Questo è il fin di chi fa mal

Racconti | Questo è il fin di chi fa mal, in "Delitti di carta" 5, ottobre 1999; poi, con il titolo Quell’alma ingrata, in "M – Rivista del mistero" 17, 2004



Le due donne sedevano l’una di fronte all’altra, nella veranda.  Nel giardino profumato, sotto di loro, stavano calando le ombre del crepuscolo.  Le prime farfalle notturne avevano cominciato a volare attorno alla siepe dei gelsomini.  Faceva già abbastanza fresco, per la stagione.
      “Non riesco proprio a crederlo” ripeté la padrona di casa, una bella donna bruna, piuttosto formosa, stringendosi lo scialle nero attorno alle spalle ben tornite.
Era perplessa.  Quando l’altra le si era presentata, aveva creduto che si trattasse di una delle solite visite di condoglianze che scandivano, da un paio di settimane, le sue giornate.  Ma dopo poche parole stentate sulla grave perdita che aveva subito e su quanto le si sentisse vicina, la visitatrice aveva subito cominciato a lamentarsi di suo marito.  Era una situazione davvero imbarazzante.  Anche perché quella donna, a ben vedere, le era sempre stata piuttosto antipatica.
      “Deve credermi, invece ” si sentì rispondere con una voce tesa, stanca, in cui vibrava, tuttavia, una riconoscibilissima nota di impazienza.  “Mi ha reso la vita un inferno.  Mi ha tradito.  Mi ha sempre tradito, dal primo giorno.  Lei non sa di che razza di uomo si tratti. ”
      Non riusciva davvero a crederci.  Lei, in realtà, conosceva il marito della sua ospite praticamente da sempre e da sempre lo aveva considerato un uomo di costumi irreprensibili, assolutamente incapace di fare un torto a chicchessia, e meno che mai a una moglie di cui, stando a quanto raccontavano le solite amiche ben informate, era preso fino all’infatuazione.  Ma di fronte a una dichiarazione tanto esplicita, non poteva certo dar voce a queste sue convinzioni.
      “Ne è proprio sicura?” si limitò a chiedere, debolmente.
      “Certo che ne sono sicura” scattò l’altra.  “ Si figuri che eravamo sposati da pochi giorni quando l’ho scoperto mentre diceva delle sciocchezze alla mia cameriera.”
      La padrona di casa si permise un sorriso.  Tutti in città sapevano che la cameriera in questione era una brava ragazza, ma, per così dire, un po’ esuberante, un po’ troppo propensa a scherzare con gli uomini.  Che avesse civettato un po’ con il marito della sua padrona… be’, questo era assolutamente plausibile.  Che questi le avesse dato retta, tuttavia, poteva crederlo soltanto una donna pazzamente gelosa, come quella che gli sedeva davanti.
      “Tutto qui?” si azzardò a dire.  “Guardi che…”
      “Oh, so già. quello che mi vorrebbe dire.  Che non bisogna badare a delle sciocchezze del genere, che è tutta colpa del carattere di quella ragazza,  delle cose così…  Me l’hanno già detto.  Ma io non ci credo.  Anche perché un paio di giorni dopo…”
      La visitatrice ebbe un attimo di esitazione.
      “Un paio di giorni dopo?” la incoraggiò la padrona di casa.  Chissà che idee si era messe in testa, quella strana donna.
      “Un paio di giorni dopo mi disse che doveva dare un ricevimento per i suoi dipendenti, nella villa di campagna.  Si era sposato il  fattore, o qualcosa del genere.”
      “Be’, in questo non c’è niente di strano.  Questi impegni sono praticamente un dovere sociale, per chi è nella nostra posizione.  Anche a casa nostra, ricordo, ogni tanto…”
      “Ma si figuri!  Mi aveva detto che non era necessario che io fossi presente, che sarebbe stata una cosa noiosa.”
“È sempre stato un uomo così premuroso…”
“Sì, premuroso.  Un uomo prudente, vuol dire.  Io, naturalmente, ci sono andata lo stesso.”
“Naturalmente” ripeté la padrona di casa con un pizzico d’ironia.
“Non se lo aspettava di certo.  E sa cosa ho trovato?  La villa era piena di ragazze, mezze ubriache, per di più.  Ce n’erano dappertutto: nella galleria, in giardino, nelle camere.  Doveva vederle come davano spettacolo.”
