Rischi periferici

La caccia | Trasmessa il: 11/13/2005



Chissà perché quando il buon Prodi, in uno di quei sussulti di buon senso che lo rendono, nonostante tutto, simpatico, ammonisce che l’Italia, quanto al rischio di disordini a sfondo etnico, non è poi tanto lontana dalla Francia e che perché scoppi anche qui qualche grosso casino è solo questione di tempo, tutti gli danno del matto o del mestatore, mentre se le stesse cose le dice il ministro Pisanu, secondo cui, testuale, i roghi delle banlieues francesi “potranno essere un problema su cui avranno da piangere anche le periferie italiane”, lo subissano di applausi e l’on. Violante lo ringrazia per la risposta “positiva, seria e civile”.   Certo, la destra è la destra e dalle bassezze non si è mai astenuta: “Panorama” ha persino pubblicato una vignetta del simpatico Forattini in cui il poveraccio – Prodi, dico – è raffigurato mentre brandisce con una mano una bandiera rossa con falce e martello e con l’altra una bottiglia incendiaria, e chissà cosa farebbe se non venisse stoppato da un Berlusconi ammantato nel tricolore, e ammetterete che più in basso di così è difficile.   Ma gli altri?  Come si spiegano le prese di distanza, i distinguo, i commenti infastiditi con cui i leader del centro sinistra, da Fassino a  D’Alema a Rutelli, hanno fatto capire che loro su quell’ammonimento avevano le più ampie riserve?  Sì, deve esserci entrata in qualche modo la volontà di non esprimere dubbi sulla capacità dei vari Veltroni,  Penati e compagnia bella di gestire le aree urbane a rischio, ma questo non basta a spiegare la solerzia con cui sono state prese per buone le parole di un ministro che, nello stesso intervento alla Camera, ha spiegato che a Lampedusa,  a parte qualche disagio, va tutto bene e che, in materia, il governo ha “molto da discutere, poco da rimproverarsi e ancor meno da nascondere”.

        Il fatto è che Prodi poneva, da candidato, un problema politico, mentre Pisanu, da ministro, si è limitato a una serie di proposte amministrative.  Assolto a priori il governo, ha intrattenuto gli onorevoli deputati sulla necessità di ristrutturare i CPT, aprirne di nuovi, governare gli accessi, rafforzare i controlli e via andare.  E la sinistra, si sa, adora le soluzioni amministrative e farebbe (quasi) qualsiasi cosa  per gli uomini che le portano avanti.  Lo si è visto con  il colpo di genio (…) con cui ha risolto l’annoso problema del candidato sindaco a Milano.  Di fronte a un intervento tutto concretezza e buona volontà operativa come quello del ministro degli interni, non saranno mancati, giovedì scorso, gli esponenti dei DS e della Margherita portati a rammaricarsi in cuor loro del fatto che ormai non si può proprio più rispedire Prodi a Bruxelles e candidare, al suo posto, Pisanu.

        Perché sul problema politico dell’immigrazione non è che in quell’area le idee siano proprio tanto chiare.  In Italia non abbiamo le concentrazioni di stranieri che caratterizzano, tra gli altri paesi, la Francia, ma non abbiamo neanche i suoi servizi sociali, la sua organizzazione del territorio e la sua tradizione di accoglienza.  Ci tocca, in compenso, una legge (la Bossi-Fini) studiata apposta per sfruttare la forza lavoro altrui concedendo il meno possibile in termini di integrazione, onde il ferreo collegamento tra condizione lavorativa e permesso di soggiorno, le difficoltà opposte ai ricongiungimenti, gli screening periodici e tutto il resto, per non dire dell’ottusa ostilità ai tentativi di auto-organizzazione che emerge da episodi come quello della scuola islamica di Milano.   Perché tra le molte cose che il governo nasconde e dovrebbe – in effetti – rimproverarsi, c’è la sorda acquiescenza al razzismo di fondo della nostra società.  Sul che anche a sinistra dovremmo chiederci se proprio qualcosa da rimproverarci non abbiamo.