Avrete imparato, dopo tutti questi anni,
che le contaminazioni tra i gialli e la letteratura impegnata non sono
esattamente la mia passione, non perché mi consideri un purista o detesti
le contaminazioni per partito preso, ma semplicemente perché ritengo che
una delle caratteristiche più preziose del nostro genere preferito sia
la sua capacità di porsi come oggetto di intrattenimento e che, di solito,
i giallisti che hanno cercato di prescinderne non sono riusciti che a produrre
delle opere bestialmente noiose. Certo, ogni tanto succede il
contrario, nel senso che arrivano un Gadda o un Dürrenmatt a far propria,
per fini affatto personali, questa o quella convenzione del mystery e nessuno
può trovarci niente da ridire. Personalmente non ritengo che né il
Pasticciaccio né La promessa siano dei gialli veri e propri, ma questo
è solo un problema di definizioni e non è il caso di perderci del tempo.
Un
po’ diverso è il caso di questo Tè per un cammello di Jarosaw Mikoajewski.
L’autore, che è sicuramente un letterato di tutto rispetto, visto
che nel suo paese è considerato uno dei poeti più importanti sulla piazza
ed è, come se non bastasse, un italianista di primo piano (ha tradotto,
tra gli altri, Dante e Camilleri) ha scelto, per il suo debutto nella narrativa,
il genere giallo, che in Polonia, mi dicono, sta godendo una stagione di
straordinario successo, e ci si è impegnato davvero a fondo. In effetti,
sembra che sia riuscito a gabbare pubblico ed editori spacciando la sua
opera, in una prima edizione a puntate su un quotidiano, per la traduzione
di quella di un ignoto maestro dell’hard boiled statunitense. Questo
ha comportato, si capisce, la necessità di rinunciare a un’ambientazione
nazionale (che è la risorsa più facile cui possano attingere gli scrittori
di un paese in cui il genere è una novità) e di utilizzare un certo numero
di stereotipi radicati nella tradizione anglosassone, ma la cosa non significa
che il romanzo sia un thriller convenzionale, nobilitato, al massimo, da
una patina di superiore dignità letteraria. La storia del detective
McCoy (nel cui nome non è difficile riconoscere l’omaggio a uno dei maestri
del noir), che scacciato per alcoolismo dalla polizia del suo paese –
non si dice quale – si improvvisa investigatore privato, si installa nella
biblioteca momentaneamente lasciata libera da un noto cultore delle lettere
italiane e si imbatte in una serie di casi abbastanza grotteschi, per scoprirsi
manovrato in un qualche modo dai suoi ex colleghi prima e da una organizzazione
misteriosa poi, riesce a combinare il rispetto dei canoni gialli con quello
di una tematica tipicamente centroeuropea, senza cascare né nel pastiche
né nella parodia. Certo, è un libro che richiede, per essere affrontato,
un minimo di impegno critico, ma si rivela, alla prova della lettura, assai
stimolante. Se riuscite a mettere le mani sul volume, che è stanpato,
ahimè, da una piccola casa editrice di Udine, non dovreste proprio pentirvene.
13.02.’06
Jaroslaw Mikolajevski, Tè per un cammello (Herbala dia wielblada, 2004), tr. it. di Silvano De Fanti, "oltre" – Forum 2005, Editrice Universitaria Udinese, pp. 117, € 14, 00