Saprete tutti, ormai, che ho un debole
per i romanzi di Stefano Di Marino. È un autore che la critica, in
genere, tratta con un certo sussiego, un po’ perché ha cominciato a scrivere,
sotto pseudonimo anglosassone, nelle collane da edicola (è sua la serie
del “Professionista”, firmata Stephen Gunn per “Segretissimo”), un
po’ perché il sottogenere di cui si occupa, quello spionistico avventuroso,
è considerato, di solito, piuttosto trash e queste cose, in Italia, contano
ancora. Ma si tratta, al di là di ogni possibile contestazione, di
uno dei pochi veri professionisti di cui dispongano le patrie lettere,
di uno scrittore capace di organizzare, a partire da un materiale affatto
convenzionale, delle macchine narrative assolutamente straordinarie. Certo,
il prodotto è dichiaratamente di consumo e viene proposto all’insegna
del puro disimpegno, senza preoccupazioni di ordine ideologico o ambizioni
di altro genere, ma vale sempre la pena, quando capita, di perdesi in uno
di questi perfetti meccanismi di intrattenimento. E poi il ragazzo,
che ha all’attivo – ormai – qualche decina di romanzi, sa indubbiamente
scrivere. Personaggi e situazioni non saranno il massimo della originalità,
ma il problema, si sa, è quello di come li si mette insieme.
Sole
di fuoco si presenta, da un punto di vista formale, come il seguito del
precedente Ora zero, da cui riprende i personaggi di Bruno Genovese, agente
anziano della Divisione Sicurezza Europea, immaginaria agenzia di controspionaggio
con sede a Bruxelles, e dei suoi colleghi e avversari. Il problema,
questa volta, è quello di garantire che nessun intervento malevolo pregiudichi
quelle forniture energetiche dall’Asia Centrale di cui l’Unione Europea
ha disperatamente bisogno. Coinvolti nell’intrigo, naturalmente,
sono il Comitato, la misteriosa organizzazione segreta con cui Genovese
e i suoi sono usi scontrarsi, e la Iena, temibile e ancor più misterioso
terrorista internazionale. Ma la situazione è ancora più complicata,
perché, a quanto pare, l’Europarlamento ha deciso di privatizzare buona
parte delle attività del DSE e questo provoca, all’interno dell’agenzia,
in cyui tutti non sono esattamente entusiasti all’idea, una serie di mosse
e contromosse che complicano incredibilmente la trama. Di Marino
non è certo un autore che lavori al risparmio: in ogni sua opera, Sole
di fuoco compreso, c’è materiale per quattro o cinque romanzi e un dipanarsi
delle scene di azione così rapido e articolato da dare al lettore un leggero
senso di vertigine, del tipo di quello che si provava una volta salendo
sull’ottovolante di Cooney Island. Anche del numero dei morti ammazzati
non ci si può lamentare: l’autore è appassionato di armamenti e, soprattutto,
di arti marziali e non si lascia sfuggire un’occasione che sia una di
esibire la sua competenza. In 370 pagine, così, i defunti ammonteranno,
all’incirca, al centinaio. Ma il lettore non si lascia impressionare,
perché sa che queste sono le convenzioni del sottogenere e che le convenzioni,
dal punto di vista di uno scrittore creativo, si possono o eludere o esagerare.
In questo caso siamo decisamente dalla parte dell’esagerazione,
ma il gioco in cui Di Marino eccelle è appunto quello di far sembrare qualsiasi
eccesso perfettamente credibile (oltre che di inchiodare l’attenzione
del lettore per le due o tre ore necessarie ad arrivare alla fine). Provare
per credere.
05.11.’07
Stefano Di Marino, Sole di fuoco, "Narrativa" – TEA, pp. 370, € 12,00