Non è vero che i cinesi fanno tutto all’incontrario

La caccia | Trasmessa il: 03/05/2000




Immagino che voi tutti seguiate con regolarità, salvo che quando fisicamente impediti, la rubrica che Radio Popolare dedica alle possibili mete dei nostri viaggi, immaginari o reali, e che in particolare non vi siate persi la puntata con cui, mercoledì scorso, ci è stata illustrata la città di Pechino.  Vi si esibivano dei reperti veramente preziosi, dall’intervista con la quale Renata Pisu rievocava gli anni in cui, nella capitale cinese, frequentava l’Università alla descrizione della Città Proibita per l’aurea prosa di Giorgio Manganelli (se non mi confondo con qualcun altro).  Tutta roba importante, insomma, sulla quale non mi permetterei di mettere becco e tutto materiale di grande interesse.  E non insignificante mi è parsa anche una canzoncina che pure è stata trasmessa per l’occasione.   Era tratta da un album che s’intitola, se non m’inganno, “La nuova lunga marcia del Rock and Roll” ed è stata presentata come uno dei più clamorosi successi di un artista del quale purtroppo non ricordo il nome, ma per cui – ci è stato assicurato – la gioventù cinese di oggi, letteralmente, stravede.

Non sono in grado, purtroppo, di farvela sentire adesso: per questo dovrete rivolgervi, se vi interessa, alla nostra Barbara Sorrentino.   E non posso neanche diffondermi sui suoi meriti poetici e musicali, perché in fatto di musica leggera ho dei gusti clamorosamente arretrati e, quanto alle parole, non sono ovviamente andato più in là di quelle del titolo e solo perché la Sorrentino in questione ha avuto l’accortezza di citarlo in versione tradotta.   Ma non è un problema, perché è appunto quel titolo che mi ha colpito.  Suonava, se ricordo bene, “Non sono io che non capisco, è il mondo che va troppo in fretta”.

Guarda un po’, mi sono detto: che strano.  È proprio vero che in Cina, come ci insegnavano da bambini, fanno tutto all’incontrario.  Dalle nostre parti le giovani generazioni non impazzirebbero certo per una canzone che afferma, se la Barbara ha tradotto bene, che il mondo va troppo in fretta perché loro lo possano capire.   L’ideologia corrente delle giovani generazioni, così come le pratico da tanti anni, afferma che il mondo è troppo lento per potere capire loro.  I giovani sono per definizione all’avanguardia, sono sempre protesi verso il futuro, mentre noi anziani arranchiamo faticosamente alle loro spalle, rimpiangendo un passato che non è più e cercando, invano, di tenere il passo.  Se c’è qualcuno in grado di rendersi conto di dove sta andando il mondo, e a quale velocità, non può che essere un giovane.

Non è vero, naturalmente.  Per capire dove va il mondo – per capire, fuor di metafora, a quali vertiginosi cambiamenti sia soggetta la nostra società – dobbiamo tutti ricorrere all’apparato categoriale e valoristico approntato dalle generazioni precedenti e visto che molto di quell’apparato è stato predisposto più con lo scopo di nascondere che con quello di rivelare, dobbiamo sempre passarlo al vaglio dello spirito critico e del retto discernimento.  Ma spirito critico e retto discernimento non sono – ahimè – caratteristiche innate: sono cose che si acquisiscono inesorabilmente con gli anni.  I giovani, di fatto, non possono che essere conformisti (e quindi, in un certo senso, ignoranti) e tanto più lo sono, in genere, quanto più sono giovani, tanto è vero che quello di scuoterli dalle loro confortanti certezze è uno dei problemi più gravi di ogni insegnante serio.   E se pure mi rendo conto che una simile affermazione potrebbe essere addebitata a una qualche forma d’invidia senile, vi prego lo stesso di non farlo.  Se nella lunga pratica scolastica ho imparato qualcosa, è appunto la certezza del fatto che, per quanto stupidotto e filisteo possa attualmente essere un giovane, gli resta comunque tutto il tempo necessario per diventare un vecchio originale.  Ma quella di fargli credere di sapere dove va il mondo, credetemi, è una tipica menzogna propagandistica elaborata, per i propri loschi fini, dai miei coetanei.

E che c’entra mai tutto questo, mi chiederete, con la popolarissima canzonetta di quell’amatissimo artista cinese?  Be’, niente, immagino.  Era solo un titolo che mi aveva colpito.  Immagino che anche in Cina, proprio come da noi, i giovani abbiano il problema di capire dove va il mondo nonostante le molte bugie che gli raccontano dei vecchiacci ben consapevoli del fatto che l’ignoranza altrui è sempre il fondamento del potere proprio, per cui la lunga marcia del Rock and Roll può sempre essere utilmente impiegata per fargli dimenticare quella di Mao Zedong.  Da questo punto di vista, credetemi, tutto il mondo è paese.


05.03.’00