Normalità 2

La caccia | Trasmessa il: 05/14/2000




Oh, a proposito.  Sembra che alcune delle forze politiche, di maggioranza e di opposizione, che più si sono mostrate riluttanti all’idea di “ripulire” le liste elettorali, non abbiano agito perché spinte da inguaribile necrofilia, ma in base a un sottile ragionamento politico.  Il numero degli iscritti, si sa, non sarà ininfluente sugli esiti della prossima consultazione referendaria.   Perché un referendum sia valido bisogna che voti una certa percentuale di cittadini, e visto che meno aventi diritto ci sono, più bassa è quella percentuale (è questo, in sostanza, il famoso quorum), quei tre o quattrocentomila nomi in più o in meno potranno essere in qualche modo determinanti sul risultato finale.   Ciò spiega l’accanimento che in molti hanno dimostrato e spiega anche perché un provvedimento in sé affatto normale, come l’adeguamento anagrafico degli elenchi dei votanti, abbia assunto un carattere, diciamo, un po’ ambiguo.  Quando un governo interviene sulla composizione del corpo elettorale in prossimità di una consultazione il cui risultato da quella composizione dipende, per quanto buone siano le sue ragioni, si sente sempre una certa puzza di bruciato.

       Ora, nel merito del prossimo referendum, come ben sapete, io non posso proprio entrare, almeno in questa sede: me lo impedisce la legge sulla cosiddetta par condicio, una normativa tanto iniqua quanto superflua, cui la direzione della nostra radio ha purtroppo deciso di adeguarsi.  In ogni caso, in tempi più liberali ve ne avevo parlato quanto basta perché possiate immaginare come la penso.  E sempre in ogni caso, penso che siate d’accordo anche voi sul fatto che, in un paese normale, i veri problema di fronte a un quesito referendario dovrebbero essere soprattutto di merito.  Le forze politiche dovrebbero dedicarsi soprattutto al compito di spiegare ai loro elettori perché considerano vantaggiosa, o meno, per la comunità l’abolizione di questa o di quest'altra norma.  Se del merito dei vari referendum oggi si parla tanto poco, se le polemiche riguardano tutte degli aspetti formali, quali l’opportunità di andare o non andare a votare, un motivo dovrà ben esserci.  Io, personalmente, ho il sospetto che molto dipenda dal fatto che i quesiti che tra due domeniche chi andrà a votare troverà sulla scheda sono, per la maggior parte, troppo complicati o specifici perché su di essi si possa dibattere con profitto.  Riguardano, in buona parte, delle problematiche troppo specifiche, che richiedono un certo grado di competenza tecnica di cui molti non si sentono affatto provvisti.  Il problema delle carriere dei magistrati, per dirne uno, o quello delle modalità di elezione del loro Consiglio Superiore, pur essendo di indubbia importanza, non sono esattamente al centro del dibattito popolare.   Certo, c’è il quesito sulla legge elettorale, ma l’avete visto?  Per farlo entrare tutto sulla scheda è stato necessario ricorrere a caratteri tipografici talmente minuti da richiedere l’uso di potenti lenti d’ingrandimento.  E d’altronde il problema non è quello di abolire o meno la legge elettorale vigente: tanto i sostenitori del sì quanto quelli del no, concordano sul fatto che, quale che sia il risultato, il Parlamento dovrà rimetterci le mani, per cui agli elettori si chiede solo di esprimere una generica preferenza per il sistema proporzionale o per quello minoritario e può darsi benissimo che l’idea di esprimere soltanto una generica preferenza a molti non vada.  Resta il quesito sulla reintegrazione obbligatoria dei licenziati senza giusta causa (visto che di quello sul finanziamento dei partiti, chissà come mai, non parla nessuno), ma a questo punto le probabilità che anch’esso sia riassorbito, come si dice, nel contesto sono piuttosto alte.  Insomma, stiamo per andare a votare su una serie di problemi specifici e complicati, orientarsi sui quali è tutt’altro che facile, e le forze politiche hanno mostrato qualche segno di vita soltanto quando si è trattato di depennare i defunti.   Che gli dei li perdonino.  E abbiano, soprattutto, compassione di noi.


14.05.’00