Avrete notato anche voi, suppongo, i manifesti pubblicitari di una
stazione radio commerciale – nostri concorrenti, in un certo senso, anche
se non credo che il target e i servizi offerti possano essere assimilati
– in cui nell’augurare agli ascoltatori “tanta, tanta fortuna” si esibisce
l’immagine a colori di una giovane donna che protende verso il fruitore
uno straordinario paio di natiche: due natiche, se ricordate, così prepotenti,
così strettamente inguainate e così esplicitamente e trionfalmente esibite
che, anche per motivi di prospettiva, sembrano occupare la totalità della
superficie disponibile. Non essendo un esperto di persuasioni occulte,
non saprei dirvi quanto l’accostamento sia proficuo dal punto di vista
pubblicitario: in me, personalmente, non ha suscitato alcun desiderio di
sintonizzarmi su quelle frequenze, ma io sono un po’ moralista, e poi,
per principio, ascolto solo Radio Popolare. Può darsi benissimo che
a chi non è afflitto da pregiudizi del genere quella proposta appaia appetibilissima
e di un po’ di fortuna, di questi tempi, abbiamo tutti bisogno.
Ma, certo, qualche perplessità resta lecita. Per dirne una, il motivo
per cui una stazione radiofonica debba augurare buona fortuna ai suoi ascoltatori,
illustrando l’augurio con l’immagine di un posteriore eminente, merita,
lo ammetterete, di essere in qualche modo indagato.
Ora, oltre che moralista io sono anche un po’
ingenuo. Mi ci è voluto un certo tempo (e qualche dritta da parte di gente
più sveglia di me) per rendermi conto di come il tutto rappresentasse una
specie di implicito gioco di parole, fondato sulla nota espressione “aver
culo”, nel senso di avere, appunto, fortuna. Ma alla fine ho afferrato
anch’io il meccanismo comunicativo che s’incarnava in quell’immagine.
I nostri colleghi, non potendo augurare ai loro ascoltatori di avere
tanto, tanto culo, che non sta bene, gli auguravano tanta, tanta fortuna,
illustrando il concetto con quello di una moderna Venere callipigia e lasciando
che chi aveva orecchio per intendere intendesse. Magri ci sarebbe
voluto un po’ per arrivarci, ma chi ci fosse arrivato non se ne sarebbe
dimenticato mai più.
L’analisi, noterete risolve brillantemente
uno dei due interrogativi, ma ne apre un altro, di natura eminentemente
linguistica. Non so voi, ma io di fronte a quei manifesti mi sono
reso conto che di quell’espressione, pur così ampiamente diffusa e universalmente
compresa, non conoscevo l’origine. E i miei tentativi di scoprirla,
finora, sono risultati assolutamente vani. I vocabolari, come sempre,
non mi sono serviti a molto: non ho avuto modo di consultare il Battaglia,
ma la frase è completamente ignorata dal Devoto Oli e dal Garzanti ed è
registrata sub voce soltanto dallo Zanichelli, che la riferisce a “chi
ha una gran fortuna, spec. in azioni pericolose, rischiose e sim.”), ma
non si azzarda in alcun tentativo di spiegazione. Il costrutto, in
apparenza, è di tipo metaforico, ma se di metafora si tratta deve essere
una di quelle che, col tempo, hanno acquisito un’autonomia semantica pressoché
totale, perdendo la memoria dell’analogia sulla quale erano state costruite.
E poi il campo è aperto a qualche altra ipotesi. Potrebbe
trattarsi, per esempio, di una formula di tipo consolatorio. A un
augurio di buona fortuna, riferita al futuro o a qualche altro campo di
applicazione, si ricorre spesso per consolare chi si trova in qualche afflizione,
tipo le spose bagnate o chi perde al gioco. Analogamente, a chi
è afflitto da un deretano antiestetico e sproporzionato, si potrebbe cercare
di far animo sostenendo che, in fondo, è tutta fortuna. Oppure, potrebbe
trattarsi di un eufemismo propiziatorio: per non nominare invano la dea
bendata, con il rischio di farla allontanare precipitosamente, la si definisce
in forma, diciamo così, criptica. Ma a parte il fatto che gli eufemismi,
di solito, hanno un valore più apotropaico che consolatorio, ho l’impressione
che entrambe le ipotesi non siano particolarmente convincenti e che, in
particolare, la seconda lasci ancora aperto il problema del perché proprio
al culo, come elemento di significazione, si sia finiti col ricorrere.
Insomma, sono perplesso e se qualcuno di voi dispone di informazioni
precise al riguardo gli sarò grato se vorrà essere tanto gentile da comunicarmele.
Nessun problema, invece, per il secondo interrogativo,
quello che era restato in sospeso. A
chi ha promosso quella campagna pubblicitaria, con tutta probabilità, di
augurare buona fortuna ai suoi potenziali clienti non importava affatto.
Non ci vuol molto a capire che non ha esibito un sedere per augurare buona
fortuna, ma che ha augurato, al contrario, buona fortuna per poter esibire
un sedere. Che quello che gli interessava, nella fattispecie, era
disporre di un pretesto qualsiasi per esibire in primo piano quella tal
parte anatomica, nella convinzione – giusta o sbagliata – che i bei sederi
femminili suscitano, nel pubblico medio, un interesse che può essere sempre
capitalizzato ad altri fini, tanto è vero che li si utilizza normalmente
per pubblicizzare qualsiasi merce e qualsiasi prodotto. Che questo
significhi fare commercio del corpo umano, o addirittura di parti scelte
del corpo umano, non è cosa, con i tempi che corrono, che possa turbare
nessuno. Buona fortuna a tutti, davvero.
30.04.’00