L'esca | Donald E. Westlake

Gialloliva | Trasmessa il: 06/08/2009


    Non credevo che ci fossero ancora in giro degli inediti di Donald E. Westlake, ma l'Alacrán è riuscita a scovare questo romanzo di nove anni fa, a farlo tradurre e a proporcelo, a tempo di record, per la stagione estiva. E il bello è che non si tratta – come, in questi casi, talvolta succede – di un testo riuscito soltanto a metà e recuperato tanto per sfruttare il nome di uno scrittore scomparso da poco: ci troviamo di fronte a un autentico Westlake di prima categoria, che completa nel più degno dei modi la bibliografia dell'autore. Certo, non è esattamente un giallo (il che può spiegare il ritardo della sua comparsa in Italia): non è una delle avventure tragicomiche della banda Dortmunder, né uno dei noir criminali di azione che l'autore firmava come Richard Stark, né un poliziesco intimistico come quelli contraddistinti dallo pseudonimo diTucker Coe. L'esca appartiene a un sottogenere in cui Westlake dava forse il meglio di sé, ma che toccava di rado, probabilmente perché comportava il pericolo di andare un po' troppo oltre gli schemi di quanto un autore attento al mercato potesse gradire. Si tratta, tanto per definirlo in qualche modo, di una specie di grottesco noir con una forte componente satirica, un po' nello stile, per capirci, di Addio Sherazade (1972) o di Mostro sacro (1990), o – meglio ancora – dell'agghiacciante Fidati di me (1989), tutti romanzi in cui l'autore calava la maschera e faceva capire, a chi avesse orecchie per intendere, che di quel mondo che prendeva in giro con tanto garbo non aveva, tutto sommato, una grande opinione. La satira, in questo caso, morde da vicino, perché riguarda l'ambiente degli scrittori, con il personaggio di un autore celebrato e famoso, ma incapace di buttar giù una sola riga del suo nuovo romanzo – sui cui diritti ha già ritirato anticipi favolosi – che incontra un collega, un vecchio amico perso per via, che di romanzi ne scrive senza problemi a getto continuo, ma si è trovato, chissà come, fuori mercato e non riesce a pubblicarne uno che sia uno. Ovvia la proposta: i due daranno in pasto al pubblico e agli editori un romanzo del secondo firmato con il nome del primo e si divideranno i proventi. E fin qui, tutto è abbastanza normale, nel senso che cose del genere ne succedono più di quante i lettori sospettino. Un po' più inconsueta, però, è la clausola aggiuntiva che il romanziere in crisi propone all'altro: se vorrà fare l'affare dovrà, in via preliminare, uccidergli la moglie. Prendere o lasciare.
    Lo spunto, come avrete notato, in sé non è originalissimo: ricorda un po' quello di Strangers in a Train della Highsmith, il libro da cui Hitchcock ha tratto, nel 1951, L'altro uomo. Ma originalissima è la storia che Westlake ne ricava, nel senso che le situazioni di questo tipo hanno, nella letteratura di genere, uno svolgimento quasi obbligato – tentazione, dubbi ed esitazioni prima, rimorsi, volontà di espiazione e catastrofe poi – ma è davvero difficile che un autore come il nostro si attenga a uno svolgimento obbligato, per cui niente di quanto legittimamente ci aspettiamo, in definitiva, si avvera. Ci tocca leggere, invece, una storia piuttosto macabra, improntata a un cinismo totale e al più scanzonato dei pessimismi, in cui, tuttavia, il senso del ritmo narrativo e la capacità di creare suspense tipica di questo autore ci tengono incatenati al libro fino all'ultima pagina. E si ride, certo, ma non sono risate, se posso permettermi la contraddizione, particolarmente allegre. Ma non si può sempre ridere e l'addio è davvero degno di uno dei nostri grandissimi autori. Ce ne fossero ancora, come lui.
    08.06.'09
    Donald E. Westlake, L'esca (The Hook, 2000), tr. it. di Elda Levi,"Le Storie" – Alacrán, pp. 267, € 16,00