Le due donne sedevano l’una di fronte
all’altra, nella veranda. Nel giardino profumato, sotto di loro,
stavano calando le ombre del crepuscolo. Le prime farfalle notturne
avevano cominciato a volare attorno alla siepe dei gelsomini. Faceva
già abbastanza fresco, per la stagione.
“Non riesco proprio a crederlo” ripeté la padrona
di casa, una bella donna bruna, piuttosto formosa, stringendosi lo scialle
nero attorno alle spalle ben tornite.
Era perplessa. Quando l’altra le si era presentata, aveva creduto
che si trattasse di una delle solite visite di condoglianze che scandivano,
da un paio di settimane, le sue giornate. Ma dopo poche parole stentate
sulla grave perdita che aveva subito e su quanto le si sentisse vicina,
la visitatrice aveva subito cominciato a lamentarsi di suo marito. Era
una situazione davvero imbarazzante. Anche perché quella donna, a
ben vedere, le era sempre stata piuttosto antipatica.
“Deve credermi, invece ” si sentì rispondere con
una voce tesa, stanca, in cui vibrava, tuttavia, una riconoscibilissima
nota di impazienza. “Mi ha reso la vita un inferno. Mi ha
tradito. Mi ha sempre tradito, dal primo giorno. Lei non sa
di che razza di uomo si tratti. ”
Non riusciva davvero a crederci. Lei, in realtà,
conosceva il marito della sua ospite praticamente da sempre e da sempre
lo aveva considerato un uomo di costumi irreprensibili, assolutamente incapace
di fare un torto a chicchessia, e meno che mai a una moglie di cui, stando
a quanto raccontavano le solite amiche ben informate, era preso fino all’infatuazione.
Ma di fronte a una dichiarazione tanto esplicita, non poteva certo
dar voce a queste sue convinzioni.
“Ne è proprio sicura?” si limitò a chiedere, debolmente.
“Certo che ne sono sicura” scattò l’altra. “
Si figuri che eravamo sposati da pochi giorni quando l’ho scoperto mentre
diceva delle sciocchezze alla mia cameriera.”
La padrona di casa si permise un sorriso. Tutti
in città sapevano che la cameriera in questione era una brava ragazza,
ma, per così dire, un po’ esuberante, un po’ troppo propensa a scherzare
con gli uomini. Che avesse civettato un po’ con il marito della
sua padrona… be’, questo era assolutamente plausibile. Che questi
le avesse dato retta, tuttavia, poteva crederlo soltanto una donna pazzamente
gelosa, come quella che gli sedeva davanti.
“Tutto qui?” si azzardò a dire. “Guardi
che…”
“Oh, so già. quello che mi vorrebbe dire. Che
non bisogna badare a delle sciocchezze del genere, che è tutta colpa del
carattere di quella ragazza, delle cose così… Me l’hanno
già detto. Ma io non ci credo. Anche perché un paio di giorni
dopo…”
La visitatrice ebbe un attimo di esitazione.
“Un paio di giorni dopo?” la incoraggiò la padrona
di casa. Chissà che idee si era messe in testa, quella strana donna.
“Un paio di giorni dopo mi disse che doveva dare
un ricevimento per i suoi dipendenti, nella villa di campagna. Si
era sposato il fattore, o qualcosa del genere.”
“Be’, in questo non c’è niente di strano. Questi
impegni sono praticamente un dovere sociale, per chi è nella nostra posizione.
Anche a casa nostra, ricordo, ogni tanto…”
“Ma si figuri! Mi aveva detto che non era
necessario che io fossi presente, che sarebbe stata una cosa noiosa.”
“È sempre stato un uomo così premuroso…”
“Sì, premuroso. Un uomo prudente, vuol dire. Io, naturalmente,
ci sono andata lo stesso.”
“Naturalmente” ripeté la padrona di casa con un pizzico d’ironia.
“Non se lo aspettava di certo. E sa cosa ho trovato? La villa
era piena di ragazze, mezze ubriache, per di più. Ce n’erano dappertutto:
nella galleria, in giardino, nelle camere. Doveva vederle come davano
spettacolo.”
“Se era un ricevimento per le nozze del fattore, probabilmente erano ragazze
di campagna” cercò di farle notare l’altra. “Non è logico aspettarsi
che conoscano le regole di comportamento che si addicono a delle vere signore…”
“Io in casa mia donne di quel genere non ne voglio! E la moglie,
poi... Una ragazzotta volgare, con un’aria da svergognata che non
le dico. Gli girava continuamente attorno, facendo quasi impazzire
quel poveretto di suo marito, e lui continuava a farle le smancerie più
ridicole. Evidentemente avevano in piedi chissà quale tresca, alle
mie spalle.”
