L’altro giorno ho letto sui giornali
che il senatore Cossiga – per motivi che, in tutta franchezza, mi
sono sfuggiti – aveva deciso di abbandonare la maggioranza. Me
ne sono preoccupato moltissimo. E non perché temessi particolarmente
la prospettiva di una maggioranza senza Cossiga (un’ipotesi che, al contrario,
mi sembrava e mi sembra piuttosto allettante): a mettermi alquanto a disagio
era l’idea di che cosa avrebbe potuto fare Cossiga senza una maggioranza.
Chi è fuori dalla maggioranza, in un sistema democratico, di solito
sta all’opposizione e il senatore, in tutta la sua carriera, all’opposizione
non c’è stato mai e non ha mai dato segno della minima disposizione a
volerci stare. Quando, dopo il terremoto elettorale del ’94, gli
altri democristiani hanno dovuto scegliere, obtorto collo, tra Berlusconi
e D’Alema, lui si è sottratto a una scelta tanto volgare e ha appoggiato,
senza fare una piega, prima l’uno e poi l’altro. E non certo per trasformismo:
il fatto è che un uomo del suo stampo non sopporta l’idea di stare all’opposizione.
Lui l’opposizione non la concepisce neanche, la considera uno status
che non giova né a sé né al paese e pur di evitarlo è pronto a tutto.
E quando dico tutto intendo dire proprio
tutto. Non avrete dimenticato, spero, che attorno agli anni ’60
era proprio il futuro senatore a dedicarsi con zelo al difficile compito
di mettere in piedi una struttura militare segreta onde permettere al suo
partito di continuare a esercitare il potere nel deprecabile caso di una
sconfitta alle elezioni. E che quando, all’inizio degli anni ’80,
per la carica che rivestiva, avrebbe dovuto più di ogni altro preoccuparsi
del corretto funzionamento del sistema istituzionale, non ha esitato a
impugnare il piccone, a costo di fare a pezzi quel poco che restava della
dialettica democratica, pur di restare alla Presidenza della Repubblica
anche se, per un motivo o per l’altro, non ce lo voleva più nessuno. I
tipi come lui, quando non dispongono della maggioranza necessaria
per governare, si mettono sempre a cercare un modo per governare senza
maggioranza, il che alla democrazia proprio bene non fa.
Ovviamente, per simili personaggi la
democrazia conta ben poco. Il guaio è che chi va con lo zoppo impara
a zoppicare, per cui la loro capacità di corrompere il sistema in cui operano
non va mai sottovalutata. Chi, come l’attuale (e futuro) Presidente
del Consiglio su simili personaggi ha fatto gran conto, si è assunto la
non piccola responsabilità di averne permesso la sopravvivenza e ha dimostrato,
in sostanza, di condividerne il malcelato disprezzo per le regole del gioco
democratico e per la volontà degli elettori. L’essere andati al
governo con la benedizione del picconatore è un’onta che nessun bagno
nell’ulivismo potrà cancellare.
È per questo, in definitiva, che non
riesco a credere che Cossiga se ne sia andato davvero. Vedrete che,
anche se non si degnerà di votare la fiducia al D’Alema bis, anche se
fingerà di ritirarsi nello splendido isolamento in cui ogni volta che gli
va male qualcosa affetta di volersi ritirare, resterà comunque in zona
governo, nel senso che il governo cercherà sempre di non interrompere il
dialogo con lui e con i suoi fidi. Il che significa che, stringi
stringi, il quadro politico resterà lo stesso. Un quadro politico
in cui bisognerà continuare a preoccuparsi delle decisioni dell’Udeur
di Mastella e di quelle del Trifoglio, quando tutti sanno che in una democrazia
seria gruppi di transfughi e di riciclati come quelli che costituiscono
l’Udeur e il Trifoglio non dovrebbero esistere nemmeno per burla e in
cui le speranze del popolo di sinistra dovranno forzosamente appuntarsi,
strano ma vero, sull’esito dello scontro in atto tra la fazione dipietrista
e quella parisiana dell’Asinello. Che poi il popolo di sinistra
cominci a dimostrare per tutta la faccenda uno spiccato disinteresse non
è cosa che dovrebbe meravigliare nessuno.
Il governo, comunque, è in buone mani.
Ho letto sulla “Repubblica” di ieri che l’onorevole Luciana Sbarbati,
dei repubblicani dell’Ulivo (che sono, notoriamente, tutt’altra cosa
dei repubblicani del Trifoglio), pur avendo avuto la disgrazia di essere
investita da un’automobile sulle strisce pedonali, riportando la frattura
della spalla, dell’osso sacro e del perone, ha dichiarato che, qualsiasi
cosa possano obiettare i suoi medici, lei a votare la fiducia a D’Alema
ci sarà, a costo di farsi portare in aula in barella. Alla battagliera
rappresentante del popolo la “Caccia” invia rispettosamente gli auguri
di una pronta e completa guarigione.
19.12.’99