Sandro Ossola, dal punto di vista editoriale,
non è stato mai fortunatissimo. Ha pubblicato nel 1989 Più bianco
del bianco, un testo destinato a essere considerato uno dei testi base
della nuova stagione del noir italiano, ma accolto allora, forse
per quel paio d’anni di anticipo sui tempi che lo caratterizzava, con
un fragoroso silenzio. Nel 1997 ha inaugurato la serie dell’investigatore
privato Guido Sereni con Niente da festeggiare, ma inciampando in un editore
di scarsi scrupoli, che non si preoccupò minimamente non diciamo del lancio,
ma neanche della distribuzione: di fatto, a parte pochi amici, il volume
non lo vide nessuno. Questa nuova edizione, per i tipi di Alacrán,
può quindi essere considerata una novità a tutti gli effetti, o almeno
l’occasione di rivisitare le origini di un personaggio che avrebbe fatto,
in seguito la sua strada (abbiamo parlato in questa sede, l’anno scorso,
della sua ultima avventura: L’ussaro nel freezer.) E poi, naturalmente,
si tratta di una storia interessante e ben costruita, che rievoca una fase
importante della storia civile italiana mantenendo lo stesso impatto narrativo
di allora.
Guido
Sereni, lo si capisce subito, è il tipico investigatore chandleriano, o,
al massimo, hammettiano. Ne è consapevole lui per primo: ha battezzato
la sua agenzia “Falco investigazioni”, non dismette per alcun motivo
l’impermeabile e considera il mondo intorno a sé con quella mistura di
riluttante cinismo e residue illusioni romantiche che siamo abituati ad
associare agli eroi dell’hard boiled. Ma è, al tempo stesso, un
figlio del suo tempo: quarantenne alla fine degli anni ’90, ha vissuto
l’esperienza della contestazione giovanile e del movimento, con tutte
le relative delusioni, compreso un certo numero di mesi di galera inflittigli
a gratis da un giudice troppo desideroso di credere senza riscontri al
pentito di turno. Adesso che ha trovato la sua strada nel mondo dell’investigazione
privata, deve imparare a muovercisi: sa che non gli toccheranno certo delle
storie da Philip Marlowe, ma non si rassegna per questo al ruolo un po’
squallido che si pretende da lui. In effetti, dribblando tra difficoltà
inaspettate e ingenuità varie, riesce a trasformare i suoi primi due casi
– un’indagine collaterale su un omicidio che la Procura ha avuto troppa
fretta di archiviare e il pedinamento della classica moglie infedele –
in qualcosa di cui l’amico Phil non avrebbe avuto motivo di vergognarsi.
Il tutto sullo sfondo di una Milano anni ’90 descritta con un realismo
molto partecipato: i suoi luoghi tipici, i suoi bar (il Basso, Taveggia,
il Magenta, il Donini…), i suoi abitatori più o meno rampanti, ancora
sospesi tra Craxi e Berlusconi e non perfettamente consapevoli del destino
che avrebbe riservato alla città l’ultimo decennio del secolo. Ossola
scrive bene, anche se, ogni tanto, si concede qualche prolissità, ed è
un moralista nato: sono, in fondo, le uniche doti di cui un autore
di noir abbia veramente bisogno. Sarebbe un peccato lasciare questo
romanzo nell’oblio degli anni ’90.
06.11.’06
Sandro Ossola, Niente da festeggiare (1997), "Le storie", Alacrán, pp. 282, € 9,80