Problemi di visibilità

La caccia | Trasmessa il: 03/25/2012


    Problemi di visibilità

    Domenica scorsa, l'amico Accame ci ha parlato, lo ricorderete, dello spot televisivo in cui una madre e una figlia si scoprono reciprocamente tatuate. Non ho, ovviamente, molto da aggiungere alla sua analisi: mi permetterò solo una chiosa, insistendo su un particolare secondario su cui lui non si è intrattenuto.
    Si tratta, non vi sembri strano, della posizione anatomica del tatuaggio in questione. Entrambe le donne hanno scelto come sede dell'insolita decorazione il fondoschiena, ma non proprio in fondo in fondo. Quella specie di trionfo floreale che esibiscono tutte e due, in versione contenuta la figlia, di un tono decisamente più sgargiante la madre, copre la parte superiore dei glutei e quella inferiore della schiena, più o meno all'altezza dell'attaccatura della spina dorsale. È come se entrambe, incerte tra la scelta trasgressiva di farsi tatuare direttamente il sedere e quella, diciamo così, più morigerata di limitare la decorazione alla schiena, abbiano optato per una via di mezzo.
    Si capisce anche abbastanza il perché. Una volta saltato il fosso e deciso per il tatuaggio, bisognerà pur farlo vedere un po' in giro, se no che divertimento ci sarebbe, e le signore e signorine del tipo di quelle raffigurate nello spot non sono use mostrare le chiappe in pubblico. Un tatuaggio collocato troppo in basso lo potrebbero esibire solo in ambienti troppo particolari, tipo una spiaggia nudista, oltre che, naturalmente, agli occhi dei compagni di giochi amorosi e di eventuali infermiere addette alla pratica delle iniezioni intramuscolari. Spostandolo un po' verso l'alto, invece, si mantiene quello che potremmo definire l' “effetto chiappa” (perché l'area interessata è indubbiamente quella), ma allargandone l'ostensibilità, per esempio, alle spiagge normali, dove si portano senza problemi dei bikini o dei monokini abbastanza ridotti da permettere che i motivi decorativi applicati sull'epidermide in gran parte ne fuoriescano, offrendosi allo sguardo ammirato dei presenti, attirando la loro attenzione sulla parte nascosta e senza in nulla mettere in pericolo la modestia della portatrice. Un vestito da sera un filo più audace del consueto, con una scollatura dorsale abbastanza profonda, offrirebbe quasi le stesse possibilità o anche una sottana o un paio di pantaloni a vita bassa portati con un top basso, un bolerino o una camicia annodata alla pirata sull'ombelico. E naturalmente, ove lo si desiderasse, basterebbe la scelta di un paio di slip più tradizionali o di una mise più tranquilla per nascondere completamente l'artefatto e rientrare tranquillamente nei ranghi delle non tatuate.
    Questo è il punto. Pur senza essere un esperto in materia, mi azzarderei a sostenere che la caratteristica base dei tatuaggi moderni, quali li portano oggi non solo le signore, sta proprio nella loro occultabilità. Anche il più celebre tatuaggio di questi ultimi tempi, quella farfalla della Rodriguez su cui pure abbiamo avuto occasione di intrattenerci qui alla “Caccia”, poteva, a piacere, venire mostrato (oltre che nelle esibizioni nature) mediante l'uso dell'apposito tanga cinese in silicone, o restare nascosto dentro un paio di normali mutande. Ma senza indugiare su un argomento tanto sfruttato, basta pensare ai tatuaggi normalmente in uso, quali ci capita di osservarli sulla pelle dei nostri amici e conoscenti di entrambi i sessi: si vedrà che sono tutti collocati in posizioni strategiche di quel tipo. Occhieggiano da sotto i polsini, si affacciano timidamente sull'orlo delle scollature, fanno capolino da sotto il colletto, si rintanano lì dove finiscono le maniche corte della maglietta... ovunque, insomma, basti una tiratina all'insù o all'ingiù per evidenziarli o nasconderli, secondo quanto dettano l'umore è le circostanze. Sono, in definitiva, dei tatuaggi timidi, dei messaggi iconici che il titolare non ha cuore di lasciar sempre in bella mostra e che possono sparire da un momento all'altro.
    Ecco: non consideratemi un moralista, ma secondo me tatuarsi in quel modo non va affatto bene. È troppo facile. Il carattere base del tatuaggio è la sua indelebilità, che significa, naturalmente, per chi se lo fa applicare, un impegno a portarselo dietro vita natural durante, segnalando al suo prossimo il qualsiasi messaggio che ha deciso con quella scelta di segnalare. Inventato dalle culture dell'Oceania come elemento di distinzione sociale e identificazione totemica, è passato in Occidente al ruolo di elemento caratterizzante di alcune categorie marginali e orgogliose della propria marginalità, quali marinai, carcerati, malavitosi e simili e in quanto tale aveva senso solo se esibito in via continuativa. Oggi lo si usa soprattutto come elemento decorativo, ma non senza qualche sia pur debole pretesa di caratterizzazione ideologica, nel senso che chi si fa tatuare vorrà sempre manifestare una qualche dose di anticonformismo, un blando rifiuto delle convenzioni che non ne prevedono la presenza, una sfida sommessa al mondo filisteo dei non tatuati. Ma capirete che da questo punto di vista un tatuaggio retrattile, un tatuaggio – come direbbe il commissario Montalbano – alla vìdiri e svìdiri, indebolisce molto la sua funzione, diventa quasi un segnale contraddittorio, una specie di “vorrei proprio... ma non oso”. Insomma, sarebbe molto più auspicabile, in quanto manifestazione di coerenza, che chi compie una scelta di questo tipo la compisse fino in fondo, ostentandola in via definitiva all'universo mondo. Sulla fronte bisogna farsi tatuare, o sulle guance, o sulla punta del naso (dove una farfallina ci starebbe benissimo), o sulle mani, previo l'impegno a non portare mai i guanti. Altrimenti si finisce col giocare, come facevamo io e i miei coetanei, tanti anni fa, applicandoci sulla pelle quei “tatuaggi lavabili” (delle decalcomanie, in pratica), che trovavamo in omaggio nelle confezioni della gomma da masticare. Che non è in sé una pratica disdicevole, ma appunto ai bambini soprattutto si addice. Agli adulti che vogliono essere tali si richiede qualche sforzo in più.
    Quanto poi la scenetta della madre e della figlia possa servire a orientare il pubblico sulla scelta di un dato modello di automobile, confesso di non essere ancora riuscito a capirlo. Ma siccome non è il solo spot che sfugge totalmente alla mia comprensione, suppongo che sia soprattutto colpa mia.
25.03.'12