Monocromatica | R. S. Blackswift

Gialloliva | Trasmessa il: 03/12/2007




Per essere l’opera di esordio, come ci si spiega nel risvolto, di “due attivisti dell’underground milanese”, celati per l’occasione sotto un unico pseudonimo, Monocromatica sembra fondato su una situazione, tutto sommato, abbastanza banale.  Anzi: su due situazioni abbastanza banali.  Si parte, figuriamoci, con un giovanotto che si trova a dover custodire un manoscritto misterioso, di cui altri vorrebbe impossessarsi, al punto da incaricare della bisogna un sicario professionista.   Il fatto che il giovanotto in questione sia un immigrato marocchino nella nostra città e che via via gli si affianchino altri esponenti del melting pot milanese contemporaneo, una operosa e determinatissima ragazza cinese e un piccolo spacciatore africano dotato di insospettabili doti di saggezza e preveggenza, non impedisce di riconoscere uno schema abbastanza abusato.  Tanto più che i tre si imbarcano quasi subito in un specie di percorso iniziatico, alla ricerca di un luogo o un oggetto che non sanno bene nemmeno loro cosa sia, ma di cui si sottolinea continuamente l’importanza ed la capacità di dar senso, il che significa che il modello del Codice da Vinci, con rispetto parlando, si confonde con quello della Compagnia dell’anello e si sa che non basta contaminare tra loro due motivi ben noti per ottenere qualcosa di originale.  Insomma, il sospetto, fin dalle prime pagine, è quello di trovarsi di fronte a una di quelle operazioni di natura affatto commerciale cui, talvolta, gli esponenti dell’underground hanno il vezzo di indulgere.

        Quello che salva il romanzo, paradossalmente, è l’impostazione realistica della sua scrittura.  La Milano in cui si muovono i tre personaggi principali, per non dire del sicario che li tiene d’occhio, insieme a un paio di altri villains di incerta natura e del solito maniaco di informatica cui tocca la decifrazione del manoscritto, è, inaspettatamente, la città che conosciamo, vissuta e descritta con una straordinaria capacità  empatica, con un specie di realismo fantastico che riesce a fare presa anche su chi, come me, ama il fantasy così poco da poter quasi dire che lo detesta.  Non capita spesso, in realtà, di trovare in un’opera narrativa, di genere o non di genere, tanta consonanza con questa città difficile e complicata e con la sua realtà contemporanea.  E la tecnica onirica con cui è organizzata la trama, in una serie di episodi collegati tra loro piuttosto debolmente e alternati a squarci di cronache della storia violenta che Milano ha vissuto, dai tempi della sua fondazione mitica al nostro comune ieri, riesce coinvolgere come e più di un plot normalmente articolato.  Certo, alla non originalità degli assunti fa riscontro una conclusione altrettanto banale, quella per cui, essendo la storia del mondo (e della città) “scritta col sangue”, esiste un luogo in cui tutto questo sangue, quasi si concentra e si fa potenza magica, ma questa è solo la cornice e, nonostante la prosopopea con cui è presentata, si può ben passarci sopra.  I personaggi funzionano, la loro odissea ha un senso e se gli autori non se la tirassero un po’, in fondo, non sarebbero due autentici militanti dell’underground.   E chissà, magari un giorno o l’altro potrebbero decidere di scrivere un autentico noir…

R. S. Blackswift, Monocromatica, Colorado Noir, pp. 250, € 15,00