“Se era un ricevimento per le nozze del fattore, probabilmente erano ragazze di campagna” cercò di farle notare l’altra.  “Non è logico aspettarsi che conoscano le regole di comportamento che si addicono a delle vere signore…”
“Io in casa mia donne di quel genere non ne voglio!  E la moglie, poi...  Una ragazzotta volgare, con un’aria da svergognata che non le dico.  Gli girava continuamente attorno, facendo quasi impazzire quel poveretto di suo marito, e lui continuava a farle le smancerie più ridicole.  Evidentemente avevano in piedi chissà quale tresca, alle mie spalle.”
      La padrona di casa sospirò.  Sapeva che quelli, in fondo, non erano affari suoi, ma sentiva il bisogno di difendere il suo vecchio amico da un’accusa così sicuramente infondata.  Non ne conosceva i dipendenti, naturalmente, e non aveva la minima idea di chi avesse sposato il fattore, ma era sicura che se, prima del matrimonio, ci fosse stato qualcosa tra lei e il datore di lavoro del suo fidanzato la notizia si sarebbe sparsa chissà da quanto tempo.  La società cittadina era tanto pettegola…
      “Non credo proprio che suo marito potesse conoscere quella donna ” azzardò.  “Come avrebbe potuto?  Probabilmente l’ha vista per la prima volta soltanto al matrimonio.”
      “E crede che questo l’avrebbe trattenuto?  Con una sfrontata simile?  L’avrà trovato ancora più eccitante.  Ho imparato a conoscerlo, sa?”
      La padrona di casa si sforzò di essere ragionevole.  “Sono sicura che lo conosce benissimo” disse, cercando di eliminare dalla sua voce qualsiasi sfumatura che potesse suonare sarcastica.   Non per niente lo ha sposato.  Ma ammetterà anche lei che quelli che mi ha citato finora non sono dei fatti precisi.   Al massimo, parlerei di comportamenti criticabili, un po’ indiscreti, magari, ma spiegabilissimi, viste le circostanze.  E in sostanza non sono neanche dei comportamenti suoi…”
      “Comportamenti criticabili?  Le circostanze?”  La visitatrice alzò di scatto la bella testa bionda.  Sotto il tono controllato della sua voce, era facile cogliere una vibrazione minacciosa.  “Quando mi sono resa conto di che tipo era, ho cominciato a guardarmi attorno.  E ne ho scoperte, di cose…”
      Quella donna parlava davvero in modo bizzarro.  C’era qualcosa, in lei, che non riusciva a convincerla.  Era davvero un po’ strana.  Sì, strana era la parola giusta.
“Che cosa ha scoperto?”
“Che era un esaltato.”
“Mi scusi?”
“Sì, un esaltato.  Un maniaco.  In pratica andava con tutte.”
“Con tutte?”
“Con tutte. Non ce n’era una che non gli piacesse, glielo assicuro.  Bionde, brune, grasse, magre, giovani, vecchie, povere, ricche!   Probabilmente per non confondersi doveva tenere una lista.  Anzi, scommetto che se la faceva tenere aggiornata dal suo segretario.”
Sì, figuriamoci.  “Ma cosa dice…” cercò di calmarla, con tatto.
“Dovrebbe averlo capito anche lei.”
“Anch’io?”
“Sì, anche lei.  Non vorrei offenderla…”
“Non vedo proprio come potrei sentirmi offesa.”
“Sì, certo.  Non volevo fare allusioni, mi scusi.  Quella volta non ho detto niente, per non turbarla, visto che era in lutto e tutto il resto, ma si ricorda di quando ci siamo incontrati, pochi giorni dopo la morte del suo povero signor padre?  Forse avrà notato che tra di noi c’era un po’ di tensione: avevamo avuto qualcosa da dire.  E lui ha avuto il coraggio di farle una proposta, lì, davanti a tutti, in quelle circostanze, con me presente!”
      Questa proprio non se l’era aspettata.  In tanti anni, il suo vecchio amico non si era mai dimostrato, nei suoi confronti, meno che corretto.  Anzi, doveva ammettere, tra sé e sé, che la cosa, a suo tempo, un po’ le era dispiaciuta.  E adesso cosa le toccava sentire?  
      “Una proposta?” chiese, perplessa.
      “Non mi fraintenda, la prego.  Sono sicura che lei non se ne sarà neanche accorta, povera cara.  Ma lui…”
      “No, no, aspetti.  Mi ricordo benissimo.  Abbiamo parlato della morte di mio padre, io gli ho detto che contavamo su di lui – sa, le nostre famiglie si conoscono da tanto tempo – e lui mi ha risposto, da quel vero gentiluomo che era, di considerarlo a mia completa disposizione.  Tutto qui.”
      “Altro che tutto qui!  Le ha detto che in qualsiasi cosa lei desiderasse era pronto a servirla e che avrebbe potuto sempre trovarlo a casa sua.”
      “E allora?”
