Milano pulita

La caccia | Trasmessa il: 12/05/1999



Dopodomani ricorre la festa di Sant’Ambrogio, dottore della Chiesa e patrono della nostra città, e io, che a Milano sono nato e vivo da cinquantasei anni suonati, mi permetterò di approfittare dell’occasione per comunicarvi, se me lo consentite, che non ne posso davvero più.  Sarà la vecchiaia incombente  che riduce le già scarse capacità di sopportazione, sarà il pregiudizio ideologico, ma ogni giorno, in questa metropoli sempre più triste, scopro qualcosa di nuovo che non mi piace.  Di questi tempi, per fare un esempio, mi sento enormemente afflitto dalla campagna pubblicitaria ideata per spingerci a tenere Milano pulita.  Sapete, quella che si giova dell’immagine, in funzione testimoniale, di noti personaggi dello spettacolo e dello sport, per cui Enzo Jannacci viene effigiato mentre raccoglie gli escrementi del suo cagnone e la dicitura sul relativo manifesto dichiara che, “sorpreso a liberarsi di materiale compromettente si difende dichiarando ‘L’ho fatto per Milano’” e Sandra Mondaini si rivolge all’apposito servizio per far portare via il suo vecchio divano e, accusata di volersi liberare del marito, che ci è seduto sopra, risponde anche lei di averlo fatto per Milano e Weah, da cittadino esemplare, non getta le cartacce per terra, ma nell’apposito cestino e dall’accusa di aver allungato le mani (perché i neri, nell’immaginario lombardo, un po’ lesti di mano lo sono sempre) si difende affermando che, anche lui, per Milano l’ha fatto.  Capisco che si tratta di una campagna utile e ragionevole, che è dovere di tutti tenere la città pulita (e, possibilmente, gettar via quella sporca), per cui è sacrosanto utilizzare i cestini per i rifiuti, raccogliere gli escrementi dei cani e far portare via i rifiuti ingombranti dall’Amsa, invece di lasciarli, come fa pervicacemente qualche ignoto villanzone, sul cancello della casa di mia madre, ma non so che farci,  mi scuso in anticipo con chi l’ha voluta e promossa, ma da quella campagna non riesco a non farmi innervosire.  Come non riesco a non farmi innervosire dagli onnipresenti lavori stradali, dai diuturni cantieri in piazza Duomo, in corso Magenta, in via Boito, al Cordusio, davanti al Castello, alla Stazione Nord e altrove, dall’eterna opera di risistemazione del Parco Sempione e dal progetto di nuovo arredo urbano in piazza della Scala.  Non ignoro che Milano ha ben altri problemi e ben altre carenze, ma, non so che farci, è di fronte a questi fenomeni che mi salta la classica mosca al naso.
        Ma forse è proprio nella consapevolezza che a Milano esistano molti altri problemi su cui bisognerebbe impegnarsi che va cercata la spiegazione di queste mie sensazioni, che, poi, proprio esclusivamente mie non mi sembra che siano.  Perché, vedete, a parte la campagna sul tenere la città pulita, che in sé va benissimo, naturalmente, e a me sembra solo inutilmente volgare e visivamente chiassosa, ma questi sono cavoli miei, ho un po’ l’impressione (forse sbagliata) che tutti i cantieri aperti, tutti i lavori in corso, tutti gli interventi promossi dalla civica amministrazione riguardino, come dire, la facciata, l’esteriorità, l’apparenza dei luoghi in cui viviamo.  Non so: ho sempre pensato, per dirne una, che a piazza del Duomo e a piazza della Scala, non che nuove pavimentazioni in porfido e granito, servirebbero più mezzi pubblici per arrivarci.  Sono contento che in largo Cairoli ritorni la fontana dei miei anni giovanili, stroncando l’infame leggenda metropolitana che voleva che se la fosse portata via quella povera vittima del Craxi, ma sono convinto che al Castello farebbe meglio un bel restauro generale, che renda più praticabili quelli che, forse perché sono aperte a tutti senza la formalità del biglietto d’ingresso, sono senz’altro le raccolte d’arte più trascurate e meno frequentate della città.  Non mi piacciono più di quanto piacciano a tutti gli scarabocchi sui muri, ma, se proprio dovessi indicare qual è l’intervento di cui hanno più urgentemente bisogno le scuole cittadine, non proporrei certo la pulizia delle facciate, che invece sta procedendo con grande zelo e senza economia di mezzi, mentre gli interni sono in pieno degrado e le dotazioni didattiche fanno sempre più pena.  E pur nutrendo il massimo rispetto per la Gae Aulenti, il cui genio l’Europa unanimamente ci invidia, continuo a pensare che alle Ferrovie Nord, più che una sistemazione monumentale della piazza su cui si apre la stazione, servirebbe soprattutto un parco treni nuovo, per non dire del rifacimento delle strade ferrate e di una ristrutturazione degli orari dei servizi per i pendolari.
        Forse mi sbaglio, eh.  Forse, senza che neanche lo si sappia in giro, sono in corso opere, interventi e lavori che risolveranno una volta per tutte gli annosi problemi della nostra città.  Forse tra un paio d’anni scopriremo che i trasporti pubblici vanno da dio, che l’inquinamento è stato stroncato, che i servizi sociali soddisfano pienamente le esigenze degli utenti e che quando piove non si allagano più metà dei viali di grande traffico.  Ma è poco ma sicuro che se qualcuno si sta occupando di tutto ciò lo sta facendo nel più scrupoloso segreto.  In pubblico i nostri amministratori si occupano solo della facciata, come ben si addice a una classe dirigente di inetti pavoni, insediati (con il nostro voto, ahimè) solo per ubbidire a quelli che si chiamano, non a caso, i poteri forti e che, per ottenere il consenso di cui abbisognano, confidano soltanto in una politica, appunto, d’immagine.  Gente per cui il prestigio della città non dipende dalla qualità della vita che offre, ma dall’assegnazione di un’authority, amministratori che fanno coincidere la promozione incessante della propria immagine con l’inesausta opera di cosmesi su una realtà sulla quale non possono né vogliono intervenire davvero.  Tanto, la promozione della loro immagine e l’imbellettamento della facciata urbana le paghiamo comunque noi.
        I milanesi, sappiamo, sono gente disciplinata e i loro rappresentanti, anche quelli dell’opposizione, con l’amministrazione pubblica, quale che sia, collaborano sempre.  Ma forse sarebbe ora di smetterla.  Forse varrebbe la pena di cominciare a pensare sul serio a come passare dagli interventi di facciata a quelli seri.  E non lasciamoci impressionare dall’accusa di remare contro.  Accusati di volerci liberare di un sindaco così simpatico popolare, potremo sempre rispondere che l’abbiamo fatto per Milano.

05.12.’99