Dopodomani ricorre la festa di Sant’Ambrogio,
dottore della Chiesa e patrono della nostra città, e io, che a Milano sono
nato e vivo da cinquantasei anni suonati, mi permetterò di approfittare
dell’occasione per comunicarvi, se me lo consentite, che non ne posso
davvero più. Sarà la vecchiaia incombente che riduce le già
scarse capacità di sopportazione, sarà il pregiudizio ideologico, ma ogni
giorno, in questa metropoli sempre più triste, scopro qualcosa di nuovo
che non mi piace. Di questi tempi, per fare un esempio, mi sento
enormemente afflitto dalla campagna pubblicitaria ideata per spingerci
a tenere Milano pulita. Sapete, quella che si giova dell’immagine,
in funzione testimoniale, di noti personaggi dello spettacolo e dello sport,
per cui Enzo Jannacci viene effigiato mentre raccoglie gli escrementi del
suo cagnone e la dicitura sul relativo manifesto dichiara che, “sorpreso
a liberarsi di materiale compromettente si difende dichiarando ‘L’ho
fatto per Milano’” e Sandra Mondaini si rivolge all’apposito servizio
per far portare via il suo vecchio divano e, accusata di volersi liberare
del marito, che ci è seduto sopra, risponde anche lei di averlo fatto per
Milano e Weah, da cittadino esemplare, non getta le cartacce per terra,
ma nell’apposito cestino e dall’accusa di aver allungato le mani (perché
i neri, nell’immaginario lombardo, un po’ lesti di mano lo sono sempre)
si difende affermando che, anche lui, per Milano l’ha fatto. Capisco
che si tratta di una campagna utile e ragionevole, che è dovere di tutti
tenere la città pulita (e, possibilmente, gettar via quella sporca), per
cui è sacrosanto utilizzare i cestini per i rifiuti, raccogliere gli escrementi
dei cani e far portare via i rifiuti ingombranti dall’Amsa, invece di
lasciarli, come fa pervicacemente qualche ignoto villanzone, sul cancello
della casa di mia madre, ma non so che farci, mi scuso in anticipo
con chi l’ha voluta e promossa, ma da quella campagna non riesco a non
farmi innervosire. Come non riesco a non farmi innervosire dagli
onnipresenti lavori stradali, dai diuturni cantieri in piazza Duomo, in
corso Magenta, in via Boito, al Cordusio, davanti al Castello, alla Stazione
Nord e altrove, dall’eterna opera di risistemazione del Parco Sempione
e dal progetto di nuovo arredo urbano in piazza della Scala. Non
ignoro che Milano ha ben altri problemi e ben altre carenze, ma, non so
che farci, è di fronte a questi fenomeni che mi salta la classica mosca
al naso.
Ma
forse è proprio nella consapevolezza che a Milano esistano molti altri
problemi su cui bisognerebbe impegnarsi che va cercata la spiegazione di
queste mie sensazioni, che, poi, proprio esclusivamente mie non mi sembra
che siano. Perché, vedete, a parte la campagna sul tenere la città
pulita, che in sé va benissimo, naturalmente, e a me sembra solo inutilmente
volgare e visivamente chiassosa, ma questi sono cavoli miei, ho un po’
l’impressione (forse sbagliata) che tutti i cantieri aperti, tutti i lavori
in corso, tutti gli interventi promossi dalla civica amministrazione riguardino,
come dire, la facciata, l’esteriorità, l’apparenza dei luoghi in cui
viviamo. Non so: ho sempre pensato, per dirne una, che a piazza del
Duomo e a piazza della Scala, non che nuove pavimentazioni in porfido e
granito, servirebbero più mezzi pubblici per arrivarci. Sono contento
che in largo Cairoli ritorni la fontana dei miei anni giovanili, stroncando
l’infame leggenda metropolitana che voleva che se la fosse portata via
quella povera vittima del Craxi, ma sono convinto che al Castello farebbe
meglio un bel restauro generale, che renda più praticabili quelli che,
forse perché sono aperte a tutti senza la formalità del biglietto d’ingresso,
sono senz’altro le raccolte d’arte più trascurate e meno frequentate
della città. Non mi piacciono più di quanto piacciano a tutti gli
scarabocchi sui muri, ma, se proprio dovessi indicare qual è l’intervento
di cui hanno più urgentemente bisogno le scuole cittadine, non proporrei
certo la pulizia delle facciate, che invece sta procedendo con grande zelo
e senza economia di mezzi, mentre gli interni sono in pieno degrado e le
dotazioni didattiche fanno sempre più pena. E pur nutrendo il massimo
rispetto per la Gae Aulenti, il cui genio l’Europa unanimamente ci invidia,
continuo a pensare che alle Ferrovie Nord, più che una sistemazione monumentale
della piazza su cui si apre la stazione, servirebbe soprattutto un parco
treni nuovo, per non dire del rifacimento delle strade ferrate e di una
ristrutturazione degli orari dei servizi per i pendolari.
Forse
mi sbaglio, eh. Forse, senza che neanche lo si sappia in giro, sono
in corso opere, interventi e lavori che risolveranno una volta per tutte
gli annosi problemi della nostra città. Forse tra un paio d’anni
scopriremo che i trasporti pubblici vanno da dio, che l’inquinamento è
stato stroncato, che i servizi sociali soddisfano pienamente le esigenze
degli utenti e che quando piove non si allagano più metà dei viali di grande
traffico. Ma è poco ma sicuro che se qualcuno si sta occupando di
tutto ciò lo sta facendo nel più scrupoloso segreto. In pubblico
i nostri amministratori si occupano solo della facciata, come ben si addice
a una classe dirigente di inetti pavoni, insediati (con il nostro voto,
ahimè) solo per ubbidire a quelli che si chiamano, non a caso, i poteri
forti e che, per ottenere il consenso di cui abbisognano, confidano soltanto
in una politica, appunto, d’immagine. Gente per cui il prestigio
della città non dipende dalla qualità della vita che offre, ma dall’assegnazione
di un’authority, amministratori che fanno coincidere la promozione incessante
della propria immagine con l’inesausta opera di cosmesi su una realtà
sulla quale non possono né vogliono intervenire davvero. Tanto, la
promozione della loro immagine e l’imbellettamento della facciata urbana
le paghiamo comunque noi.
I
milanesi, sappiamo, sono gente disciplinata e i loro rappresentanti, anche
quelli dell’opposizione, con l’amministrazione pubblica, quale che sia,
collaborano sempre. Ma forse sarebbe ora di smetterla. Forse
varrebbe la pena di cominciare a pensare sul serio a come passare dagli
interventi di facciata a quelli seri. E non lasciamoci impressionare
dall’accusa di remare contro. Accusati di volerci liberare di un
sindaco così simpatico popolare, potremo sempre rispondere che l’abbiamo
fatto per Milano.
05.12.’99