      “Ma non capisce?  A casa sua!  Le ha proposto di farle visita a casa sua!  A casa nostra!   A una signora come lei!  A una donna in lutto!”
      La padrona di casa studiò pensierosa la sua interlocutrice. Nel viso magro, espressivo, gli occhi ardevano di una luce febbrile.   La sua non era semplice gelosia: era qualcosa d’altro, qualcosa di più preoccupante.  Era…  era una specie di follia contenuta.   Altro che strana: quella donna era completamente pazza.  Povera ragazza, pensò.
D’altronde, era anche vero che l’accenno al segretario, per assurdo che fosse, le aveva fatto venire in mente qualcosa che sentiva il bisogno di dire.  Non poteva fare la figura di quella che non sa niente, della scema cui si può raccontare tranquillamente qualsiasi cosa.
      “Lei prima ha citato il segretario di suo marito” cominciò, con l’aria di chi fa un’osservazione di poco conto, ma cercando di far sentire nella sua voce tutta la perfidia di cui era capace.  “A me, a dire il vero, è sempre sembrato che quell’uomo le fosse, come dire… particolarmente devoto.  Non era proprio in sua compagnia che mi è capitato di incontrarla un paio di volte, quando lui era fuori città?”
      Per quanto ben studiata, la stoccata andò completamente a vuoto.
      “Era lui!”  La voce della visitatrice si era impennata in uno scatto d’ira isterica davvero impressionante.  “Era lui a costringermi!   Sempre in giro, sempre dietro alle sue storie, e io sempre sola, sempre abbandonata in casa…  Era lui che voleva che lo frequentassi, che me lo imponeva, quasi, come fosse un suo sostituto.  E glielo assicuro: dopo un po’ mi sono quasi abituata.  Quell’uomo era l’unica persona che mi stesse vicino: certe volte mi sembrava che fosse lui mio marito…”
      La frase si perse in un singhiozzare disperato.
La padrona di casa si pentì subito della sua cattiveria.  Di fronte a tanta disperazione, non sapeva davvero che cosa dire.  “Via… la prego…  si calmi…” tentò di rimediare.  “Glielo ripeto: sono sicura che si è sbagliata, che ha interpretato male degli episodi, in sé, normalissimi...  Vedrà che si sistemerà tutto.”
“Non si sistemerà più niente.”
La visitatrice era evidentemente in preda a qualche forte emozione. E aveva usato un tono di voce così cupo, così disperato, da far venire i brividi.
“Scusi?”
“È tutto finito.  Per sempre.”
All’improvviso, la signora in lutto si rese conto che l’altra, parlando del marito, aveva sempre usato il tempo passato.
“Cosa…  Cosa intende dire?” chiese con un filo di voce.
“Non mi tradirà più.  È morto.”
“È…  è morto?”
“È stato punito per le sue colpe.”
Era strano, ma era assolutamente sicura che quella povera pazza stesse dicendo la verità.  Il suo amico era morto davvero.
“Ma cosa è successo?”
“È stata la vendetta del cielo.”
La pazza, adesso, parlava con una specie di calma innaturale.  Innaturale e…  minacciosamente compiaciuta.   La padrona di casa si rese conto che quel tono poteva significare una cosa sola.
“L’ha…  l’ha ucciso lei?”
“ È stata la vendetta del cielo, glielo ripeto” disse la visitatrice, impassibile.  “Io sono stata solo…  come dire… l’esecutrice.  Lo strumento.  La morte dei perfidi è sempre uguale alla loro vita.”
Morto. Il più perfetto, il più nobile cavaliere di Siviglia, l’uomo che lei aveva sempre amato disperatamente in segreto, era morto, ucciso da quella pazza gelosa che le stava davanti.  Si strinse ancora di più nello scialle: si sentiva sprofondare in un abisso di orrore.  Ma sentiva anche prorompere in sé la volontà di vendetta.  Gliela avrebbe fatta pagare, a quella megera.  Voleva vederla sul patibolo.
“E adesso cosa crede di fare?” scattò.
“Adesso, naturalmente, devo liberarmi del corpo.”
Così, senza battere ciglio.
“E, naturalmente, ho bisogno di aiuto.  Non posso farlo seppellire nella nostra proprietà.  Troppo pericoloso.  Ma la sua è tanto più vasta…  E quella del suo fidanzato ancora di più.  Per non dire che nessuno, naturalmente, andrebbe a curiosare nelle vostre terre.  Le vostre sono famiglie che contano.”
