Si è suicidato il Che | Petros Markaris

Gialloliva | Trasmessa il: 05/10/2004






Il commissario Charitos, della polizia di Atene, è appena alla sua terza avventura, ma si è già conquistata un’invidiabile popolarità: sarà perché le lettere neogreche da un po’ tirano più del solito (lo si è visto anche al recente Salone del Libro di Torino), ma le lodi di quello che è unanimemente definito “Il Maigret ellenico” fioriscono davvero un po’ dappertutto.  Naturalmente l’epiteto è un po’ semplicistico, perché se è vero che l’eroe di Petros Markaris si può ricondurre, più o meno, alla tipologia del poliziotto dal volto umano stabilita tanti anni fa da Georges Simenon, è anche vero che ne rappresenta un’incarnazione, diciamo così, più moderna, alquanto più sgarruppata e parecchio più nevrotica, cui non deve essere stata estranea la lezione del suo parigrado Montalbano, ma, insomma, quello che conta è capirsi.  Markaris è un autore colto (ha tradotto il Faust di Goethe e ha lavorato come sceneggiatore con Anghelopulos) e, pur accettando lealmente le categorie del giallo, non intende rinunciare a un discorso generale su una società, come quella greca, che sta vivendo una delle sue fasi di più rapida trasformazione.  In questa occasione, Charitos, ancora convalescente dalle conseguenze del colpo di pistola con cui si concludeva Difesa a zona, indaga, prima di sua iniziativa, poi in forma scrupolosamente ufficiosa, sugli strani suicidi in pubblico di tre personaggi eminenti del milieu ateniese: un uomo d’affari di successo, un politico in ascesa e un giornalista di quelli che contano.  Tutti e tre, guarda caso, hanno alle spalle un’esperienza con il movimento degli anni ’60, tutti e tre hanno passato i loro guai con la giunta, e adesso, proprio adesso che sono arrivati al top, uno si spara, l’altro si accoltella e il terzo si dà fuoco e sempre, se non proprio in diretta, sotto l’occhio delle telecamere.  Il problema, allora, più che quello dell’identificazione di un assassino (i suicidi, non si scappa, sono solo suicidi) sarà quello di capire cosa è successo delle speranze e delle lotte di quegli anni e – più in generale – di dove diavolo sta andando il paese.  Un compito che un semplice sbirro di mezza tacca non sembrerebbe il più adatto ad assumersi, ma se non ci pensa lui, si capisce subito, non lo farà nessun altro, per cui forza: Charitos dovrà immergersi, più che in una normale inchiesta di polizia, in una sorta di discesa nei segreti di una classe dirigente che non ha ancora risolto il problema della propria ambiguità culturale.  Non direi che l’enigma sia impostato e risolto con lo stesso rigore dei due primi romanzi, ma Si è suicidato il Che resta uno dei gialli più interessanti della stagione e non potete certo permettervi di perderlo.  Anche perché, come dicono i greci, stessa faccia stessa razza e in queste vicende balcaniche il lettore italiano non potrà fare a meno percepire, come si dice, un vago sentore di déja vu.  

Petros Markaris, Si è suicidato il Che (O Tse aftoktònise), tr. it. di Andrea Di Gregorio, Bompiani, pp. 422, € 17,00