Regalità rétro

La caccia | Trasmessa il: 05/03/2009


    Il problema di chi fosse la più bella del reame, come forse ricorderete, era al centro degli interessi della regina matrigna di Biancaneve. Oggi, in versione, per così dire, globalizzata – qualcosa come “chi è la più bella di tutti i reami?” – non è indifferente ai moderni operatori dell'informazione. Lo si è visto poche settimane fa, quando sembrava che in margine all'incontro dei G20 a Londra dovessero incrociarsi Michelle Obama e Carla Sarkozy: due signore, che, pur senza poter essere definite in senso stretto delle strafighe (termine, tra l'altro, che un po' stonerebbe con il loro rango) sono per riconoscimento concorde piuttosto bellocce. Le aspettative dei media sulle scintille che sarebbero potute scaturire dal loro incontro non erano in nulla inferiori a quelle sui risultati dei colloqui tra i rispettivi coniugi e gli altri diciotto leader mondiali. Il confronto poi non ebbe luogo per forfait di una delle parti in causa, ma first lady e première dame ebbero comunque modo di sfiorarsi, qualche giorno dopo, al vertice NATO di Praga. Non furono stilate, in quell'occasione, delle vere e proprie graduatorie, ma dai resoconti giornalistici sembrò di di capire che Michelle avesse sopravanzato la rivale soprattutto dal punto di vista della “presenza fisica” – un termine, per la verità, un po' vago, che spesso funge da eufemismo per un più esplicito “appetibilità sessuale” – lasciandole tuttavia un netto primato quanto a eleganza del tratto e raffinatezza dell'apparire: un giudizio, come vedete, solo apparentemente salomonico, sul quale possono aver pesato, forse inconsciamente, qualche residuo razzista e un minimo di sciovinismo europeo.
    Apprendo tuttavia dal “Corriere della Sera” di martedì scorso che proprio sul piano dell'eleganza la padrona di casa dell'Eliseo ha trovato una rivale. Si presenta, costei, nella persona di Letizia Ortiz, moglie dell'erede al trono di Spagna, il principe Felipe delle Asturie. L'incontro, una vera e propria “gara di charme”, a detta del quotidiano, ha avuto luogo nel corso della visita che i Sarkozy hanno compiuto a Madrid e in Spagna era atteso con particolare interesse, tanto che El Mundo, violando la tradizionale riservatezza, aveva persino pubblicato le misure delle “sfidanti”: 90-65-89 per Carla, che ha 41 anni, e 87-59-86 per Letizia, che di anni ne ha 36. Alla cena offerta dal re Juan Carlos e dalla regina Sofia alla Zarzuela, l'ospite francese è comparsa in “abito blu elettrico e scarpe nere Christian Loubotin con tacco basso”, mentre l'Infanta si è esibita in un “vestito color ciclamino firmato da Felipe Varela ... e scarpe rosa con tacco alto e plateau”. Il match, ci assicurano da via Solferino, “si è chiuso in parità”.
    Tutto bene, dunque. Stupisce un poco, tuttavia, l'immagine con cui il “Corriere” ha illustrato in prima pagina la notizia. Di fotocolor, per la precisione, ce ne sono due, ma uno chiaramente non conta: è un formato francobollo di scarsa rilevanza grafica, con il mezzobusto dei due soggetti di profilo. Molto più significativo l'altro, due colonne in taglio centrale, in cui le due signore affiancate sono viste di schiena nell'atto di salire le scale, una posizione che, nonostante la castigatezza degli abiti, mette in assoluta evidenza i quarti posteriori di entrambe. Nella comparatio cui il lettore è implicitamente chiamato, in assenza di Michelle Obama, che se ci fosse stata lei non si avrebbe avuto partita, sembra abbastanza evidente (almeno a me) il primato della principessa delle Asturie, che, nonostante quei tre centimetri in meno di fianchi, si dimostra più capace di attirare lo sguardo sul dettaglio in questione. O forse sarà una impressione dovuta all'abito color ciclamino.
