Libertà di paura | Franco Foschi

Gialloliva | Trasmessa il: 01/19/2009


    Accennavo la scorsa settimana, ricordando l'opera e la figura del grande Donald E. Westlake, alle difficoltà che comporta il sottogenere comico. Sono difficoltà, sopratutto, di equilibrio: è già un'impresa far ridere la gente, ancora di più farla sorridere e quando si cerca di farlo attraverso una narrazione che, comunque, stia in piedi, rispettando le convenzioni in uso e le aspettative del lettore, le complicazioni sono davvero tante. Il rischio è quello di produrre un qualcosa che, per far ridere, come giallo non regga o, che per reggere come giallo, non faccia ridere proprio. Parodie e farse su motivi noir se ne sono scritte parecchie – le migliori uscite in Italia, per me, restano quelle di Carletto Manzoni con il personaggio di Chico Pipa, ma è roba dei primissimi anni '60 e non saprei proprio come recuperarle oggi – ma il vero giallo umoristico è un'altra cosa. Secondo me, tra i classici l'unico ad aver ottenuto dei risultati veramente convincenti in materia (oltre a Westlake, naturalmente) è stato Rex Stout e scusate se è poco.
    Nulla vieta comunque di provarci. Così, senza azzardare indebiti paragoni, mi permetto di raccomandarvi l'ultimo romanzo di Franco Foschi, fresco di uscita nelle “Impronte” della Todaro. Foschi, che per vivere fa il pediatra, ma scrive parecchio ed è legatissimo alle proprie radici bolognesi ha creato una figura piuttosto atipica di investigatore privato felsineo, un tipo simpatico ma un po' accidioso, privo di particolari abilità investigative (salvo la strana capacità di riconoscere alla prima fiutata i profumi più rari, il che nel mestiere può servire e non servire), ma dotato della curiosità e della ostinazione del vero segugio. Siccome però è pigro, goloso e un po' troppo sensibile ai richiami della carne – non quella che si mangia – gli capita spesso di deviare, se non proprio dalla retta via, almeno dalla pista giusta e di beccarsi così più legnate del necessario. In questi casi, di solito, ricorre al conforto e alle competenze della mamma, una signora largamente dotata di quel sale in zucca che al figlio è stato negato, che, di mestiere, gestisce una profumeria in centro (il che spiega parecchie cose). In questo Libertà di paura, il protagonista si vede offrire il più classico degli incarichi, quello di cogliere sul fatto un marito fedifrago, ma non resiste alla tentazione di fraternizzare con il soggetto – che fedifrago, in realtà, non è affatto, ma ha i suoi motivi per fingere di esserlo – e si trova poi a dover indagare sulla sua improvvisa dipartita. Il tutto rimanda a un giro di loschi interessi manovrati dai pezzi grossi della città e chi obiettasse che a Bologna i pezzi grossi appartengono alla sinistra storica – o almeno vi appartenevano nel 1998, quando la vicenda è ambientata – dimostrerebbe di non sapere nulla di come vada il mondo e poi alle indagini partecipa attivamente un redattore della nostra consociata bolognese, la celebre Radio Città del Capo, il che garantisce ampiamente della correttezza politica dell'insieme.
    Insomma, come vedete ce n'è di ogni. Forse un po' troppo, nel senso che Foschi è uno di quegli scrittori torrenziali, che non si negano nulla, né una battuta né una riflessione, a posto o anche fuori posto, per cui le sue pagine, ogni tanto, sembrano invocare le forbici di un editor più spietato di quello che gli è toccato per l'occasione. Ma è un peccato veniale: il romanzo è divertente, ben scritto e ben organizzato e sarebbe un peccato trascurarlo. Tutto si può migliorare, ma stavolta possiamo accontentarci.

    19.01.'09
    Franco Foschi, Libertà di paura, "Impronte" – Todaro, pp. 253, € 14,50; CHF 23,-