Era inevitabile, dopo il successo di
Romanzo criminale, film e tutto, che presto o tardi ne comparisse se non
proprio un seguito, almeno una conseguenza, se mi permettete la distinzione.
E infatti De Cataldo, dopo aver lasciato passare un ragionevole lasso
di tempo, torna in libreria con un’altra libera interpretazione dei misteri
italiani del recente passato. D’altro canto, quello dei misteri
italiani è ormai un sottogenere affermato e stabilito, di quelli che “tirano”,
come dimostra il successo, tra gli altri, di Confine di stato di Simone
Sarasso ed era fin troppo ovvio che il suo legittimo inventore non se lo
volesse lasciar scappare di mano.
Così, archiviati i tempi eroici della banda
della Magliana, ci troviamo all’inizio degli anni ’90, in una fase confusa
della vita nazionale in cui, di fronte a quella che a molti sembrava l’eclisse
definitiva della vecchia classe dirigente, nessuno, né a livello politico
né nel milieu poliziesco e criminale, capiva bene che cosa sarebbe successo.
Ma la storia, si sa, non ammette vuoti, soprattutto in Italia, dove
esistono da sempre organizzazioni e strutture di carattere tutt’altro
che transeunte. Così quegli anni, oltre a rappresentare il periodo
di incubazione del berlusconismo, sono anche quelli della grande
offensiva della mafia, delle stragi di Palermo e di Capaci, degli attentati
al teatro di Maurizio Costanzo, all’Accademia dei Georgofili e al PAC
di Milano: quello che allora sembrò un nuovo assalto, come si diceva, al
“cuore dello stato”, ma poteva anche essere interpretato, chissà, come
un inedito calare di carte in tavola, una paradossale richiesta di trattative.
In questo quadro di alta ambiguità si muove (si agita) un certo numero
di personaggi altrettanto ambigui, compresi un paio di reduci di Romanzo
criminale: perseguono tutti lo stesso obiettivo, quello di impedire che
il paese cada in quelle che, dal loro punto di vista, sono le “mani sbagliate”,
ma ciascuno lo fa a modo proprio, seguendo vie tortuose e dall’esito oscuro.
E poi ciascuno deve esorcizzare i propri fantasmi privati: in fondo
anche gli agenti dei servizi deviati, i mafiosi di vario livello, i politici
riciclati o da riciclare e gli imprenditori in bilico tra un centro di
potere e l’altro hanno le loro debolezze, erotiche o d’altro tipo, per
non dire di tutta una rete di rapporti e relazioni personali da salvaguardare.
Insomma, è una situazione complicata, forse anche troppo, perché
il romanzo la racconta a partire da una varietà di punti di vista non coincidenti
e soltanto verso la fine il lettore comincia ad avere una vaga idea di
che cosa stia succedendo davvero, che è, peraltro, la situazione in cui
fin dall’inizio si trovano i vari attori del dramma e in cui, forse, allora
eravamo tutti. La lettura, all’inizio, può sembrare un po’ faticosa,
ma conviene tener duro, perché De Cataldo, se non è esattamente un mago
della trama, ha una grande capacità di evocare situazioni e descrivere
personaggi e il suo linguaggio, nutrito da una valanga di atti giudiziari
e di intercettazioni ambientali, è straordinariamente realistico. Non
ci troviamo, forse, di fronte a un capolavoro come Romanzo criminale, ma
Nelle mani giuste è un romanzo di impianto solido e di saldo impegno civile:
qualcosa che merita comunque di essere letto.
08.10.’07
Giancarlo De Cataldo, Nelle mani giuste, Einaudi Stile Libero – "Big", pp. 336, € 15,80