Reggio nell’Emilia viene considerata,
di solito, una tranquilla città di provincia, capoluogo di un prospero
territorio agricolo noto per i formaggi pregiati, gli opulenti salumi e
un Lambrusco di rara squisitezza, nonché patria di benevoli, ancorché ostinatissimi,
Presidenti del Consiglio. Ma è questione, ovviamente, di punti di
vista. Se ci si pone da quello del noir, come fa Mauro Marcialis,
che debutta non ancora trentacinquenne nel genere con questo La strada
della violenza (e conosce bene la zona, perché ci lavora come maresciallo
della Guardia di Finanza), il quadro cambia come dal giorno alla notte.
Quella paciosa cittadina diventa un inferno di transazioni illecite,
appalti truccati, intrecci tra imprenditoria e criminalità, commercio di
droga, riciclaggi e simili piacevolezze, un posto in cui tutto è possibile
e tutti sanno tutto di tutti, non perché così si usa fare in provincia,
ma perché il controllo reciproco, anche a livello “ufficiale”, è un elemento
chiave del gioco del potere. Per cui, se un tipico personaggio negativo,
Lorenzo Rollei, sottoufficiale della Finanza corrotto fino la midollo,
uso alle mazzette in grande stile e consumatore affezionato delle sostanze
più varie, viene incastrato e costretto a collaborare con la Procura, non
è affatto detto che questo segni un suo ritorno alla legalità e se un tipico
personaggio positivo, Maurizio Ferri, tormentato agente del SISDE sotto
copertura, raccoglie e riferisce ogni informazione possibile sul marciume
diffuso in città, non si può assolutamente giurare che quei dati saranno
utilizzati a fini di giustizia e di ordine pubblico. Oltretutto,
c’è da affrontare un’esplosione di violenza particolarmente brutale,
due bambine sono state rapite, stuprate e uccise e i due protagonisti,
per quanto incompatibili possano sembrare l’uno con l’altro, si scoprono
a essere gli unici che potranno, forse, venire a capo delle indagini relative.
Un
romanzo a tinte forti, insomma, e, al tempo stesso, un’opera che l’autore
ha scelto di caratterizzare soprattutto sul piano della scrittura, con
una prosa molto tesa, martellata allo spasimo e senza troppa paura dell’enfasi,
e una costruzione della trama in cui l’alternarsi dei punti di vista è
portato al limite, in un susseguirsi di quelle che la retorica classica
avrebbe definito ipotiposi, come una specie di caleidoscopio noir in cui
vengono coinvolti, nei passaggi più esplicitamente violenti, persino gli
animali (domestici e selvatici) casualmente presenti alla scena. Il
tutto non manca di efficacia, anche se, secondo me, rischia ogni tanto
di sfociare nell’esercizio di stile fine a se stesso. Il vero motivo
d’interesse della Strada della violenza va cercato piuttosto nella capacità
di costruire, sul filo di una plausibilità piuttosto rischiosa, una storia
“estrema”, che riesce tuttavia a reggere senza sbandate fino allo scioglimento,
come a un vero thriller si addice. Sì, certe soluzioni saranno forse
un po’ tirate per i capelli, ma è chiaro che l’autore si sforza di battere
delle vie nuove e la ricerca di originalità, in un quadro ripetitivo
come quello della produzione italiana di oggi, non è certo un difetto.
22.01.’07
Mauro Marcialis, La strada della violenza, Colorado noir, pp. 369, € 16,00