Liste

La caccia | Trasmessa il: 10/17/1999




Ebbene sì, cari ascoltatori: lo abbiamo sperato fino all’ultimo, ma, ormai, dobbiamo arrenderci alla cruda realtà.  Entrambi i nostri nomi, il mio e quello di Felice, non figurano – ripeto, non figurano – nell’elenco del KGB.  E la cosa, é inutile negarlo, ci rattrista parecchio.  Voi direte, forse, che avremmo dovuto aspettarcelo, visto che non figuravano neanche sugli elenchi di Gladio, né su quelli della P2, ma questo non fa che aumentare, se mai, il nostro rammarico.  All’indifferenza altrui non ci si abitua ed è inutile negare che questa ennesima omissione testimonia di una profonda indifferenza dei potenti del mondo nei nostri riguardi.  Se non figuriamo neanche nel dossier Mitrokhin vuol dire proprio che di noi non interessa niente a nessuno.

       E non cercate di consolarci, vi prego, osservando che in certe liste è meglio non farsi trovare, che si tratta, in fondo, di elenchi di volgari bricconi colti con le mani nel sacco e destinati a punizioni e a censure.  Non è vero.  Figurare in una lista segreta, o pretesa tale, in Italia, non ha mai nuociuto a nessuno.   Ha sempre rappresentato, al contrario, un’attestazione di eccellenza e un preannuncio di ulteriori fortune.  Essere in elenco nella P2 non ha certo stroncato sul nascere la carriera politica di Berlusconi.  Il coinvolgimento con Gladio ha fatto solo del bene a Cossiga, che da contestato picconatore qual era è assurto all’attuale posizione di kingmaker e padre nobile della politica nazionale.  E non vorrete negare che dagli elenchi di Mitrokhin il vecchio Cossutta abbia ricavato fin d’ora una bella spinta verso l’alto, passando dal ruolo, un po’ imbarazzante, di portatore d’acqua al servizio di un governo uso a fare scelte opposte alle sue a quello di problema politico nazionale, che è in sé una garanzia di persistenza politica illimitata, perché in Italia, è noto, i problemi non li si risolvono mai, ma li si lasciano lì dove sono e guai a chi li tocca.   No, non figurare neanche nella lista del KGB significa, ahinoi, non essere proprio nessuno.

       Perché è ovvio che quell’elenco, chiunque lo abbia compilato, manipolato e rifinito, non è un elenco di spie.  Se così fosse, non interesserebbe a nessuno.  Il mondo dello spionaggio, come ebbe a scrivere una volta Eric Ambler, che un po’ se ne intendeva, avendolo praticato a livello di fiction e non di fiction, è quello in cui le informazioni gelosamente custodite dagli uni sono, in genere, note agli altri in tutti i particolari, compresa, naturalmente, l’identità di chi le raccoglie e le custodisce.  Non è neanche un elenco di semplici informatori, perché non si vede quali informazioni costoro avrebbero potuto offrire, oltre a quelle normalmente accessibili a chiunque.  È semplicemente un elenco di personaggi esemplari, abbastanza esemplari – almeno – perché il biasimo che si intendeva riversare su di loro si allargasse a un intero settore dello schieramento politico.  Un elenco di pretesti, se preferite, di cui ci si sta servendo senza vergogna per riesumare delle categorie che si speravano desuete e delle pratiche che non si possono definire che invereconde.  E in casi come questi, naturalmente, il vero problema è rappresentato da chi riesuma quelle categorie e ricorre a quelle pratiche, non da chi ne è oggetto.

       È un bel guaio, sapete.  Perché quando si comincia a riferirsi ai propri avversari politici come a “nemici della Patria”, con tanto di minacciosa maiuscola (ha cominciato Berlusconi, ma ormai ci è arrivato anche Gad Lerner), spazio per un vero dibattito democratico non ce n’è più.  Quando si rivendica per la propria parte l’esclusività della democrazia, lasciando agli altri l’unica possibilità di abiurare la propria storia, vuol dire che tira un gran brutto vento.  Chi ti chiede un’abiura non ha un gran interesse al dibattito e il fatto che oggi, a fronteggiare questa imperativa richiesta, siano gli eredi di un partito che, appena vent’anni fa, nel chiedere abiure non fu secondo a nessuno non significa solo che chi la fa se la deve aspettare, ma che le responsabilità della crisi della democrazia nel nostro paese sono più articolate di quanto si possa pensare.

       Ma di tutto questo ai nostri politici non interessa proprio niente.  Loro sono tutti affaccendati a escogitare una bella Commissione che per non condannare Cossutta non possa che assolvere Craxi.  Neanche il KGB, ammettiamolo, era mai caduto tanto in basso.


17.10.’99