La prima reazione del vostro recensore
di fronte all’ultimo romanzo di Leonardo Gori, che, come forse saprete,
ha vinto l’edizione 2006 del “Premio Scerbanenco” al recente Noir in
Festival di Courmayeur, è stata, spiace doverlo confessare, di violenta
irritazione. Nulla a che fare, precisiamo subito, con la qualità
dell’opera e i meriti dello scrittore, anche se, come succede spesso con
i vincitori dello Scerbanenco, non si tratta forse del suo migliore romanzo.
Il fatto è che Gori viene considerato, di solito, un autore di romanzi
storici, e in effetti il suo personaggio, il capitano Arcieri, si è mosso,
finora, sullo sfondo di episodi del tipo della visita di Hitler a Firenze
nel 1936 o la liberazione del capoluogo toscano nel 1945. In questa
sua ultima comparsa, invece, è attivo, e senza forzature cronologiche,
nei giorni della grande alluvione fiorentina del ’66, che sarà senz’altro
un episodio storico anche quello, ma un episodio cui mi è capitato di partecipare
personalmente, nelle file dei volontari che qui vengono descritti intenti
a tirar su dal fango pacchi di libri nei sotterranei della Biblioteca Nazionale
e, insomma, trovarsi calati così improvvisamente nella Storia è cosa che
fa sentir vecchi e, che ci volete fare, un po’ irrita. Ma queste
sono considerazioni del tutto personali, e il romanzo, comunque, merita
di essere letto. Sullo sfondo di quei giorni difficili, Gori sa ambientare
un intrigo complicato, le cui origini risalgano agli ultimi giorni del
fascismo e in cui si mescolano, come sempre nei suoi thriller, vendette
private e pubbliche nefandezze. L’autore, che pure all’epoca non
doveva aver smesso da troppo tempo i pantaloni corti, ricostruisce ambiente
e atmosfera nei più minuti particolari (gli capita solo una volta di far
accendere a un personaggio una MS, ma è un peccato veniale…) e riesce
a inserire senza difficoltà la sua trama di fantasia nello schema dei tanti
misteri reali dell’Italia di ieri e di oggi. Il capitano, anzi,
il colonnello Arcieri, non è un ufficiale dei carabinieri qualsiasi: fa
parte di quelli che pudicamente si definiscono “i servizi”, ma il ruolo
non gli impedisce di andare al fondo degli intrighi e delle trame eversive
cui si trova davanti con impeccabile senso dei valori democratici e della
giustizia. Cui si aggiunge, in questa avventura alle soglie del
pensionamento definitivo, un senso di malinconia esistenziale, unito alla
consapevolezza che di misteri di quel tipo da risolvere ce ne saranno sempre
troppi, che rende la storia più amara e, in un certo senso, più significativa.
13.12.’05
Leonardo Gori, L'angelo del fango, Rizzoli, pp. 349, € 16,50