Paperi e isole

La caccia | Trasmessa il: 04/03/2011


    In “Paperino e la scavatrice” (“Letter to Santa”), una classica storia natalizia scritta e disegnata da Carl Barks per la Disney nel 1949, capita a Paperino e a zio Paperone, che si sono misurati in un distruttivo duello tra scavatrici a vapore, di essere trascinati in tribunale. Il rapporto della polizia è molto severo (“Vostro onore, non ci sono abbastanza parole sul dizionario per descrivere cos'hanno fatto questi due!”) e il giudice di turno, un gufo dall'aria altrettanto severa, si ripromette di usare nei loro riguardi tutti gli articoli del codice. Ma non ha fatto i conti con la posizione sociale ed economica di uno dei due imputati: “Attento!” gli grida Paperone. “Io sono Paperon de' Paperoni e se fai qualcosa che non mi piace compro la città e ti licenzio.” E, condannato a un milione di dollari di multa, getta sulla cattedra un grosso pacco di banconote, commentando “Ecco due milioni! Conservate il resto nel caso ci riportassero qui”.
    Chissà se Silvio Berlusconi, che si trova occasionalmente anche lui alle prese con la giustizia e parimenti dispone di mezzi cospicui, ha letto quella storia da bambino. In Italia “Paperino e la scavatrice” è stata pubblicata sull' “Albo d'oro” n. 241, del dicembre 1950: all'epoca il futuro capo del governo aveva quattordici anni, un'età in cui non sono pochi quelli che continuano a consumare i fumetti di Walt Disney, ma parecchi cominciano a orientarsi su altre letture. Se l'ha fatto, tuttavia, gliene sarà restato una certa impressione, una inclinazione generale, per lo meno, a uscire dalle situazioni difficili mettendo sul tavolo grossi pacchi di banconote. In anni più recenti, probabilmente, avrà avuto occasione di deprecare il fatto che il sistema giudiziario italiano, a differenza di quello di Paperopoli, non consenta una simile via d'uscita dalle vicissitudini giudiziarie. Anche se, a dire il vero, di aver tentato di comperare dei giudici qualche anima ostile ha avuto cuore di accusarlo.
    In altri ambiti, tuttavia, il metodo può funzionare. A me, così, quelle due o tre vignette mi sono tornate alla mente nettissime quando ho assistito, in quasi diretta televisiva, allo spettacolo del Premier che annunciava ai cittadini lampedusani di aver comprato casa sulla loro isola. Un annuncio, in effetti, che non aveva attinenza alcuna con le motivazioni della sua visita laggiù, visto che il suo problema principale, in quel momento, era quello di placare l'ira di una popolazione incazzatissima per essere stata abbandonata dal governo in un momento difficile, ma che lui non ha esitato a gettare lo stesso sul tavolo. Avrà pensato, suppongo, che le promesse a un uomo politico servono sempre, ma non è detto che tutti ci caschino e quelle che faceva lui, poi – non solo la deportazione di tutti i migranti entro le trentasei ore, ma anche un anno di esenzione fiscale, un campo di golf, il premio Nobel per la pace e non ricordo che altro – potevano suonare un poco eccessive e riuscire persino controproducenti, ma che l'esibizione di un milione e mezzo di euro – tanto, tra una cosa e l'altra, dovrebbe costargli quell'edificio – avrebbe dato al suo discorso un tono di superiore concretezza. Difficile, forse, che il gesto potesse essere interpretato dagli interlocutori come una forma di affetto, fiducia, ammirazione o attrazione per la loro isola (sulla quale, per quel che si sa, l'Uomo di Arcore non aveva messo mai piede), ma come esibizione di potenza e di risolutezza decisionistica poteva funzionare. Mi sono “attaccato a Internet”, l'ho cercata, l'ho trovata, mi è piaciuta et voila, l'ho comprata. Non ha aggiunto “in contanti”, ma tutti hanno capito benissimo che per concedersi quel capriccio non aveva dovuto chiedere un mutuo.
    Ecco, non è la prima volta che Berlusconi si serve come argomento politico della propria posizione sociale, delle sue doti imprenditoriali, del suo essere – come dice lui – un uomo del fare, più affidabile, dunque, dei tanti chiacchieroni che parlano, parlano, ma in vita loro non hanno mai combinato nulla di serio, ma è la prima volta – mi sembra – che ha offerto ai cittadini, come malleveria di affidabilità, la propria ricchezza. Il suo problema era quello di convincere i lampedusani che gli potevano credere anche se gli prometteva la luna (e chi avrebbe potuto giurare, dopo gli esempi di Napoli e dell'Aquila, su una immediata risoluzione di ogni problema, con il bonus aggiuntivo di un campo da golf, dell'esenzione fiscale per un anno e del Premio Nobel per la pace?) e lo ha risolto sfruttando quel particolare argomento. Potete fidarvi di me, cittadini carissimi, perché io sono ricco. Posso permettermi di comperare una casa (anzi, una villa sul mare da tre miliardi di vecchie lire), così, sui due piedi, come schioccare le dita. E volete che non sia in grado di togliervi dai piedi questi pezzenti nordafricani? Lasciate fare a me e non badate a quegli altri poveracci che sulla spiaggia è tanto se possono permettersi un ombrellone.
    Naturalmente di quella casa l'ottimo Silvio non ha bisogno. Esiste un limite alle possibilità umane di consumare dei beni e uno che di ville già ne possiede tre in Brianza, un numero imprecisato in Sardegna, una sul lago Maggiore, una ad Antigua e una alle Bermude, per non parlare del palazzotto in Engadina e dei castelli che usa prendere in affitto in Liguria e nei dintorni di Roma, non deve certo sentire il bisogno di un altro tetto sopra la testa. Ma nessuno pone dei limiti, oggi, alle possibilità di accumulazione monetaria e della relativa esibizione. Viviamo in un mondo in cui, a Lampedusa come a New York, a Macherio come a Londra o a Pechino, il valore di ciascuno si misura soprattutto, o esclusivamente, in contanti. Berlusconi lo sa bene e si adegua al principio: misura se stesso con lo stesso metro con cui valuta le ragazze che invita alle feste e a cui fa avere, a cose fatte, regali in natura e donazioni in denaro. E visto il successo che continua a riscuotere e che anche questa volta ha riscosso, non si può certo dire che abbia torto.
    Io, comunque, continuo a preferire zio Paperone.
03.04.'11


    Nota

    Un'ottima edizione critica di “Paperino e la scavatrice” si può trovare in La grande dinastia dei paperi pubblicata in supplemento al “Corriere della Sera”, vol. 43, Milano, ottobre 2008, pp. 13 – 38.