunio legislativo del genere, sarebbe stato prontamente
rimosso dal corpo parlamentare e adibito a funzioni in cui minor danno
potesse recare alla comunità. In Italia , ahimè, lo hanno promosso
e fatto Ministro, anzi, come vi dicevo, vicepresidente del Consiglio dei
Ministri. E non obiettate che qui da noi il vicepresidente del Consiglio
dei Ministri, per antica tradizione, vale meno del due di briscola. Quando
li fanno vicepresidenti gli ex democristiani (e l’on. Mattarella, del
Partito Popolare, è un ex democristiano doc) non si accontentano certo
di occuparsi di cinema o sport. Lui, se non sbaglio, si è fatto dare
la delega al controllo dei Servizi Segreti, o qualcosa di simile, il che
ne fa ipso facto uno di quello che contano.
Dunque,
questo importante esponente del governo D’Alema, la settimana scorsa,
si è presentato alla Camera per comunicare, nel corso del “question time”,
che dio solo sa che cos’è, che “l’Italia è contraria alla proposta tedesca
perché la Nato rinunci al ‘primo colpo’ atomico”. Il “primo colpo
atomico”, suppongo, sarà l’opzione strategica di chi si riserva il diritto,
se del caso, di sferrare per primo un attacco nucleare, senza aspettare
che a cominciare sia l’altro. Che i tedeschi, sempre inguaribili
pacifisti, avessero proposto di rinunciarvi mi era sfuggito, ma, se lo
avessi saputo, avrei dato assolutamente per ovvio che l’Italia, paese
retto da un governo di sinistra che non perde occasione per riaffermare
la funzione puramente difensiva dei propri armamenti e il ruolo umanitario
dei propri eserciti, sarebbe stata tra i primi ad accodarvisi.
Invece
no. L’on. Mattarella ha spiegato che “la possibilità di ricorrere
per primi, se del caso, all’arma nucleare contiene un forte elemento aggiuntivo
di dissuasione e insieme di flessibilità politico-strategica cui sarebbe
controproducente rinunciare”. Tanto più che “questo punto chiave
della dissuasione strategica durante la guerra fredda” resta valido per
scoraggiare “non solo un conflitto nucleare, ma qualsivoglia tipo
di conflitto.”
Belle
parole, eh. Perché, a prescindere dalle difficoltà logiche in cui
incappa inesorabilmente chi si propone di “scoraggiare” un conflitto
nucleare mediante un attacco nucleare (un paradosso che ben potrebbe figurare
accanto a quello del barbiere e a quello del bugiardo), spero non vi sia
sfuggita l’eleganza di termini come “forte elemento aggiuntivo di dissuasione”
o “punto chiave di dissuasione strategica”. Sono la riproposizione,
in moderno gergo da Stato Maggiore, dell’antico principio per cui “la
miglior difesa è l’attacco”. Un principio caro ai nostri padri
romani, che infatti, come ebbe a osservare, credo, Voltaire chiosando Tito
Livio, lo applicarono con tanta coerenza che finirono per conquistare tutto
il mondo conosciuto, e sempre per legittima difesa, e caro a tutti quanti
motivano l’aggressività con la necessità di difendersi dai tapini che
stanno meditando di aggredire. Sono sicuro che, a chiederglielo,
se ne sarebbe dichiarato entusiasta lo stesso Attila.
Certo,
le armi e gli eserciti servono per aggredire, e qualsiasi dichiarazione
in senso contrario, compreso l’ingenuo e solenne ripudio della guerra
contenuto nell’articolo 11 della nostra Costituzione, lascia un po’ il
tempo che trova. Siccome a decidere che tu stai per aggredire me
sono comunque io, qualsiasi aggressione di qualsiasi tipo può essere presentata
come di natura puramente difensiva o, se preferite, dissuasiva. Andate
a cercarvi in biblioteca o in una delle tante edizioni facsimile che ne
sono state realizzate, i giornali del 30 settembre 1939 e leggerete le
più orripilate descrizioni di come la Germania nazista fosse costretta
a difendersi dall’aggressione della Polonia occupandone il territorio.
Naturalmente
la politica della NATO non la decide il governo italiano, la cui subordinazione
in merito è ben nota, e coloro che la decidono a rinunciare al “primo
colpo atomico” non ci pensano nemmeno. Tanto più che, da quando
il blocco sovietico si è disgregato, di paesi ostili in grado di cominciare
loro non ce ne sono più e l’opzione del primo colpo significa soltanto
il diritto a bombardare, con tutte le armi disponibili, chiunque i nostri
padroni americani decidano, per motivi loro, di bombardare. Ma fa
lo stesso un po’ impressione leggere, sia pure in microscopici trafiletti,
che un membro autorevole del primo governo a guida di sinistra (be’, sì,
insomma, così dicono) utilizza, come se ci credesse, gli stessi argomenti
di Attila. In casi del genere, un sobrio silenzio sarebbe forse più
dignitoso.
21.02.’99