Problemi di spazio

La caccia | Trasmessa il: 05/19/2002



Fa una certa impressione sapere che il prossimo 27 maggio, subito dopo il turno elettorale amministrativo, la Camera dei Deputati approverà, senza modifiche né emendamenti, una legge che, in pratica, nega i diritti civili di base ai lavoratori immigrati nel nostro paese dal Sud e dall’Est del mondo, quelli che, con caratteristica ipocrisia burocratica, chiamiamo ormai tutti “extracomunitari”.   Fa ancora più impressione apprendere che se quel vergognosissimo voto sarà assolutamente “blindato”, come si usa dire, non dipenderà soltanto dall’esorbitante maggioranza di cui la destra dispone in Parlamento grazie alla legge elettorale, ma dal fatto che i deputati del centro sinistra, per bocca dell’on. Violante, si sono rimangiati qualsiasi proposito di ostruzionismo.  I loro partiti, a quanto sembra, non sono particolarmente propensi a impegnarsi, alla vigilia delle amministrative, per difendere dei valori che, per quanto importanti siano, temono non facciano presa sull’elettorato.  E se questo significa rincorrere la destra sul suo terreno e svendere, in nome di una strategia elettorale che si è già rivelata più volte perdente, la propria funzione democratica, be’, non è certo la prima volta e non sarà, probabilmente, l’ultima.
        Ma fa molto più impressione leggere in prima pagina che il Presidente della Repubblica, che, non avendo problemi di rielezione, non è tenuto a preoccuparsi degli umori dell’elettorato, e, soprattutto, dovrebbe badare, nell’esercizio delle sue funzioni, più ai valori di fondo in nome dei quali è stato eletto che alle meschinerie del gioco politico corrente, ha saputo approfittare di una visita in Marocco per avallare, con l’autorevolezza che gli è propria, le tentazioni razziste che serpeggiano, diciamo così, tra i partiti.  Per spiegare, nell’ennesima esibizione di un ruolo bipartisan appiattito su una delle due parti,  che la politica delle porte chiuse e dei diritti negati non è una vergogna nazionale, ma una necessità di cui non si può prescindere.
        Non c’è posto, ha spiegato Ciampi agli ossequienti notabili marocchini.  Anche se nessuno – Dio scampi – intende escludere “la continuazione dei flussi migratori”, va ricordato che “l’Italia e l’Europa hanno una limitata capacità di accoglimento e di offerta di decorose e stabili prospettive di vita e di lavoro”, se non altro perché “non abbiamo gli spazi e le risorse naturali dei grandi Paesi oltreoceanici.”  È giocoforza, così, “governare il fenomeno”, anche per “arginare” i sentimenti impauriti di un’Europa sempre più tentata di chiudersi.
        Insomma, se l’Europa si chiude in se stessa (un’espressione che suppongo rappresentare un delicato eufemismo per alludere alla ripresa di razzismo in grande stile testimoniato, oltre che dalla pratica quotidiana, dal voto crescente ai partiti dei vari Bossi, Fini, Haider, Fortuyn e Le Pen), tutti i torti non ce li ha.  Capirete, siamo “377 milioni di europei contro 161 di Nord Africa e Medio Oriente, i primi destinati a non crescere, mentre i secondi dovrebbero raddoppiare entro il 2030” ed è quindi fatale “che i 12 milioni di nordafricani presenti nella UE siano presto seguiti da molti altri compatrioti”.  E, perdincibacco, come si fa?  Qualcuno lo accoglieremo ancora, figuriamoci, con la fame che abbiamo di colf, “badanti”, operai e raccoglitori di pomidoro, ma più di tanto non si può fare.