Le colpe dei figli

La caccia | Trasmessa il: 10/24/2004



Ne avrete più che a sufficienza, suppongo, di sentir parlare dei fatti del  liceo “Parini”, una scuola cui i giornalisti milanesi hanno sempre concesso troppa attenzione, forse perché è ubicata a due passi dalla maggior parte delle redazioni e ad andarci si fa meno fatica di quanta serve per informarsi sui casi degli istituti di periferia.   Saro, vi assicuro, brevissimo.  Avrà colpito anche voi la sproporzione tra la banalità dell’evento e lo spazio che i media, Radio Popolare compresa, gli hanno dedicato.  In fondo, quello che verte sui tentativi, più o meno riusciti, di rendere inagibile una scuola per evitare i controlli sulla propria preparazione è un copione talmente ritrito che è stato utilizzato, se ben ricordo, persino nella sceneggiatura di un episodio di “Un medico in famiglia” (in cui gli studenti discoli, mi sembra, provocavano un blocco dell’impianto di riscaldamento).  Nel caso del “Parini”, che, evidentemente, è sfuggito di mano agli autori, l’unico elemento di interesse specifico (quello che non ha sottolineato nessuno) è rappresentato dall’incuria delle competenti autorità scolastiche e cittadine, che, a quanto pare, una volta usciti gli studenti dall’edificio, sono use abbandonarlo a se stesso e non sentono il bisogno di organizzarvi un servizio, non dico di sorveglianza, ma nemmeno di pulizia.  Se, a scuola vuota, in quei locali fossero entrati –  come sembrerebbe normale – un paio di operatori con secchio e ramazza non sarebbe successo niente.
        Ma non è questo, forse, il punto.  Il fatto è che in via Goito le devastazioni sono sempre state all’ordine del giorno.  Io ci ho passato gli ultimi quattordici anni della mia carriera di insegnante, e posso assicurarvi che l’aspetto generale dell’edificio e delle sue dotazioni, per tutto quel tempo, è sempre stato oltremodo deplorevole.  Scritte sui muri, superfici imbrattate, banchi sfasciati, serramenti che gridavano vendetta agli dei e “bagni” in cui una persona ragionevole non si sarebbe lavate neanche le mani vi erano assolutamente la norma.
        Tutto questo, vi dirò, non mi ha mai stupito più di tanto.  Il “Parini”, si sa, è la scuola dei figli della buona borghesia milanese e, fatte salve le debite eccezioni, non c’è proprio motivo di supporre che costoro siano meno vandalici, beceri, egoisti e indifferenti al pubblico bene di quanto siano, per tradizione, i loro padri.   Anche se quel liceo è stato fondato da Maria Teresa, è da un bel pezzo, credetemi, che la classe dirigente cittadina non ha più nulla  a che fare con l’illuminismo e che la sua tradizione di impegno civile è soltanto un ricordo.  Ai milanesi bene, oggi, interessa soprattutto il quattrino e la potenza che dal quattrino deriva.  La cosa pubblica, per loro, conta infinitamente meno di quella privata e comunque la considerano a propria disposizione, un che di cui usare e abusare a piacimento.  Basta guardarsi in giro e vedere come questa classe dirigente ha conciato la nostra città, come, in nome del proprio guadagno, ne abbia stravolto la forma, appiattito le tradizioni e sconvolto il tessuto sociale, arraffando quel tanto che via via poteva arraffare e lasciando che il resto andasse in malora.  E perché diavolo i loro rampolli dovrebbero rispettare una scuola, per quanto illustre?  Figli dell’arroganza e dell’egoismo, non possono che essere arroganti ed egoisti.  Viziati e irresponsabili, non sanno reagire alle crisi altro che con irresponsabilità, tanto ci sarà sempre qualcun a pagare i danni.  E se nel caso specifico sembra che a pagare, per ora, siano le famiglie dei responsabili, in linea generale potete stare sicuri che a pagare per i disastri che questo tipo di gente produce saremo sempre e comunque noi.

24.10.’04