Ordini e promesse

La caccia | Trasmessa il: 05/05/2002



Non so se qualcuno ha pensato che quegli otto manifestanti napoletani raggiunti da altrettanti (tardivi) avvisi di garanzia potessero, in un certo qual modo, fare da contrappeso agli otto poliziotti arrestati la settimana scorsa, tra le grida di scandalo dei cittadini dabbene e dei politici del Polo.  Personalmente, faccio un po’ di fatica a crederci, anche se in Italia, ormai, si è capaci di tutto e il fatto che il ministro Scajola, proprio il giorno prima, avesse raccomandato di non fare passare il messaggio per cui “se sbaglia un esponente delle forze dell’ordine si prendono provvedimenti, mentre se sbagliano gli altri, quelli che scendono in piazza per fare violenza, non succede nulla” possa insospettire un po’.  Ma visto che il ministro, in definitiva, si era limitato a enunciare un principio largamente condivisibile e che nessuno tra i tanti improvvidi difensori degli agenti e dei funzionari della questura partenopea aveva chiesto l’avvio di rappresaglie immediate contro i no global, può essersi trattato davvero di una singolarissima coincidenza.
        D’altronde, è difficile non pensare che il desiderio più vivo della classe politica al gran completo fosse quello di chiudere in fretta una polemica incresciosa per tutti.  Nessuno, al governo o all’opposizione, ha dimostrato un vero interesse a che su quella brutta faccenda si facesse davvero luce.  A sinistra, ci si è preoccupati, più che altro, di “non interferire” e di “evitare le strumentalizzazioni” (Fassino) o di criticare il governo per non aver “raffreddato”, ma “reso più incandescente” la “guerra tra polizia e magistratura” (Rutelli).  Gli uomini della destra, per conto loro, hanno fatto mostra di difendere a gran voce la polizia, anche quando la loro posizione istituzionale avrebbe dovuto raccomandargli una qualche prudenza, ma non si sono spinti sul terreno infido dell’innocenza o della colpevolezza degli accusati.  Nessuno, lo avrete notato, si è azzardato a sostenere che certe cose i nostri ragazzi indivisa non le fanno mai e che le accuse nei loro confronti erano solo volgari calunnie.  Hanno preferito bombardarci di eufemismi suggestivi, di ovvietà roboanti e di periodi accuratamente ipotetici, ricordandoci che se l’accusa non trovasse riscontri sarebbe una cosa davvero grave (Fini) o che il principio per cui chi sbaglia deve pagare vale tanto per i giudici quanto per la polizia (Scaloja), per non dire delle affermazioni sulle caserme che non sono convitti per educande e sugli scontri di piazza che non hanno niente a che fare con un pranzo di gala, che suonano un po’ come la scoperta del fatto che l’acqua dopo un po’ che sta al fuoco si scalda.  Da entrambe le parti, nel criticare i provvedimenti della magistratura, se ne è fatto soprattutto una questione di opportunità, come se questo fosse il criterio principe cui attenersi quando sono in gioco i diritti civili e costituzionali dei cittadini.  Tutti, in definitiva, hanno evitato con cura di porre la domanda chiave, di chiedere, nell’ipotesi che quegli orrendi episodi di rastrellamenti negli ospedali e di sevizie in caserma siano davvero accaduti (del che non mi sembra, in sostanza, che abbia dubitato nessuno), chi lo aveva ordinato e perché.  Ed è strano, perché molti, tra gli accusati, sostengono di avere eseguito solo gli ordini ricevuti, e se a questo logoro argomento difensivo non si riconosce, ormai, un valore esimente, vale sempre la pena di ricostruire le circostanze di fatto e di risalire quanto più è possibile nella catena delle responsabilità.
        Ma forse è proprio questo il passo che nessuno ha davvero voglia di compiere, perché al governo oggi ci sto io e domani, chissà, puoi esserci tu, ma una polizia deresponsabilizzata e tacitata con la promessa di una sostanziale impunità può far comodo a tutti e due.  Nel qual caso, lasciatelo dire a chi, come forse saprete, non ha mai avuto tutta quella fiducia nei magistrati e i poliziotti li ammira soprattutto nelle serie televisive, quegli otto questurini napoletani, quali che siano le loro responsabilità personali, corrono concretamente il rischio di fare la fine dei capri espiatori, in una situazione che li riguarda solo fino a un certo punto.  Oltretutto, da quei seri professionisti della pubblica sicurezza che dicono d’essere, non dovrebbero ignorare che delle promesse di impunità bisogna fidarsi solo fino a un certo punto.  Se hanno davvero ricevuto degli ordini, forse gli converrebbe sbrigarsi a dire da chi.

05.05.’02