Questo è il mio sangue | Matteo Bortolotti

Gialloliva | Trasmessa il: 12/05/2005



Vi ricordate Duca Lamberti, l’eroe dei quattro thriller di Giorgio Scerbanenco, dai quali si fa comunemente discendere il nuovo giallo italiano d’azione, no?  Era un medico, votato quindi al servizio dell’umanità sofferente, ma interpretava le sue responsabilità in senso più ampio di quanto consentissero le norme stabilite, per cui aveva praticato un’eutanasia, era finito per tre anni in galera e, uscitone, si era trovato sciolto da impegni e convenzioni sociali, libero – quindi – di seguire il proprio destino di eroe nero.  Be’, sembrerebbe che trentacinque anni dopo la sua figura si sia reincarnata in quel di Bologna, magari in forme un poco più caricate, come si addice ai nostri tempi duri.  Walter Maggiorani, il protagonista del giallo di esordio di Matteo Bortolotti, un brillante venticinquenne che l’editore presenta come l’ultima entry  della gloriosa scuola bolognese, è addirittura un ex prete che ha ucciso, per motivi che emergeranno nel romanzo, un boss della mala, facendosi una certa fama popolare di giustiziere.  Questo non gli ha evitato la galera, naturalmente, ma dopo quattro anni ne è uscito, per intercessione di un alto prelato (“il Cardinale”, una figura antipaticissima di ciccione che ricorda i cattivi dei racconti pulp), che gli ha imposto la penitenza di regolare brevi manu, se necessario a colpi di arma da fuoco, gli affari sporchi di Santa Madre Chiesa.  Trasformato così in una specie di killer ecclesiastico, il nostro eroe è libero di aggirarsi in una Bologna nerissima, tutta mercanti di armi, di droga e di carne umana, massacrando chi merita di essere massacrato, coinvolgendo, di passaggio, anche qualcuno che c’entra solo fino a un certo punto e cercando di dominare come può i propri incubi e le proprie pulsioni omicide.  In questo romanzo dovrebbe trovare le tracce di una signorina di buona famiglia che al Cardinale sembra stare a cuore ed è misteriosamente scomparsa, ma è soprattutto impegnato a risolvere i guai di un ex compagno di cella, un protettore albanese la cui ragazza è stata ridotta in fin di vita chissà da chi.  È ovvio che i due casi siano collegati, secondo la tradizione del genere, ma la vicenda, più che su una trama riconoscibile, si regge sulla evocazione di un clima disperato e violento, di una realtà impermeabile a qualsiasi tentativo di redenzione, a onta degli sforzi congiunti di preti e giustizieri di vario tipo.  Insomma, un prodotto programmaticamente esagerato, una esibizione di pessimismo socioesistenziale che sembra stranamente in contrasto con la faccia da bravo bambino che l’autore esibisce in quarta di copertina.  Ma la prosa di Matteo Bortolotti, in realtà, è intonata su un registro troppo cupo per essere presa sul serio dal principio alla fine: appena si prova a leggerla con uno spirito appena un po’ distaccato ci si accorge che in fondo l’autore, con tutte queste esagerazioni,  si diverte parecchio.  Il suo è un gioco eminentemente letterario sulle convenzioni e la tradizione del noir e visto che il ragazzo indubbiamente sa scrivere nulla impedisce che anche il lettore possa ricavarne la sua parte di divertimento.  Ma con cautela, mi raccomando.

05.12.’05

Matteo Bortolotti, Questo è il mio sangue, Colorado noir, pp. 263, € 14,00