Libertà esclusive

La caccia | Trasmessa il: 12/11/2005


    Che il Papa si lamenti degli ostacoli che molti, troppi governi oppongono alla libertà religiosa non è cosa che possa stupire. Lui fa il suo mestiere e comunque sappiamo anche noi che in questo mondo imperfetto di libertà non ne gira tantissima e che anche dal punto di vista ecclesiastico e religioso di divieti, prevaricazioni e persecuzioni vere e proprie non c’è scarsità. Per una volta, siamo tentati di schierarci, in questa accorata denuncia, al suo fianco.

    Che poi il Santo Padre, entrando nei casi concreti, dia l’impressione di preoccuparsi soprattutto della libertà della Chiesa di cui è personalmente a capo, nel senso di chi considera il diritto alla libertà religiosa, più che un principio universale da riconoscere a tutti, un privilegio più o meno esclusivo della Sede di Pietro, è forse meno entusiasmante, ma altrettanto comprensibile. Non si è stati per oltre vent’anni Prefetto del Santo Uffizio, o come lo si chiama oggi, senza introiettare una certa qual predisposizione all’esclusività in materia di fede e d’altronde quella è la tradizione della Chiesa cattolica, i cui autori accreditati hanno sempre fatto coincidere libertà e verità, intendendo per tale la propria. È almeno dall’elezione di Pio IX, nel 1846, che i laici di buona volontà si aspettano la comparsa di un papa liberale ed è chiaro che dovranno aspettarsela ancora per un bel pezzo.

    Che il Sommo Pontefice, infine, sostenga, come ha fatto nel discorso che ha pronunciato all’Angelus una domenica fa, che “la politica, l’agnosticismo e il relativismo” sono i tre principali pericoli che minano la libertà religiosa nel mondo, è cosa che fa un po’ cascare le braccia, ma affatto coerente con i concetti che l’ottimo Ratzinger ha espresso sin dal giorno della sua elezione. Solo degli ingenui par nostro potevano ritenere che il pericolo principale in materia fosse l’esclusivismo di chi, certo di detenere in ogni sua sfumatura la verità universale, decide di impedire agli altri, per il loro stesso bene, di sviarsi sul cammino dell’errore. Solo dei vecchi laicisti incancreniti potevano supporre che fra i nemici della libertà ci fossero, che so, gli ayatollah iraniani, che puniscono direttamente con l’impiccagione le devianze teologiche e morali, comprese quelle relative ai costumi sessuali e all’assunzione di bevande alcoliche, o gli esponenti del wahabitismo saudita che, per comporre lo stesso genere di divergenze fanno ricorso alla lapidazione, al taglio delle mani e alla decapitazione con la scimitarra. Di tutto questo la Chiesa si duole con grande prudenza (o non si duole affatto), anche perché, come ci insegnano in questi giorni gli uomini del cardinale Ruini, al principio di affidare la difesa pratica dell’ortodossia alle leggi e alle istituzioni del braccio secolare resta ancora affezionata e cara grazia che in Italia i vescovi sono buoni e alla lapidazione delle adultere hanno rinunciato da un po’.

    Per il papa, il pericolo, oggi come oggi, è notoriamente un altro. Sta nel fatto che troppo spesso la libertà religiosa “pur riconosciuta sulla carta, viene ostacolata nei fatti dal potere politico, oppure, in maniera più subdola, dal predominio culturale dell’agnosticismo e del relativismo”. Che a prima vista sembra un’affermazione discutibile, ma fondamentalmente innocua, ma poi, visto che le parole hanno pur sempre un loro significato e il contrario del relativismo, non si scappa, è l’assolutismo e un eventuale predominio culturale dell’assolutismo sarebbe quello in cui solo ai portatori di verità assolute, anzi, dell’unica verità assoluta, fosse lecito farne professione, si scopre significare che la religione, nel pensiero di Sua Santità, sarà veramente libera soltanto quando tutti saranno tenuti a norma di legge a credere e fare quello che lui, Ratzinger, ritiene si debba credere e fare,

    Niente di nuovo, appunto: di affermazioni del genere sono prodighi, dai tempi della patristica, i pensatori cristiani (anche se bisogna ammettere che qualcuno, Tommaso di Aquino in testa, le respinge con una certa decisione). E il Papa, naturalmente, in un mondo libero e laico come quello che, suo malgrado, cerchiamo da due secoli di costruire, è libero di dire tutto quello che vuole. L’unico vero problema, dal nostro punto di vista, non riguarda lui: riguarda quei politici laici-ma-non-laicisti che sgomitano intorno a lui per avere il privilegio di baciargli l’anello e, in una settimana, non hanno trovato il tempo e il modo per precisare che la libertà, secondo le leggi della Repubblica, è tutta altra cosa. Tante bocche cucite, a sinistra non meno che a destra, non fanno davvero sperare in niente di buono.