Vittorio Messori, che credo sia, oltre che uomo pio, uno scrittore di una
certa fama, commenta sul Corriere della sera di mercoledì 3 febbraio la
notizia per cui, in vista dell’afflusso di pellegrini in Terra Santa in
occasione del prossimo Giubileo, l’Autorità israeliana dei parchi ha deciso
di costruire, nel lago di Tiberiade, una passerella sommersa pochi centimetri
sotto il pelo dell’acqua, grazie alla quale, e dietro pagamento di una
piccola somma, i fedeli potranno provare l’emozione di camminare sulle
acque del lago, proprio come il Redentore. La commenta riportando,
in apertura, una barzelletta, che assicura diffusissima, a suo tempo, in
sagrestie e conventi: quella in cui Scribi e Farisei, assistendo al miracolo
in questione, commentavano che quel preteso Messia non sapeva neanche nuotare.
A me, che con conventi e sagrestie ho meno dimestichezza, di barzellette
ne viene in mente un’altra, forse meno edificante, ma altrettanto innocua:
quella in cui a San Pietro, o a San Tommaso, o a qualche altro discepolo
che nel tentativo di imitare il Maestro finiva regolarmente a mollo, viene
raccomandato di avere fede, molta fede… e, soprattutto, di camminare
anche lui sugli scogli. Me la deve avere raccontata, tanti, tanti
anni fa, un sacerdote che ogni tanto mi capitava di frequentare, a dimostrazione
del fatto che quella di scherzare con i Santi, nonostante l’opposto parere
in proposito del sagrestano del 1° atto della Tosca, è, pratica diffusa
anche presso le persone meno sospette di preconcetti antireligiosi.
Ma non è questo il punto, naturalmente. Il
dato interessante è che Messori, dopo aver osservato che “il gioco delle
parti” pretenderebbe da un cristiano l’immediata espressione, di fronte
a tale progetto, di quanta più indignazione possibile, decide di non indignarsi.
“Lo stracciarsi subito le vesti – osserva – connota, nel Vangelo,
personaggi non troppo positivi. Il gridare sempre allo scandalo non
è fra le esortazioni della Scrittura, del Nuovo Testamento innanzitutto”.
E poi spiega che il cattolicesimo è, fra tutte le varianti cristiane,
quella che incarna “il bisogno di vedere”: ben lungi dal condividere
l’ideale protestante di “una fede ‘pura e dura’, tutta e solo basata
sull’’ascolto della Parola’”, crede nei rituali, nel fasto liturgico,
nelle processioni, tanto è vero che “è stato, nella storia, il maggior
committente e ispiratore di arti come pittura, scultura e architettura”.
E poi Gesù si rivolgeva soprattutto ai semplici, una definizione
che ben si addice a quanti pagheranno il biglietto per farsi anche loro
una bella camminata sul lago.
Avrà ragione lui, eh. Magari insinuare
che chi è ostile alla passerella sul lago dovrebbe esser nemico di Michelangelo
e Raffaello è un po’ troppo, ma Messori avrà ragione lo stesso. Io
non sono certo dotato della competenza teologica necessaria per contestarlo.
Ho qualche vago ricordo di affermazioni evangeliche che, in merito
di dar scandalo e di scandalizzarsi mi sembravano meno accomodanti, ma
forse mi sbaglio. L’oportet ut scandala eveniant, probabilmente,
è stato abrogato con il passaggio della Messa all’italiano e l’invito
di legare al collo di chi desse scandalo una macina da mulino per poi sprofondarlo
nel mare si riferiva solo a certe precise categorie di scandalosi (c’entravano
dei fanciulli, mi sembra). E poi condivido il principio per cui
stracciarsi le vesti e lanciare lamentazioni non serve mai a molto. Quella
notizia a me non mi ha scandalizzato per niente e anzi, vi assicuro, se
mai mi capiterà di por piede sulle rive del lago di Tiberiade non mancherò
di mettermi in fila per incamminarmi, buono buono, lungo la passerella.
Però è strano questo fiorire di articoli di
gente che non si scandalizza di questo o quell’aspetto del Giubileo (che,
evidentemente, si potrà celebrare anche in Palestina e speriamo che siano
in molti a decidere di farlo). In questo momento non saprei farvi
delle citazioni precise, ma le argomentazioni di Messori, vi assicuro,
le ho già sentite delle altre volte a tutt’altro proposito. Il concetto
base è quello di ammettere che sì, l’Anno santo comporterà una quantità
di aspetti non diremo poco edificanti, ma, certo, non rigidamente consoni
alla natura religiosa dell’Evento. Il pellegrinaggio, per molti,
si colorirà di aspetti turistici; su di essi fiorirà tutta un’industria
di gadget e si scatenerà l’avidità di quanti, albergatori, ristoratori
e simili cercheranno di trarne guadagno. La Città Santa si troverà,
dal punto di vista logistico, nei guai fino al collo; i diritti dei suoi
abitanti, alcuni dei quali potranno bene non essere interessati all’evento,
finiranno per essere in parte conculcati; il progetto di sospendere, nella
fausta occasione, le libertà sindacali sta andando avanti benino, anche
se se ne parla, poco e certi discorsi che riguardano il mondo dei media,
cui si chiede, per l’occasione, una qualche speciale sensibilità puzzano
un po’ di censura preventiva. Ma non scandalizziamocene, perché
al di sopra di queste miserie c’è una Realtà di ben altra Importanza.
Allora, un articolo come quello che vi ho citato,
che non si scandalizza di un fatto fin troppo evidentemente futile, dà
un po’ l’impressione di chi mette le mani avanti. Diciamo che ha
il valore, pressappoco, di una profilassi, anzi, di una vaccinazione: cominciamo
a non scandalizzarci di un evento da niente e così ci abitueremo a non
scandalizzarci per quelli via via più importanti. E resteremo perfettamente
indifferenti, alla fine, di fronte a quella cosa scandalosissima che è
il Giubileo in sé, che si fonda, in linea teorica, sul buon caro vecchio
commercio delle indulgenze e comporta, in linea pratica, l’abdicazione
della società laica di fronte alle necessità di un’invadente organizzazione
religiosa. Ma di queste cose, naturalmente, non scrive nessuno.
07.02.’99