Rimozioni

La caccia | Trasmessa il: 03/19/2000



A un anno di distanza dalla storica decisione che portò il governo italiano a schierarsi con gli alleati della NATO nel progetto di spezzare una volta per tutti le reni alla Jugoslavia, facendo segnare un progresso tanto significativo al prestigio e alla credibilità internazionale del paese, sembra che l’opinione pubblica nazionale abbia le idee un poco confuse.  Avrete preso nota anche voi, immagino, dei risultati del sondaggio commissionato da Radio Popolare a un’agenzia specializzata e ammetterete che sono, per così dire, un po’ sconcertanti.  Se il 57,4 % del campione resta, tutto sommato, favorevole a quella scelta (ma allora la percentuale era superiore al 79 e gli incerti sono passati dal 4 all’11%), sui motivi per cui la decisione fu presa e sui risultati cui essa ha portato c’è molto meno chiarezza.  Al 23% sembra di ricordare che intervenimmo per restaurare la pace nella regione, o più espressamente (17%) per difendere gli albanesi, ma il 19 parla di non meglio precisati motivi economici, l’11,4 invoca l’asserita necessità di instaurare un nuovo ordine nei Balcani e il 3,6 è addirittura convinto del fatto che il problema fosse quello di fare le scarpe alla Russia.  Quanto agli effetti ottenuti, se il 25% pensa che sia stato impedito un genocidio, e il 17,3 che sia stata davvero portata la pace, c’è un bel 19,7 % di scettici per cui essi si limitano all’insediamento in zona delle truppe NATO e un impressionante 27,4 % che di risultati non riesce a vederne punto.  D’altro canto, un mucchio di gente non sa neanche chi combatteva contro chi: il 20,3 % degli interpellati sembra convinto che tra le parti in causa ci fossero anche i croati e il 10 ci aggiunge, senza fiatare, i bosniaci.   Insomma ce n’è quanto basta perché i colleghi che hanno presentato questi dati agli ascoltatori ne concludano che sugli avvenimenti di appena un anno fa l’opinione pubblica ha compiuto un’opera imponente di rimozione.
        Personalmente, mi trovo del tutto d’accordo con loro.  Anzi, tenderei ad allargare la diagnosi, osservando che allo sforzo di rimuovere quanto più rimuovere si poteva hanno volonterosamente contribuito parecchi operatori dell’informazione, che si sono affrettati a dimenticare tutto quello che, allora, avevano avuto il coraggio di scrivere.  Ma quella di rimuovere con cura le spiacevolezze è, nel nostro paese, una pratica tanto diffusa che non ci si può stupire se sia stata adottata all’unanimità di fronte a un evento come la guerra.  La guerra invoca la rimozione.  Alla guerra preferiscono non pensare nemmeno quanti ne propugnano, sulla pelle degli altri, l’inderogabile necessità.  La guerra è una faccenda sporca e feroce, che si riduce, al netto di tutte le chiacchiere, allo sforzo di ammazzare quanti più membri si può della comunità avversa, in modo che i sopravvissuti, temendo di finire a loro volta ammazzati, acconsentano a fare ciò che si vuole che facciano e capirete che questa non è un’attività su cui oggi si desideri dilungarsi.   Del numero dei nemici ammazzati potevano vantarsi tipi come Attila o Gengis Khan, personaggi forse sgradevoli, ma non privi di una certa coerenza ideologica: non possono certo farlo i flebili e accattivanti bugiardi che formano, oggi, al governo o all’opposizione, la nostra classe dirigente.  Non per niente costoro avevano trovato un certo numero di reggicoda disposti a far carte false pur di dimostrare che i bombardamenti sulla Jugoslavia non erano un atto di guerra, ma qualcosa d’altro.  Ma lasciamoli perdere.
        Il sondaggio di Radio Popolare, naturalmente, riguardava i semplici cittadini e poneva loro delle domande specifiche.  Non poteva, così, registrare quella che è stata, probabilmente, la rimozione più grave.  Il fatto è che quasi tutti, governanti e governati, sembrano aver dimenticato l’affermazione per cui a una necessità tanto sgradevole si dichiarava di addivenire soltanto in nome dei diritti civili violati, della tolleranza etnica e del rifiuto di ogni discriminazione.  Certo, che fossero tutte menzogne lo si poteva capire anche allora, ma adesso ne abbiamo, in un certo senso, la prova.  E non solo grazie ai sondaggi.  Non so se avete notato come il nostro paese sia diventato, in un anno, meno tollerante e meno civile.  Pensate, tanto per fare un esempio, alla stolida ferocia dei recenti episodi di espulsione a danno dei rom, alla faccia feroce con le quali le più varie forze dell’ordine e le autorità più ostentatamente benigne si sono scagliate contro degli innocui frequentatori abusivi dell’estrema periferia del nostro benessere.   I rom, d’altronde, sono le vittime tipo dell’odio etnico: lo sono nel Kosovo felicemente liberato e restituito alla democrazia della NATO e non si vede perché non debbano esserlo nei paesi dei democratici liberatori.  La ferocia della guerra si manifesta, per così dire, in due sensi: colpisce chi la subisce e corrompe chi la fa.   Contro questa inesorabile legge, naturalmente, non c’è rimozione che tenga.

19.03.’00