Immagino che voi tutti seguiate con regolarità, salvo che quando fisicamente
impediti, la rubrica che Radio Popolare dedica alle possibili mete dei
nostri viaggi, immaginari o reali, e che in particolare non vi siate persi
la puntata con cui, mercoledì scorso, ci è stata illustrata la città di
Pechino. Vi si esibivano dei reperti veramente preziosi, dall’intervista
con la quale Renata Pisu rievocava gli anni in cui, nella capitale cinese,
frequentava l’Università alla descrizione della Città Proibita per l’aurea
prosa di Giorgio Manganelli (se non mi confondo con qualcun altro). Tutta
roba importante, insomma, sulla quale non mi permetterei di mettere becco
e tutto materiale di grande interesse. E non insignificante mi è
parsa anche una canzoncina che pure è stata trasmessa per l’occasione.
Era tratta da un album che s’intitola, se non m’inganno, “La
nuova lunga marcia del Rock and Roll” ed è stata presentata come uno dei
più clamorosi successi di un artista del quale purtroppo non ricordo il
nome, ma per cui – ci è stato assicurato – la gioventù cinese di oggi,
letteralmente, stravede.
Non sono in grado, purtroppo, di farvela sentire adesso: per questo dovrete
rivolgervi, se vi interessa, alla nostra Barbara Sorrentino. E non
posso neanche diffondermi sui suoi meriti poetici e musicali, perché in
fatto di musica leggera ho dei gusti clamorosamente arretrati e, quanto
alle parole, non sono ovviamente andato più in là di quelle del titolo
e solo perché la Sorrentino in questione ha avuto l’accortezza di citarlo
in versione tradotta. Ma non è un problema, perché è appunto quel
titolo che mi ha colpito. Suonava, se ricordo bene, “Non sono io
che non capisco, è il mondo che va troppo in fretta”.
Guarda un po’, mi sono detto: che strano. È proprio vero che in
Cina, come ci insegnavano da bambini, fanno tutto all’incontrario. Dalle
nostre parti le giovani generazioni non impazzirebbero certo per una canzone
che afferma, se la Barbara ha tradotto bene, che il mondo va troppo in
fretta perché loro lo possano capire. L’ideologia corrente delle
giovani generazioni, così come le pratico da tanti anni, afferma che il
mondo è troppo lento per potere capire loro. I giovani sono per definizione
all’avanguardia, sono sempre protesi verso il futuro, mentre noi anziani
arranchiamo faticosamente alle loro spalle, rimpiangendo un passato che
non è più e cercando, invano, di tenere il passo. Se c’è qualcuno
in grado di rendersi conto di dove sta andando il mondo, e a quale velocità,
non può che essere un giovane.
Non è vero, naturalmente. Per capire dove va il mondo – per capire,
fuor di metafora, a quali vertiginosi cambiamenti sia soggetta la nostra
società – dobbiamo tutti ricorrere all’apparato categoriale e valoristico
approntato dalle generazioni precedenti e visto che molto di quell’apparato
è stato predisposto più con lo scopo di nascondere che con quello di rivelare,
dobbiamo sempre passarlo al vaglio dello spirito critico e del retto discernimento.
Ma spirito critico e retto discernimento non sono – ahimè – caratteristiche
innate: sono cose che si acquisiscono inesorabilmente con gli anni. I
giovani, di fatto, non possono che essere conformisti (e quindi, in un
certo senso, ignoranti) e tanto più lo sono, in genere, quanto più sono
giovani, tanto è vero che quello di scuoterli dalle loro confortanti certezze
è uno dei problemi più gravi di ogni insegnante serio. E se pure
mi rendo conto che una simile affermazione potrebbe essere addebitata a
una qualche forma d’invidia senile, vi prego lo stesso di non farlo. Se
nella lunga pratica scolastica ho imparato qualcosa, è appunto la certezza
del fatto che, per quanto stupidotto e filisteo possa attualmente essere
un giovane, gli resta comunque tutto il tempo necessario per diventare
un vecchio originale. Ma quella di fargli credere di sapere dove
va il mondo, credetemi, è una tipica menzogna propagandistica elaborata,
per i propri loschi fini, dai miei coetanei.
E che c’entra mai tutto questo, mi chiederete, con la popolarissima canzonetta
di quell’amatissimo artista cinese? Be’, niente, immagino. Era
solo un titolo che mi aveva colpito. Immagino che anche in Cina,
proprio come da noi, i giovani abbiano il problema di capire dove va il
mondo nonostante le molte bugie che gli raccontano dei vecchiacci ben consapevoli
del fatto che l’ignoranza altrui è sempre il fondamento del potere proprio,
per cui la lunga marcia del Rock and Roll può sempre essere utilmente impiegata
per fargli dimenticare quella di Mao Zedong. Da questo punto di vista,
credetemi, tutto il mondo è paese.
05.03.’00