La porta di avorio

La caccia | Trasmessa il: 04/17/2011


    Secondo Esiodo (Theog. 211-212) i Sogni erano figli della Notte e fratelli, quindi, della Morte e del Sonno. Questa parentela piuttosto inquietante non escludeva che la loro comparsa potesse fruttare una certa quantità di utili informazioni a coloro cui si maniferstavano, ma sulla credibilità di quei dati il vate di Ascra non si pronuncia. È l'autore dell'Odissea (XIX, 555-567), qualche decennio più tardi, a introdurre le prime, necessarie precisazioni: “Sono inspiegabili e ambigui” dice “e non tutto [di quello che dicono] si attua per gli uomini. Perché sono due le porte dei sogni incorporei: le une sono fatte di corno, le altre di avorio. I sogni che vengono dall'avorio segato, recando parole infruttuose, danneggiano; quelli che escono dal liscio corno, qualora un mortale li veda, si avverano.” Cosa c'entrino il corno e l'avorio non è chiaro e come si faccia a distinguere le visioni che vengono dall'uno o dall'altro il poeta non ce lo dice, lasciandoci a interpretare quegli ambigui messaggi a nostro rischio e pericolo. Solo in seguito si sarebbe affermata la credenza per cui ai sogni fatti la sera, nel primo sonno, non si debba credere più di tanto, mentre quelli del mattino sarebbero degni di una maggiore fiducia (o viceversa, non ricordo bene), ma questo non aiutava un granché a decifrare delle comunicazioni che restavano tutt'altro che perspicue, a meno, naturalmente, che il destinatario disponesse di competenze particolari. Nell'antichità, di fatto, quella dell'interprete di sogni era una specialità professionale riconosciuta e all'argomento si dedicavano trattati e manuali. A noi sono giunti i cinque libri dell'Oneirokritikòn di Artemidoro di Daldis, che probabilmente appartenne alla scuola stoica e nel II secolo d. C. inaugurò un genere letterario che per noi si chiude con l'Interpretazione dei sogni di Freud (1899) e le opere dei suoi seguaci.
    Temo che tutto questo, oggi, non sia più troppo di moda. Non so un granché della pratica psicoanalitica, ma ho il sospetto che i sogni dei pazienti vi abbiano molta meno importanza di quanta ne avessero per il primo Freud e quanto ad Artemidoro, di cui pure è stata pubblicata una sontuosa traduzione italiana di Dario Del Corno, non credo sia uno degli autori classici più letti. Anche a livello popolare, la fede nella comparsa in sogno di ascendenti benevoli deputati a trasmettere dall'aldilà preziosi consigli (e i classici numeri del lotto) mi sembra alquanto indebolita. Oggi il sogno è oggetto di studio e analisi a livello psicofisiologico, ma nessuno specialista del campo è mai riuscito a chiarire quel fastidioso particolare delle due porte e sulle finalità del fenomeno, in sostanza, non ne sappiamo molto più del poeta dell'Odissea.
    Tanta maggiore ammirazione, così, va espressa a Giulianone Ferrara, che non solo crede ai sogni, ma all'ultimo che ha fatto ha dedicato addirittura un articolo di fondo del “Giornale”, domenica 10 aprile. E sfido: non è stato, il suo, un sogno da poco, una futile fantasia onirica di quelle che svaniscono all'alba lasciando solo un vago ricordo di sé. Ferrara, in effetti, ha sognato Berlusconi. Un Berlusconi piuttosto incazzato, sembra, che gli ha confidato che ormai non ne può più e se non si calma tutto questo casino giudiziario mediatico attorno alla sua persona lui non ci mette niente a mollare tutto. Con la stessa velocità con cui, a suo tempo, è sceso in campo, dal campo se ne può andare e peggio per noi. Forse non per tutti noi, perché per qualcuno l'idea di non avere l'attuale capo del governo tra i piedi può avere una certa attrattiva, ma per i lettori del “Giornale”, si capisce, non può esserci prospettiva più minacciosa. Per cui tutto il centrodestra è invitato a serrare le file, perché se no “il cav può mollare”.
    Ecco, sarebbe futile, a questo punto, chiederci se quell'immagine notturna si è manifestata a Ferrara passando dalla porta di corno, come suggerirebbe l'autorevolezza del quotidiano che ne riferisce, o da quella di avorio, come sembrerebbe più probabile a chi considera la nota ripugnanza del Premier per separarsi da una pur minima parte del suo potere, figurarsi tutto. Ciascuno, come ammette, in apertura, lo stesso articolista, fa i sogni che merita e ciascuno scrive gli articoli che crede opportuni. In questo caso, Giuliano Ferrara intendeva evocare un rischio per esorcizzarlo, sottolineando quanto sia nocivo, dal suo punto di vista, continuare a perseguitare il povero Berlusconi e impedirgli di spendersi tutto per il paese. È il suo mestiere (il mestiere di Ferrara, dico, non quello di Berlusconi) e non gli si può impedire di farlo.
    Va sottolineata, piuttosto, la creatività professionale che il direttore del “Foglio” ha messo in atto per l'occasione. In tanti anni che bazzico il giornalismo, non mi era mai capitato di imbattermi in una notizia data, diciamo così, per via onirica. Che è una tecnica, se ci pensiamo bene, bizzarra, ma assai vantaggiosa per chi la applica: permette di scrivere ciò che si vuole, anche le analisi più inverosimili e le ipotesi meno probabili, senza dover fare i conti con qualsiasi possibile smentita. Permette di far filtrare un messaggio (attenti sciocchini: il capo è stanco e incazzato) senza assumersi nessuna responsabilità – perché che volete che significhi un sogno? – e di attribuire a chiunque, anche a Lui con la maiuscola, qualsiasi progetto senza chiederglielo prima e senza neanche avvertirlo. Libero ciascuno, poi, di reagire nel modo che crede, di stringersi a corte attorno all'Uomo di Arcore o di far proprio il commento di quel personaggio di Eduardo che all'amara constatazione “Gesù l'aggio sognato! ...” fa seguire un consolatorio “Ma che bel sogno”. Perché di un bel sogno, con i tempi che corrono, c'è proprio il rischio di doversi accontentare.

    Oh. Berlusconi stesso ha parlato, in questi giorni (e da sveglio) del proprio futuro. Ha accennato, sì, a una possibile rinuncia, ma non ha escluso la possibilità di poter continuare a impegnarsi, se glielo chiederanno, per il bene del paese, magari in un ruolo di “padre nobile”, qualsiasi cosa significhi. Poi ha indicato un possibile delfino talmente improbabile da farci capire che l'immagine venuta a turbare i sonni di Ferrara era passata, senza possibile alcun dubbio, dalla porta di avorio. Insomma, per restare in tema, ci ha fatto capire che il compito di togliercelo dalle palle spetta sempre a noi. La possibilità che si levi spontaneamente di torno ce la possiamo sognare.

    17.04.'11