Perché non posso parlarvi dell’onorevole Casini

La caccia | Trasmessa il: 03/05/2000






Oggi avevo in programma per, cari ascoltatori, di parlarvi dell’onorevole Casini.  Era da un pezzo, da quando, più o meno, si è cominciato a parlare di schieramenti elettorali, che desideravo fare onorevole ammenda delle molte battute cattive che gli ho riservato in questi anni, dando pubblico riconoscimento al suo ruolo nella politica nazionale.  In fondo, se ci pensate bene, la sua è una figura tragica: una delle poche figure tragiche che frequentino le nostre aule parlamentari.  È stato uno dei pochi democristiani a compiere, sei anni fa, una scelta precisa e ad attenervici e non ne ha ricavato che amarezze.  I suoi ex compagni di partito volteggiavano lieti tra gli schieramenti opposti o facevano incetta di incarichi ministeriali, mentre lui, fedele alla causa del Polo, non si muoveva dal fianco di Berlusconi, ma a far carriera ogni volta erano gli altri.  Gliene succedevano sempre di ogni.  Si è visto imporre il condominio con Buttiglione; è stato espropriato dal Cavaliere in persona del ruolo di erede accreditato della DC e quando, di fronte alla prospettiva di trovarsi alleato da un giorno all’altro con la lista Bonino, che a tutto c’è un limite, si è provato a eccepire qualcosa, si è sentito rispondere che non capiva niente e di chiudere subito la bocca, please, e di non azzardarsi a riaprirla.   Adesso è lì, con le dita debitamente incrociate, che si chiede come andrà a finire, perché anche se Berlusconi e Pannella non fanno che ripetere che, ormai, di accordo manco si parla, tutti sanno che non c’è niente di più revocabile delle irrevocabilità di coloro.   Insomma, una vita da bestie e un personaggio cui fare tanto di cappello.

     Ma dell’onorevole Casini, ahimè, non potrò più parlarvi.  Me lo impedisce, per quanto la cosa possa sembrarvi strana, una legge dello stato: la legge 22 febbraio 2000 n. 28, contenente “disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”: la legge, insomma, della par condicio, quella che la sinistra finalmente unita è riuscita strenuamente a far passare nonostante l’ostruzionismo di Berlusconi e dei suoi.

E non chiedetemi, vi prego, cosa c’entri “La Caccia” (anzi, cosa c’entri l’intera Radio Popolare) con un legge ostensibilmente escogitata al fine d’impedire, in fase pre-elettorale, che dagli schermi televisivi ci si rovesci addosso una valanga di spot a pagamento.  Quello, lo sapete, è un problema che nasce dal fatto che una delle parti in lizza dispone, per i motivi ben noti, di un esorbitante quantità di reti televisive: è un problema, come si dice, di “conflitto d’interessi” e in quanto tale, grazie al Cielo, non ci può riguardare.   È vero, ma, evidentemente, gli autori di quella legge hanno pensato che se facevano trenta tanto valeva fare trentuno e che se non si poteva (o non si voleva) eliminare il conflitto d’interessi, si poteva comunque dare una regolata agli interessi in conflitto.  Hanno legiferato ampiamente sui “messaggi autogestiti”, come a dire gli spot, sul loro numero, la loro ripartizione, il come pagarli, non pagarli o farseli rimborsare, nonché sull’Autorità cui rivolgersi se qualcuno sgarra, sulle sanzioni cui sottoporlo e su altri problemi squisitamente tecnici, ma dello squisitamente tecnico non hanno voluto accontentarsi.  E non hanno saputo rinunciare alla tentazione di scrivere (art. 2, c. 3) che “è assicurata parità di condizioni nell’esposizione di opinioni e posizioni politiche nelle tribune politiche, nei dibattiti, nelle tavole rotonde … nei confronti, nelle interviste” e, udite udite “in ogni altra trasmissione nella quale assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche”.  Hanno deciso (art. 5, c. 1) che nei programmi d’informazione radiotelevisivi vanno garantite “la parità di trattamento, l’obiettività, la completezza e l’imparzialità dell’informazione”, per cui (c. 2) in fase pre-elettorale “è vietato fornire, anche in forma indiretta, indicazioni di voto o manifestare le proprie preferenze di voto” e che (c. 3) “registi e conduttori sono altresì tenuti ad un comportamento corretto e imparziale … così da non esercitare, anche in forma surrettizia, influenza sulle libere scelte degli elettori"

Il vero guaio di queste proposizioni è che a prima vista sembrano persino ragionevoli.  Chi mai si sognerebbe di essere contro la parità di trattamento, l’obiettività, la completezza e l’imparzialità dell’informazione?  Ci vuole un po’ di lavoro di analisi per rendersi conto che una cosa è l’accesso dei soggetti politici (una volta deciso, beninteso, quali sono i soggetti politici, che è meno facile di quanto sembri) ai dibattiti, alle tribune, alle tavole rotonde e simili, e un’altra è l’espressione di opinioni e punti di vista.  Certo, se organizzo un dibattito in prima serata sul finanziamento della scuola privata farò bene a non farvi partecipare soltanto l’on. Buttiglione e l’on. Castagnetti, né sarà il caso di affrontare il tema della pressione fiscale affiancando al ministro Visco il solo Presidente D’Alema.   Ma quando si tratta di esprimere delle opinioni, che è una questione personale, come si fa a essere imparziali?   Io a essere imparziale con l’on. Casini non ci tengo per niente.  O meglio, ci tengo nel senso per cui ciascuno è tenuto a essere imparziale soprattutto con se stesso, risparmiando a sé e agli altri l’espressione di affermazioni cui personalmente non crede o di giudizi che non condivide.  Ma le cose cui uno crede, i giudizi che condivide, imparzialità o non imparzialità, quelli non si può proprio fare a meno di esibirli in ogni occasione e nessuno lo può impedire perché la libertà di giudizio e la libertà di espressione sono valori fondanti della democrazia, che vanno ben oltre il galateo delle campagne elettorali.

Eppure, di questo valori base la “legge sulla parità di accesso” non tiene il minimo conto, anzi, a quanto pare, ne tiene soltanto quel conto che serve per vietarne l’esercizio e non solo sotto elezioni.  Per i nostri legislatori, ahimè, gli unici soggetti il cui punto di vista merita di essere espresso sono evidentemente il Governo, l’Opposizione, i Candidati, i Leader, come a dire le varie espressioni istituzionali dei partiti riconosciuti e rappresentati.  A queste entità e non ad altri dev’essere consentito di esprimersi liberamente, prendendo, se mai, le opportune disposizioni perché l’uno non esorbiti sull’altro.  Dei diritti dei cittadini normali, dei diritti di coloro che, pur essendo soggetti politici a pieno titolo non fanno parte dell’establishment politico, non gliene potrebbe importare di meno. I loro pareri potrebbero essere difficili da omologare e quindi facciano il piacere di tenerseli per sé.

Una bella legge, dunque: propria degna di un governo e di una maggioranza che si definiscono “di sinistra”.  Tanto nessuno la può mettere in discussione, a rischio di essere additato ipso facto come un seguace di Berlusconi, che è cosa di fronte alla quale uno spirito sensibile rilutta sempre, anche se, in base alla legge in questione, per radio non lo si può più dire.

Chissà quando potrò parlarvi di nuovo dell’on. Casini.


05.03.’00