Come tutti oggi sappiamo, il grande
Mozart non fu affatto avvelenato da Antonio Salieri: le prime voci in proposito
cominciarono a correre in Vienna qualche anno dopo la morte di entrambi
e furono raccolte e tramandate nel 1830 da un atto unico di Pukin, che
in seguito sarebbe stato musicato da Rimskij Korsakov e avrebbe offerto
lo spunto, negli anni ’80 del secolo scorso, a una commedia di Peter Shafter
e a un celebre film di Milos Forman (Amadeus, 1984). Che di calunnie
e solo di calunnie si tratti possiamo dedurlo, da provetti giallisti quali
siamo, dalla mancanza assoluta di un movente accettabile: quello su cui
giocano Pukin e i suoi continuatori, il contrasto tra genio e mediocrità,
è un tipico motivo romantico che poco avrebbe detto a Mozart, a Salieri
e ai loro contemporanei, visto che allora il Romanticismo non era stato
ancora inventato.
Nella
morte di Mozart, che scomparve a trentacinque anni per quello, che, con
tutta evidenza, appare oggi come un avvelenamento da sali di mercurio e
di argento (un prodotto largamente utilizzato, all’epoca, per la cura
delle malattie veneree) si può leggere comunque un mistero. Ed è
questo mistero su cui è chiamato a investigare il protagonista dell’opera
prima di Tito Giliberto, Mozart, delitti in Re Maggiore, uno dei finalisti
all’ultima, recente edizione del Premio Scerbanenco, al Noir in Festival
di Courmayeur. Giliberto è giornalista, esperto di musica e di storia
della sua professione e rivela, con questo romanzo, una piacevolissima
vena narrativa, raccontandoci di un medico veneziano amico di Lorenzo da
Ponte che giunge a Vienna nel 1791 per riscuotere un credito appunto da
Salieri, di come non ci riesca, perché l’illustre musicista, pur se innocente
di qualsiasi tentativo di veneficio ai danni di più dotati colleghi, era
piuttosto tirato dal punto di vista pecuniario, ma finisca con il lasciarsi
trascinare, senza apparenti motivi, nell’enigma degli ultimi giorni di
Mozart, dei misteriosi messaggi rinvenibili nelle sue ultime opere, delle
opinioni che nutrono in merito i suoi confratelli della Massoneria. E
siccome la morte dell’autore del Don Giovanni non è certo l’unica scomparsa
inattesa di un personaggio illustre che si sia verificata a Vienna in quegli
ultimi mesi del 1791, l’indagine, partita come un innocuo gioco intellettuale,
finirà per sfociare in un intrigo politico piuttosto pericoloso. Il
tutto è raccontato con molta grazia e un garbo affatto settecentesco, ma
fondandosi su un solido impianto storico e una trama gialla di tutto rispetto.
Saprete anche voi che, personalmente, non sono entusiasta del sottogenere
storico, ma questa è proprio l’occasione, se mai ve ne fu una, per una
salutare palinodia. Leggetelo.
11.12.’06
Tito Giliberto, Mozart, delitti in Re Maggiore, "Impronte" – Todaro, pp.190, € 14,00; CHF 22,-