La voce delle vittime

La caccia | Trasmessa il: 10/31/2010


    La voce delle vittime

    Forse non ve ne sarete accorti, ma il governo – o, per essere precisi, il Ministero dei Beni Culturali – ha organizzato un convegno sulla libertà di informazione, martedì 27 scorso, in una ex chiesa del centro di Roma. Vi hanno partecipato, in presenza del ministro Bondi, della sottosegretaria Santanché e di altri pezzi grossi, ben tre direttori di testata: Augusto Minzolini, del TG1, Vittorio Feltri, del “Giornale” e Maurizio Belpietro, di “Libero”. E non vi sembri strano che a dir la loro in materia siano stati chiamati tre strenui sostenitori di un governo il cui leader, si sa, ha in merito le opinioni più discutibili. L'unica libertà di cui si è trattato, in effetti, è stata la loro. Che è, a quanto pare, scarsissima: i giornalisti di destra, come i tre sullodati, si sentono isolati, circondati, minacciati e vilipesi. Soli in mezzo al deserto, esposti ai lazzi e alle prepotenze di una sinistra che non perdona il loro essere “fuori dal branco”, sono attaccati dai giudici, abbandonati dall'ordine professionale e penalizzati nella carriera. Come ha spiegato Feltri (che, pure, quanto a carriera non dovrebbe avere di che dolersi), i loro stessi politici di riferimento li trattano come “dei brutti cafoni” e se vogliono dare una intervista importante, la danno a quel noto organo eversivo che è il “Corriere della sera”. “La vera cricca in questo paese” ha aggiunto Belpietro “è quella della informazione,” una cricca i cui esponenti non hanno altro fine che quello di “tappare la bocca” a lui e ai suoi simili. Ma dopo, eh, dopo stiano attento i politici del centrodestra, perché a non avere più voce saranno loro. “Pensateci” ha concluso il direttore di “Libero”, “quando cercate la legittimazione di 'Repubblica' e del 'Corriere' invece che di parlare con noi”. E Feltri gli ha fatto eco chiedendo con la consueta eleganza ai ministri presenti in sala se non avessero ancora capito che “o voi aiutate noi e noi aiuteremo voi oppure siamo fottuti”.
    Ci sarebbe da discutere, naturalmente, sul concetto di libertà di informazione che può avere uno che considera compito della stampa quello di aiutare gli amici (sempre, naturalmente, che loro aiutino te) o sulla coerenza di questi apostoli del libero mercato e della legge della domanda e dell'offerta, che poi fanno dipendere la propria sopravvivenza professionale dall'appoggio e dalla considerazione di chi sta al governo. Ma ciascuno fa il giornalismo che crede ed è libero di fare le polemiche che preferisce. Sappiamo che quella di lamentarsi del proprio isolamento, del disprezzo con cui è trattata, delle prevaricazioni altrui è una delle consuetudini più radicate della destra italiana. L'essere saldamente insediata al potere, con ottime prospettive di restarci a tempo indeterminato, non le ha mai impedito di presentarsi come il fragile oggetto di prepotenze intollerabili.
    L'Italia, d'altronde, è il paese del vittimismo. Pensate a quanti sono i nostri concittadini che assicurano, con maggiore o minore credibilità, di essere vittime di qualcuno o qualcosa. E quanto è maggiore il loro status, quanto più stringente è il controllo che esercitano sugli altri, tanto più vittime si sentono. Il papa, che – veramente – italiano non è, ma, per via della sede che regge e de tanti anni trascorsi tra noi, può considerarsi per lo meno naturalizzato, non fa che denunciare gli ostacoli che il relativismo laicista semina sul suo cammino. Cardinali, ministri, rettori e consimili potentati aprono la bocca quasi soltanto per deprecare i soprusi o gli sgarbi che superiori e colleghi gli infliggono. Se qualcuno di loro becca una pietrata in faccia o un pugno in un occhio – eventi, certo, da condannare con energia, ma che, con tutti i matti che ci sono in giro, si possono assimilare a un rischio professionale per chi esercita un ruolo pubblico – viene subito promosso a vittima del “fiume d'odio” che corre per il paese. E Berlusconi... be', Berlusconi può vantarsi a buon diritto di aver portato la pratica alla perfezione. Ricco, potente e fortunato qual è, riesce sempre a presentarsi come la vittima per eccellenza. Vittima dei giornalisti che lo scherniscono, della sinistra che lo attacca, dei magistrati che non gli danno tregua, il poveraccio resiste, perché, come ha spiegato di recente, se il motto dei suoi nemici è “un attacco al giorno toglie il Berlusconi di torno” il suo è “due attacchi al dì, Berlusconi resta sempre lì”, ma non si può certo dire che lo faccia senza un lamento.
    Bah. Nella stessa occasione in cui ha coniato il doppio slogan di cui sopra, in un incontro con i giornalisti a Bruxelles a margine del vertice europeo, il Presidente del Consiglio ha anche spiegato come mai si è lasciato coinvolgere nel caso Ruby. È intervenuto a favore della non nipote di Mubarak, a suo dire, perché è “un uomo di cuore” e “si muove per aiutare le persone in difficoltà”. Che sarà vero, figuriamoci, ma è comunque un modo per presentarsi, ancora una volta, come una vittima: vittima di se stesso, della propria gentilezza e dei propri sentimenti: del proprio buon cuore, insomma. Il rischio che a qualcuno venisse fatto di pensare che non dal cuore, ma da qualche altro organo possa essere comandato, evidentemente non gli è passato neanche per l'anticamera del cervello. La voce di questo tipo di vittime – del resto – non ammette mai il contraddittorio.
31.10.'10