Simulazioni burocratiche

La caccia | Trasmessa il: 05/21/2000



A proposito di previsioni del futuro: non so se avete notato anche voi che il tesserino predisposto dal Ministero della Sanità per consentirci di esprimere “la dichiarazione di volontà sulla donazione degli organi ai sensi della legge 1° aprile 1999, n. 91”, giunto nelle nostre case insieme al certificato elettorale per il referendum (un documento, quest’ultimo, del quale ciascuno di voi farà oggi l’uso che crede) è accompagnato da una succinta presentazione a firma, com’è e come non è, di un ex ministro. Evidentemente la povera Rosy Bindi, quando ha steso quelle poche righe, non supponeva di dover uscire di carica prima ancora che esse fossero recapitate ai destinatari.  Ed è un peccato, perché quella di portare nelle case di tutti gli elettori la firma pseudochirografata della Ministra della Sanità era, evidentemente, una delle finalità principali dell’invio di quell’oggetto.  Ad altro, quel cartoncino, non mi sembra possa servire.  Si presenta come una tessera ufficiale, paragonabile, per aspetto e formato, a quelle del codice fiscale e del bankomat, ma è lasciata alla libera compilazione di ognuno, né ne è prevista la registrazione in qualsiasi sede pubblica e/o sanitaria, sì che la firma che vi siamo invitati ad apporre non avrà valore maggiore di quella tracciata su qualsiasi altro pezzo di carta.   Personalmente ritengo che sia utile e opportuno che ciascuno esprima il proprio punto di vista a proposito dell’utilizzazione dei propri miseri resti, se non altro per risparmiare imbarazzi superflui ai superstiti, ma non vedo perché non lo si possa fare su un semplice foglio.  L’idea del tesserino da donatore (o da non donatore), da conservare nel portafoglio o in borsetta tra i propri documenti (e da perdere, inevitabilmente, insieme a quelli) mi sembra, ve lo confesso, bizzarra.  Avrebbe senso, forse, se si trattasse di un documento vero, rilasciato da un ente abilitato a farlo previ gli opportuni accertamenti e registrato in una banca dati adeguata: non lascerebbe dubbi sull’effettiva volontà degli interessati e permetterebbe di accertarla rapidamente e senza problemi.  Ma qualcuno deve aver pensato che l’ipotesi di burocratizzare anche le disposizioni sull’uso post mortem del proprio corpo fosse, per così dire, eccessiva.  D’altra parte, affidarsi alla libera iniziativa dei singoli, che, in genere, a questi argomenti preferiscono pensare il meno possibile, non avrebbe portato molto lontano.  Ecco così che qualche cervello pensoso ha avuto l’idea di proporci una libera dichiarazione che simulasse, in un certo senso, un documento ufficiale.   Sarebbe costato qualche lira senza servire, forse, a un gran che, ma, se non altro, avrebbe testimoniato del genio italiano per il compromesso.  E l’invio di quel tesserino, naturalmente, avrebbe certificato lo zelo con cui la Ministra perseguiva il bene comune.   Non saprei dirvi se sia colpa del proporzionale o del maggioritario, ma il fatto che quella brava donna non sia più in condizione di trarne i vantaggi che aveva presumibilmente messo nel conto, mi sembra una delle ingiustizie più gravi del nostro sistema politico.

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Per finire, sempre in tema di referendum e argomenti connessi, permettetemi una precisazione.  Il direttore di Radio Popolare mi fa notare, con la cortesia di un vecchio amico, che la settimana scorsa, affermando che a parlarvi del referendum ero impedito dall’iniqua legge sulla par condicio e dal fatto che “la direzione” della nostra radio avesse deciso di adeguarvicisi, ho commesso un’imprecisione.   Quella decisione non è stata presa da lui, ma dal Consiglio di Amministrazione della nostra società.  Non ho, ovviamente, difficoltà a dargliene atto e mi spiace dell’equivoco, tanto più che di quel Consiglio di Amministrazione faccio parte, pur indegnamente, anch’io e, a quanto pare, alla seduta in cui è stata presa quell’importante decisione non c’ero.  Succede.  La prossima volta, ve l’assicuro, studierò l’ordine del giorno con qualche diffidenza in più.

21.05.’00