La padrona di casa sospirò. Sapeva che quelli,
in fondo, non erano affari suoi, ma sentiva il bisogno di difendere il
suo vecchio amico da un’accusa così sicuramente infondata. Non ne
conosceva i dipendenti, naturalmente, e non aveva la minima idea di chi
avesse sposato il fattore, ma era sicura che se, prima del matrimonio,
ci fosse stato qualcosa tra lei e il datore di lavoro del suo fidanzato
la notizia si sarebbe sparsa chissà da quanto tempo. La società cittadina
era tanto pettegola…
“Non credo proprio che suo marito potesse conoscere
quella donna ” azzardò. “Come avrebbe potuto? Probabilmente
l’ha vista per la prima volta soltanto al matrimonio.”
“E crede che questo l’avrebbe trattenuto? Con
una sfrontata simile? L’avrà trovato ancora più eccitante. Ho
imparato a conoscerlo, sa?”
La padrona di casa si sforzò di essere ragionevole.
“Sono sicura che lo conosce benissimo” disse, cercando di eliminare
dalla sua voce qualsiasi sfumatura che potesse suonare sarcastica.
Non per niente lo ha sposato. Ma ammetterà anche lei che quelli che
mi ha citato finora non sono dei fatti precisi. Al massimo, parlerei
di comportamenti criticabili, un po’ indiscreti, magari, ma spiegabilissimi,
viste le circostanze. E in sostanza non sono neanche dei comportamenti
suoi…”
“Comportamenti criticabili? Le circostanze?”
La visitatrice alzò di scatto la bella testa bionda. Sotto
il tono controllato della sua voce, era facile cogliere una vibrazione
minacciosa. “Quando mi sono resa conto di che tipo era, ho cominciato
a guardarmi attorno. E ne ho scoperte, di cose…”
Quella donna parlava davvero in modo bizzarro. C’era
qualcosa, in lei, che non riusciva a convincerla. Era davvero un
po’ strana. Sì, strana era la parola giusta.
“Che cosa ha scoperto?”
“Che era un esaltato.”
“Mi scusi?”
“Sì, un esaltato. Un maniaco. In pratica andava con tutte.”
“Con tutte?”
“Con tutte. Non ce n’era una che non gli piacesse, glielo assicuro. Bionde,
brune, grasse, magre, giovani, vecchie, povere, ricche! Probabilmente
per non confondersi doveva tenere una lista. Anzi, scommetto che
se la faceva tenere aggiornata dal suo segretario.”
Sì, figuriamoci. “Ma cosa dice…” cercò di calmarla, con tatto.
“Dovrebbe averlo capito anche lei.”
“Anch’io?”
“Sì, anche lei. Non vorrei offenderla…”
“Non vedo proprio come potrei sentirmi offesa.”
“Sì, certo. Non volevo fare allusioni, mi scusi. Quella volta
non ho detto niente, per non turbarla, visto che era in lutto e tutto il
resto, ma si ricorda di quando ci siamo incontrati, pochi giorni dopo la
morte del suo povero signor padre? Forse avrà notato che tra di noi
c’era un po’ di tensione: avevamo avuto qualcosa da dire. E lui
ha avuto il coraggio di farle una proposta, lì, davanti a tutti, in quelle
circostanze, con me presente!”
Questa proprio non se l’era aspettata. In
tanti anni, il suo vecchio amico non si era mai dimostrato, nei suoi confronti,
meno che corretto. Anzi, doveva ammettere, tra sé e sé, che la cosa,
a suo tempo, un po’ le era dispiaciuta. E adesso cosa le toccava
sentire?
“Una proposta?” chiese, perplessa.
“Non mi fraintenda, la prego. Sono sicura
che lei non se ne sarà neanche accorta, povera cara. Ma lui…”
“No, no, aspetti. Mi ricordo benissimo. Abbiamo
parlato della morte di mio padre, io gli ho detto che contavamo su di lui
– sa, le nostre famiglie si conoscono da tanto tempo – e lui mi ha risposto,
da quel vero gentiluomo che era, di considerarlo a mia completa disposizione.
Tutto qui.”
“Altro che tutto qui! Le ha detto che in qualsiasi
cosa lei desiderasse era pronto a servirla e che avrebbe potuto sempre
trovarlo a casa sua.”
“E allora?”
“Ma non capisce? A casa sua! Le ha proposto
di farle visita a casa sua! A casa nostra! A una signora come
lei! A una donna in lutto!”
