Un corpo nel lago | Arnaldur Indridason

Gialloliva | Trasmessa il: 03/23/2009


    Il successo sempre crescente del giallo scandinavo ha aperto la via delle traduzioni italiane anche a quello che, almeno per quanto ne so, resta l'unico esponente del genere nella remota Islanda, il bravissimo Arnaldur Indriason, un autore popolare da tempo, oltre che in patria, sui mercati britannico e tedesco, ma affatto sconosciuto nel nostro paese, almeno fin quando la Guanda non ha cominciato a pubblicarne le opere, nel consueto disordine cronologico tipico della nostra editoria, due tre anni fa. L'accostamento con gli autori svedesi e norvegesi è ovvio, com'è quasi scontato lo strillo di copertina per cui “L'Islanda ha trovato il suo Mankell”, ma va preso – naturalmente – con un minimo di cautela, visto che ben poco, al di là dell'affinità linguistica, unisce le realtà geografiche e sociali della grande isola artica con quella della Scandinavia propriamente detta e la diversità delle rispettive esperienze non può che farsi sentire anche nella narrativa. Indriason, in ogni caso, è un autore originale, molto legato alla sua terra, alla sua natura aspra e impervia e al suo isolamento geografico, ma consapevole, al tempo stesso, del fatto che non siamo più al tempo dei vichinghi e che anche in Islanda bisogna fare i conti con i problemi del mondo globalizzato. Così il suo protagonista, l'investigatore Erlendur Sveinsson, una figura di poliziotto solitario e chiuso in se stesso, non può essere assimilato ai vari commissari e ispettori dal volto umano che allignano sul continente. La sua è una figura dichiaratamente tragica, ossessionato, oltre che dai problemi familiari (un figlio difficile, una figlia irrimediabilmente tossica...), dai ricordi del passato, dallo spettro di un fratello scomparso durante una escursione, come tante altre persone, in passato, sono scomparse tra le nevi e i ghiacci di una terra così poco abitata. Tuttavia, quando un imprevisto fenomeno geologico porta alla luce uno scheletro sepolto nel grande lago Kleifarvatn qualche decennio fa accanto ai resti di quello che sembra proprio un apparecchio radiotrasmittente di fabbricazione russa, Erlendur non ci metterà molto a capire che il mistero va collegato alla storia più recente del paese, a qualche episodio di quella guerra fredda che ha avuto in Islanda, data la posizione strategica dell'isola, uno dei suoi campi di battaglia. Le ricerche saranno difficili, perché la documentazione in materia, ormai, è davvero scarsa, ma in una comunità così piccola e raccolta è difficile far perdere davvero le proprie tracce e presto o tardi l'identità dello sconosciuto verrà alla luce.
    Un corpo nel lago è un romanzo abbastanza diverso dei precedenti a noi noti di Indriason: non ha l'intensa caratterizzazione poetica di La signora in verde e La voce e tende a essere piuttosto una normale storia di indagini, che ci conducono nell'ambiente della sinistra islandese degli anni '50 e, in particolare, tra gli studenti comunisti che il partito mandava a studiare a Lipsia, nell'allora Germania Est. È in quel piccolo mondo chiuso e un po' claustrofobico, descritto in toni di grande partecipazione, anche se in termini forse un po' convenzionali (almeno dal punto di vista di un vecchio bolscevico come chi vi parla), che matura la tragedia destinata a compiersi sulle rive di quel grande lago vicino a Reykjavík. È una storia, in ultima analisi, di utopia tradita, di speranze deluse e di amori stroncati: una gran bella storia, sobria, austera e venata di autentica commozione, che, riserve ideologiche a parte, rivela la mano di un vero maestro del giallo europeo. Non è una lettura particolarmente accattivante, ma va assolutamente affrontata.
    23.03.'09
    Arnaldur Indridason, Un corpo nel lago (Kleifarvatn, 2004), tr. it. di Silvia Cosimini, "I narratori della Fenice" - Guanda, pp. 318, € 16,50