    Tutto questo, forse, non vi interesserà più che tanto. Ma può valere la pena di chiedersi i motivi per cui un giornale serio come il “Corriere” ha deciso di sbattere in prima pagina le chiappe di una futura regina e di una presidentessa in servizio. Personalmente, ci vedo qualcosa di più che non la consapevolezza che i due personaggi sono figure a tre dimensioni, che vanno viste nella loro interezza. Ci vedo un passo avanti della tendenza – se mi concedete il termine – a “velinizzare” l'universo femminile, a estendere a tutti i soggetti noti che vi appartengono gli stessi criteri di valutazione elaborati nel mondo dello spettacolo, o, meglio, del telespettacolo. L'esibizione del posteriore, si sa, è uno dei riti centrali del velinismo e se il modello velina sta progressivamente sostituendo tutti gli altri modelli femminili possibili, come ci ricordano le polemiche di casa nostra sulla formazione delle liste elettorali europee, non si vede perché a esso non si debbano sottomettere presidentesse e regine. È vero che il loro ruolo, finora, era diverso da quello, puramente decorativo, delle vallette televisive, ma i tempi cambiano in fretta e oggi i casi, appunto, di Obama e di Sarkozy dimostrano che tra gli atout del politico di successo c'è ormai quello di poter esibire al proprio fianco una compagna capace di “bucare” lo schermo tanto dal davanti quanto dal di dietro. Il caso di don Felipe delle Asturie, naturalmente, è diverso, non avendo il giovanotto bisogno alcuno di farsi eleggere, ma anche a lui, se tutto gli andrà bene, toccherà un giorno o l'altro un ruolo politico rappresentativo e non gli farà certo male un supporto di quel tipo. Le case reali, nella crisi storica del proprio ruolo, hanno trovato nelle esibizioni televisive l'unica possibile ancora di salvezza e non sarà un caso se tutte si vanno più o meno rapidamente adeguando al modello promosso con lungimiranza già da alcuni decenni dai principi di Monaco.
    Ahimè. Non c'è chi non veda come in tutto questo si nasconda l'annuncio di un impoverimento culturale dalle dimensioni epocali. Il canone della bellezza femminile, declinato nei secoli in tanti modi diversi dalla moda e dall'arte, è in corso di rapida uniformazione a opera delle comunicazioni di massa. A reginette di bellezza, attrici, eurodeputate, primedonne, presidentesse e regine si chiedono le stesse caratteristiche, le stesse movenze e le stesse esibizioni. Gli zelatori di Berlusconi ci spiegano dai talk show che il fenomeno ha una sua valenza democratica, perché se esistono le veline è giusto che anch'esse abbiano la possibilità di salire ai piani alti della rappresentanza istituzionale, e trascurano accuratamente il fatto che questa possibilità, se mai, viene concessa soltanto a chi riesce ad adeguarsi senza residui al modello dato. La “bellezza” (con le virgolette), in questa prospettiva, è al tempo stesso premio, obbligo e condanna, nel senso che va perseguita costi quel che costi a pena dell'esclusione. E visto che l'impegno è gravoso, perché molte sono le chiamate e poche le elette, si capisce perché ogni confronto, anche al vertice, sia vissuto o presentato, come nei casi che abbiamo visto, in termini di “rivalità” o di “sfida”.
    Il principio opposto, quello per cui non può esistere un paradigma obbligato, ma ciascuno, uomo o donna, deve essere libero di cercare in se stesso e negli altri le possibilità di fascinazione che più gli aggradano, era espresso in quel vecchio slogan femminista che voleva che tutte le donne fossero belle. Non era un paradosso, come a volte fu interpretato, ma una proposta di liberazione radicale, valida per entrambe le metà del cielo. Ma naturalmente si tratta dell'eco di una stagione di lotte sepolta (perché seppellire la si è voluta) sotto le macerie del muro di Berlino.

    03.05.'09