Non si può certo sostenere, con tutta la buona volontà, che Rebus, l’ultimo
romanzo di Henry Porter, scrittore inglese di spy stories già noto in Italia
per il precedente Una vita da spia, sia un libro di sconvolgente originalità.
Si tratta, anzi, di un’opera che ripropone in blocco le convenzioni
del romanzo spionistico alla Le Carré e alla Forsythe, intrecciando a una
trama base di tipo sensazionale, fondata sulla cronaca di questi nostri
tempi difficili, un certo numero di futili intrighi ai vertici del Servizio
Segreto britannico, tutti riconducibili, in ultima analisi, all’eterno
problema del rapporto con gli odiati e amati “cugini” della grande Agenzia
di oltreoceano. Ma fa piacere, ogni tanto, incontrare un autore
che non si lascia sopraffare dalle mode correnti (soprattutto se si tiene
conto di quali siano le mode che corrono oggi) e nessuno potrà negare che
Empire State, per restituirgli il titolo originale, sia un solido thrillerone,
capace di imporsi con perentorietà sul piano dell’intrattenimento e di
tenere agganciato il lettore fino alla fine nonostante la mole. La
storia di Isis Herrick, abile funzionaria del MI6, che, a onta degli sforzi
di un gruppo di dirigenti particolarmente inetti, inesorabilmente convinti
del fatto che un’agente donna non possa dedicarsi ad altro che alle indagini
di routine, riesce a mettere in luce, praticamente da sola, un elaborato
complotto internazionale, sventando un progetto terroristico capace di
fare impallidire, al confronto, il ricordo dell’attacco alle torri gemelle,
non è forse tra le più credibili che si possano incontrare, ma è svolta
con competenza, sobrietà di impostazione e un forte senso delle situazioni
drammatiche. E poi Porter, proprio come gli autori cui fa così evidentemente
riferimento, ha la capacità di rendere la sua trama più plausibile di quanto
effettivamente non sia trattando i personaggi e i particolari documentari
con il più scrupoloso realismo e tutto, dal punto di vista narrativo, funziona
alla perfezione. Per cui non lasciatevi sgomentare dalle complessità
dell’intreccio, complicato, come è di rigore nel sottogenere, dai tradizionali
rimandi al passato dei personaggi, non perdete di vista la situazione centrale
e buona lettura. Oltretutto, vedrete che il ragazzo sa scrivere e
il traduttore italiano anche, il che, per una volta, non guasta.
11.04.’05
Henry Porter, Rebus (Empire State, 2003), tr. it. Fabrizio Pezzoli, "Omnibus" – Mondadori, pp. 497, € 18,50