La padrona di casa studiò pensierosa la sua interlocutrice.
Nel viso magro, espressivo, gli occhi ardevano di una luce febbrile.
La sua non era semplice gelosia: era qualcosa d’altro, qualcosa di più
preoccupante. Era… era una specie di follia contenuta.
Altro che strana: quella donna era completamente pazza. Povera ragazza,
pensò.
D’altronde, era anche vero che l’accenno al segretario, per assurdo che
fosse, le aveva fatto venire in mente qualcosa che sentiva il bisogno di
dire. Non poteva fare la figura di quella che non sa niente, della
scema cui si può raccontare tranquillamente qualsiasi cosa.
“Lei prima ha citato il segretario di suo marito”
cominciò, con l’aria di chi fa un’osservazione di poco conto, ma cercando
di far sentire nella sua voce tutta la perfidia di cui era capace. “A
me, a dire il vero, è sempre sembrato che quell’uomo le fosse, come dire…
particolarmente devoto. Non era proprio in sua compagnia che mi è
capitato di incontrarla un paio di volte, quando lui era fuori città?”
Per quanto ben studiata, la stoccata andò completamente
a vuoto.
“Era lui!” La voce della visitatrice si era
impennata in uno scatto d’ira isterica davvero impressionante. “Era
lui a costringermi! Sempre in giro, sempre dietro alle sue storie,
e io sempre sola, sempre abbandonata in casa… Era lui che voleva
che lo frequentassi, che me lo imponeva, quasi, come fosse un suo sostituto.
E glielo assicuro: dopo un po’ mi sono quasi abituata. Quell’uomo
era l’unica persona che mi stesse vicino: certe volte mi sembrava che
fosse lui mio marito…”
La frase si perse in un singhiozzare disperato.
La padrona di casa si pentì subito della sua cattiveria. Di fronte
a tanta disperazione, non sapeva davvero che cosa dire. “Via… la
prego… si calmi…” tentò di rimediare. “Glielo ripeto: sono
sicura che si è sbagliata, che ha interpretato male degli episodi, in sé,
normalissimi... Vedrà che si sistemerà tutto.”
“Non si sistemerà più niente.”
La visitatrice era evidentemente in preda a qualche forte emozione. E aveva
usato un tono di voce così cupo, così disperato, da far venire i brividi.
“Scusi?”
“È tutto finito. Per sempre.”
All’improvviso, la signora in lutto si rese conto che l’altra, parlando
del marito, aveva sempre usato il tempo passato.
“Cosa… Cosa intende dire?” chiese con un filo di voce.
“Non mi tradirà più. È morto.”
“È… è morto?”
“È stato punito per le sue colpe.”
Era strano, ma era assolutamente sicura che quella povera pazza stesse
dicendo la verità. Il suo amico era morto davvero.
“Ma cosa è successo?”
“È stata la vendetta del cielo.”
La pazza, adesso, parlava con una specie di calma innaturale. Innaturale
e… minacciosamente compiaciuta. La padrona di casa si rese
conto che quel tono poteva significare una cosa sola.
“L’ha… l’ha ucciso lei?”
“ È stata la vendetta del cielo, glielo ripeto” disse la visitatrice,
impassibile. “Io sono stata solo… come dire… l’esecutrice.
Lo strumento. La morte dei perfidi è sempre uguale alla loro
vita.”
Morto. Il più perfetto, il più nobile cavaliere di Siviglia, l’uomo che
lei aveva sempre amato disperatamente in segreto, era morto, ucciso da
quella pazza gelosa che le stava davanti. Si strinse ancora di più
nello scialle: si sentiva sprofondare in un abisso di orrore. Ma
sentiva anche prorompere in sé la volontà di vendetta. Gliela avrebbe
fatta pagare, a quella megera. Voleva vederla sul patibolo.
“E adesso cosa crede di fare?” scattò.
“Adesso, naturalmente, devo liberarmi del corpo.”
Così, senza battere ciglio.
“E, naturalmente, ho bisogno di aiuto. Non posso farlo seppellire
nella nostra proprietà. Troppo pericoloso. Ma la sua è tanto
più vasta… E quella del suo fidanzato ancora di più. Per non
dire che nessuno, naturalmente, andrebbe a curiosare nelle vostre terre.
Le vostre sono famiglie che contano.”
“E cosa le fa pensare che intendiamo aiutarla?” L’impudenza di
quella disgraziata era incredibile. “Esca da casa mia! Mi
rivolgerò immediatamente a chi di dovere e vedrà che…”
“Oh, no. Lei non si rivolgerà proprio a nessuno.” La voce
della visitatrice era tornata calmissima. “A meno, naturalmente,
che voglia che tutti sappiano come è morto il suo signor padre.”
