Visto che questa è l’ultima recensione prima delle vacanze e che tra poco
vi ritroverete quasi tutti esuli chissà dove a rimpiangere segretamente
la città e le sue delizie, mi permetterò, per placare ogni accesso futuro
di nostalgia, di consigliarvi un giallo metropolitano che più metropolitano
non si può. Si intitola Per cosa si uccide, è l’opera prima di un
Gianni Biondillo, milanese, non ancora quarantenne, architetto di formazione,
ed è ambientato, figuratevi, a Quarto Oggiaro. Si tratta, più che
un romanzo di intreccio classico, della cronaca di un anno di indagini,
in cui variamente si producono gli investigatori del commissariato locale,
alle prese, via via, con cani sgozzati, imprenditori un po’ ambigui stirati
da un’auto pirata sul cavalcavia, anziane contrabbandiere massacrate in
casa, palestre date alle fiamme e altre piacevolezze criminali tipiche
di una periferia degradata e senz’anima, in cui tutta la buona volontà
del mondo non basta a rappezzare un tessuto sociale irrimediabilmente lacero,
perché è proprio in quartieri di questo tipo che ci si accorge che Milano
ha perso, come dire, l’abbrivio e che la sua decadenza, più che economica
e industriale, è di natura irrimediabilmente etica. Naturalmente,
stando così le cose, in quel commissariato ci si finisce, di norma, per
punizione o per essersi resi molesti ai superiori, con la conseguenza che
la squadra investigativa in campo, lungi dall’essere composta, secondo
la tradizione televisiva, di cittadini modello, esibisce un’umanità, come
dire, piuttosto surreale, a partire dall’ispettore Ferraro, un bel tipo
di ritardatario cronico, fallito sul piano familiare, incapace di stringere
o mantenere veri rapporti umani, a parte un paio di amici d’infanzia stabilmente
passati nel campo della malavita, e del tutto privo di quelle doti di diplomazia
e senso del lavoro di squadra che potrebbero garantirgli, se non una carriera,
almeno una tranquilla permanenza nei ranghi. Ma che ci volete fare,
le leggi del giallo richiedono un investigatore un po’ peculiare e Ferraro
è capace come chiunque altro di fare il suo lavoro, cercando disperatamente
di dare un senso qualsiasi a una realtà che di significati sembra malinconicamente
avara. Un bel romanzo, in definitiva, scritto con disinvoltura nel
gergo quotidiano che parliamo tutti noi e capace di dare un quadro non
convenzionale della nostra realtà urbana. A me sarebbe piaciuto qualche
piuccheperfetto in più, ma temo che a Quarto Oggiaro il piuccheperfetto
non si usi molto e il realismo è il realismo.
28.06.’04
Gianni Biondillo, Per cosa si uccide, "Narratori della Fenice" – Guanda, pp. 283, € 14,50