“E cosa le fa pensare che intendiamo aiutarla?”  L’impudenza di quella disgraziata era incredibile.  “Esca da casa mia!  Mi rivolgerò immediatamente a chi di dovere e vedrà che…”
“Oh, no.  Lei non si rivolgerà proprio a nessuno.”  La voce della visitatrice era tornata calmissima.  “A meno, naturalmente, che voglia che tutti sappiano come è morto il suo signor padre.”
“Mio padre, come sanno tutti, è stato assassinato da un sicario penetrato di notte nel nostro palazzo.  Aveva molti nemici e...”
“Sì, figuriamoci.  Lei prima ha detto di avermi incontrato ogni tanto con Leporello, il segretario di mio marito, no?  Be’, eravamo proprio sotto il suo palazzo, quella notte.  Sa, due passi per…  per prendere il fresco in giardino.  I nostri giardini, come sa, sono confinanti.  E indovini chi abbiamo visto sgaiattolare fuori dalla porta della scala dei suoi appartamenti?”
“Chi…  avete…  visto…”
“Il suo bello, appunto.  In maniche di camicia.  Una camicia, guarda un po’, tutta macchiata di sangue.  E aveva ancora la spada in mano.  Il Commendatore vi aveva sorpresi insieme, vero?  E anche se lui era il suo fidanzato, non poteva certo permettere che sua figlia…  Per cui…”
Quel cretino di Ottavio!  Le aveva assicurato che non l’aveva visto nessuno.  E che nessuno avrebbe messo in discussione la storia del sicario.
“Non ho la minima intenzione di sposarlo” precisò, glaciale.
“Mi compiaccio con lei.  Ma, a questo punto, lo capisce anche lei, se si venisse a sapere che cosa è successo davvero, ci sarebbero delle conseguenze, ehm, molto sgradevoli.  Per tutti e due.  Invece, con un po’ di collaborazione…”
Non c’era niente da fare.  Avrebbe dovuto fare quello che voleva quella pazza pericolosa.
“Anche se lei riuscisse a disfarsi del corpo” obiettò “resterebbe il problema della sua scomparsa.  Lo cercherebbero, si chiederebbero dov’è finito, farebbero delle indagini…”
“È qui che entra in ballo lei” replicò Donna Elvira, imperturbabile.  “Se solo confidasse a un paio di amiche, delle amiche scelte con cura, che è stato lui a uccidere il Commendatore…”
“E perché mai suo marito avrebbe dovuto uccidere mio padre?”
“Ah, questo non lo so.  Magari era con lui che suo padre l’ha sorpresa…  No, questo no: non lo potrebbe dire senza accusare se stessa.  Facciamo così: dica che l’ha aggredita.”
“Che mi ha aggredita?”
“Sì.  Che è entrato di notte in casa sua e ha cercato di farle la festa.”
“Non capisco che cosa intenda dire.”
“Di farle la festa.  Di scoparsela.   E non faccia quella faccia, scommetto che le sarebbe piaciuto.  Ho una mezza idea che don Ottavio, a letto, non sia niente di speciale.  Dunque, lui entra e le si butta addosso.  Poi, all’improvviso, arriva suo padre e zac!  Un bel colpo di spada in pieno petto.”
“E allora?”
La visitatrice si lasciò fuggire un sogghigno compiaciuto.
“E allora, se scegliesse bene le amiche, in due giorni lo saprebbe tutta Siviglia. Mio marito diventerebbe, agli occhi di tutti, uno spregevole assassino, uno stupratore mancato.  Non lo cercherebbe nessuno.  Direbbero che se l’è portato via il diavolo in persona.  O il fantasma di suo padre, se preferisce.”
Eh sì, lo avrebbero proprio considerato uno spregevole assassino.  Uno stupratore mancato.  E non solo quello.  Anche Donna Elvira avrebbe fatto le sue confidenze a qualcuno scelto con cura, c’era da scommetterlo.  E tutti avrebbero pensato che quella povera anima faceva la corte alle cameriere, e aveva cercato di sedurre la moglie del suo fattore alla festa di matrimonio, e faceva tenere al suo segretario la lista delle sue conquiste, e aveva praticamente buttato la moglie nelle braccia di un suo dipendente …   E lei non poteva farci niente.  Doveva cedere alla volontà di quella maledetta arpia.
Povero Don Giovanni, così serio, così nobile, così discreto.  Lo avrebbero considerato un libertino, un dissoluto.  Il più perfido, infame seduttore che mai si fosse visto a Siviglia..  .
      “Mi spieghi esattamente cosa vuole che faccia” si arrese Donna Anna  con un sospiro.
Carlo Oliva

Questo è il fin di chi fa mal, in "Delitti di carta" 5, ottobre 1999; poi, con il titolo Quell’alma ingrata, in "M – Rivista del mistero" 17, 2004