“Mio padre, come sanno tutti, è stato assassinato da un sicario penetrato
di notte nel nostro palazzo. Aveva molti nemici e...”
“Sì, figuriamoci. Lei prima ha detto di avermi incontrato ogni tanto
con Leporello, il segretario di mio marito, no? Be’, eravamo proprio
sotto il suo palazzo, quella notte. Sa, due passi per… per
prendere il fresco in giardino. I nostri giardini, come sa, sono
confinanti. E indovini chi abbiamo visto sgaiattolare fuori dalla
porta della scala dei suoi appartamenti?”
“Chi… avete… visto…”
“Il suo bello, appunto. In maniche di camicia. Una camicia,
guarda un po’, tutta macchiata di sangue. E aveva ancora la spada
in mano. Il Commendatore vi aveva sorpresi insieme, vero? E
anche se lui era il suo fidanzato, non poteva certo permettere che sua
figlia… Per cui…”
Quel cretino di Ottavio! Le aveva assicurato che non l’aveva visto
nessuno. E che nessuno avrebbe messo in discussione la storia del
sicario.
“Non ho la minima intenzione di sposarlo” precisò, glaciale.
“Mi compiaccio con lei. Ma, a questo punto, lo capisce anche lei,
se si venisse a sapere che cosa è successo davvero, ci sarebbero delle
conseguenze, ehm, molto sgradevoli. Per tutti e due. Invece,
con un po’ di collaborazione…”
Non c’era niente da fare. Avrebbe dovuto fare quello che voleva
quella pazza pericolosa.
“Anche se lei riuscisse a disfarsi del corpo” obiettò “resterebbe il
problema della sua scomparsa. Lo cercherebbero, si chiederebbero
dov’è finito, farebbero delle indagini…”
“È qui che entra in ballo lei” replicò Donna Elvira, imperturbabile.
“Se solo confidasse a un paio di amiche, delle amiche scelte con
cura, che è stato lui a uccidere il Commendatore…”
“E perché mai suo marito avrebbe dovuto uccidere mio padre?”
“Ah, questo non lo so. Magari era con lui che suo padre l’ha sorpresa…
No, questo no: non lo potrebbe dire senza accusare se stessa. Facciamo
così: dica che l’ha aggredita.”
“Che mi ha aggredita?”
“Sì. Che è entrato di notte in casa sua e ha cercato di farle la
festa.”
“Non capisco che cosa intenda dire.”
“Di farle la festa. Di scoparsela. E non faccia quella faccia,
scommetto che le sarebbe piaciuto. Ho una mezza idea che don Ottavio,
a letto, non sia niente di speciale. Dunque, lui entra e le si butta
addosso. Poi, all’improvviso, arriva suo padre e zac! Un bel
colpo di spada in pieno petto.”
“E allora?”
La visitatrice si lasciò fuggire un sogghigno compiaciuto.
“E allora, se scegliesse bene le amiche, in due giorni lo saprebbe tutta
Siviglia. Mio marito diventerebbe, agli occhi di tutti, uno spregevole
assassino, uno stupratore mancato. Non lo cercherebbe nessuno. Direbbero
che se l’è portato via il diavolo in persona. O il fantasma di suo
padre, se preferisce.”
Eh sì, lo avrebbero proprio considerato uno spregevole assassino. Uno
stupratore mancato. E non solo quello. Anche Donna Elvira avrebbe
fatto le sue confidenze a qualcuno scelto con cura, c’era da scommetterlo.
E tutti avrebbero pensato che quella povera anima faceva la corte
alle cameriere, e aveva cercato di sedurre la moglie del suo fattore alla
festa di matrimonio, e faceva tenere al suo segretario la lista delle sue
conquiste, e aveva praticamente buttato la moglie nelle braccia di un suo
dipendente … E lei non poteva farci niente. Doveva cedere
alla volontà di quella maledetta arpia.
Povero Don Giovanni, così serio, così nobile, così discreto. Lo avrebbero
considerato un libertino, un dissoluto. Il più perfido, infame seduttore
che mai si fosse visto a Siviglia.. .
“Mi spieghi esattamente cosa vuole che faccia”
si arrese Donna Anna con un sospiro.
Carlo Oliva
Questo è il fin di chi fa mal, in "Delitti di carta" 5, ottobre 1999; poi, con il titolo Quell’alma ingrata, in "M – Rivista del mistero" 17, 2004