Oscar Wilde e il sipario strappato | Gyles Brandreth

Gialloliva | Trasmessa il: 06/14/2010


    Saprete più o meno tutti, immagino, che non vado matto per i gialli storici e per quelli che hanno nel ruolo dell'investigatore un personaggio celebre, chiamato a quel ruolo anche se tutto ha fatto in vita sua tranne che investigare. Tuttavia, il veto a quel tipo di opere – a rigore – non può valere per quelle ambientate dopo il 1841, l'anno in cui Edgar Allan Poe, con i Misteri della via Morgue, diede il via al nostro genere preferito e, quanto ai personaggi, qualche eccezione la si può sempre fare. Così Oscar Wilde, che qui troviamo come protagonista dell'ultimo romanzo di Gyles Brandreth, ex parlamentare e letterato britannico, non ebbe mai a che fare, che si sappia, con omicidi e delitti, ma fu indubbiamente un dandy ed è noto che, da Poe in giù, quello del dandy resta uno dei modelli classici dell'investigatore di carta. Oltretutto, sappiamo anche che lo scrittore anglo irlandese, in vita, ammirava il personaggio di Sherlock Holmes e fu in rapporti abbastanza stretti con sir Arthur Conan Doyle, che pubblicò Il segno dei quattro nello stesso numero del Lippincott's Magazine cui Wilde contribuì con Il ritratto di Dorian Gray, per cui si può ben dire che la sua incarnazione come detective non è del tutto arbitraria. Ha così buon gioco l'autore a metterlo al centro di una complicatissima vicenda di morte e di inganno, che, a partire dalla sua tournée in America del 1882 lo porta in una Parigi fin de siécle, le cui attrattive e i cui misteri vengono illustrati con dovizia di particolari anche, se, per la verità, la skyline della ville lumière non sfoggiava, in quell'anno, il profilo della torre Eiffel né quello della basilica del Sacro Cuore, così come appaiono in copertina. Il celebre esteta, comunque, oltre a riannodare il filo dei suoi rapporti con Sarah Bernhardt, ha modo di immischiarsi nei casi della celebre compagnia teatrale La Grange e risolvere, l'uno dopo l'altro, i casi dell'assassinio della cagnetta della madre del primo attore – sepolta viva in un baule di terra sul piroscafo di New York, – della strana morte del suo maggiordomo americano e della tragica fine di entrambi i suoi figli adottivi, colti dal loro destino mentre si preparavano a interpretare le parti di Amleto e di Ofelia in quella che avrebbe dovuto essere la produzione del secolo. La storia è raccontata con gran gusto dei particolari storici e biografici, e prevede una immersione a tempo pieno del lettore nello spirito e nei costumi dell'epoca, ma è anche solidamente articolata secondo tutte le norme del giallo e non deluderà gli appassionati del mystery classico. La conclusione, in particolare, con il suo sottofinale a sorpresa, si raccomanda come un esempio di scioglimento particolarmente riuscito. Il vantaggio del giallo storico, in effetti, è proprio quello di permettere di riproporre delle soluzioni “datate” che un'ambientazione contemporanea non consentirebbe più ed è per questo che gli si può perdonare la presenza di eventuali anacronismi. Qui, oltretutto, di anacronismi non ce ne sono, per cui che volete di più?
14.06.'10
Gyles Brandreth, Oscar Wilde e il sipario strappato (Oscar Wilde and the Dead Man's Smile), tr. it. di Annalisa Garavaglia, "Pandora" - Sperling & Kupfer, pp. 349, € 17,90