La fiera delle futilità

La caccia | Trasmessa il: 05/08/2011


    Permettetemi, vi prego, di spendere due parole sul matrimonio del secolo, intendendo per tale quello che ha sancito, a Londra, l'unione del nipote della regina con la sua graziosissima e borghesissima fidanzata. La coincidenza con il primo maggio mi ha impedito di farlo, domenica scorsa, a botta calda e anche se immagino che non abbiate sentito troppo la mancanza del mio punto di vista, mi spiacerebbe che l'evento venisse archiviato senza che nessuno ricordasse quello che è stato, a mio avviso, il suo personaggio centrale e più significativo.
    Non mi riferisco, s'intende, né alla sposa né allo sposo. Quelli hanno soltanto adempiuto alla loro funzione con sufficiente professionalità, e ci sarebbe mancato altro, e d'altronde si sa che ai matrimoni gli sposi sono coloro che, fra tutti, meno interessano. Anche i vari comprimari, regine, principi, duchi o semplici milionari in sterline che fossero, hanno fatto esattamente quello che ci si aspettava che facessero, deludendo, in un certo senso, le attese del pubblico che sotto sotto sperava di trarre, dalle loro reazioni, una qualche emozione. Anche gli scavezzacolli di famiglia, il terribile principe Harry e la sorella sexy della sposa, da cui ci si aspettava molto, hanno, in definitiva deluso. Hanno fatto il loro dovere di testimoni senza prodursi lui in nessuna delle goliardate per cui è noto e senza esibire troppo lei il pur molto lodato sedere. Per una volta, la macchina della corte di San Giacomo ha funzionato alla perfezione, inquadrando nei propri inesorabili protocolli quella massa di personaggi normalmente incapaci di mostrare un minimo di disciplina e dignità e sfornando, a uso e consumi degli affezionati sudditi e dei due miliardi (!) di telespettatori aggiunti, un evento tecnicamente perfetto. Il prototipo forse, per molti anni a venire, del matrimonio reale.
    Sia reso il dovuto merito, dunque, all'unico personaggio che a quella schiavitù ha saputo sottrarsi, dimostrando che anche a Buckingham Palace, volendo, si può affermare un minimo di personalità. L'avrete vista anche voi in prima pagina su tutti i giornali, nella foto in cui si immortala l'esibizione al balcone della coppia felice. È quella bambina appoggiata alla balaustra subito alla sinistra della futura sovrana, impegnata con il suo principe in un bacio di tipo hollywoodiano la cui perfezione formale deve essere costata un lungo esercizio. Reca sui capelli biondi una coroncina di foglie d'edera e fiori di mirto (gli stessi componenti del bouquet della sposa), si porta i palmi delle mani alle tempie come a tapparsi le orecchie ed ha in faccia una espressione di indicibile fastidio. Non è chiaro se il suo volto esprima semplicemente una noia tremenda o sia atteggiato a una straordinaria incazzatura, ma è certamente l'unico, in tutto il balcone, che non sia irrigidito in un fatuo sorriso di circostanza.
    Quasi nessun giornale dedica una spiegazione alla presenza e alla espressione di questa giovanissima dissidente. È necessaria qualche indagine per scoprire che si tratta di una delle damigelle, tale Grace Van Cutsen, di anni tre, figlia di amici degli sposi, la sola, tra le sue parigrado, che non appartenesse in qualche modo alla famiglia reale. L'unico commento al suo mood che sono riuscito a trovare è quello della didascalia della foto in pagina interna (non in prima) di “Repubblica” di sabato 30 aprile, secondo la quale la poverina era stanca. Ma non è vero: il giorno dopo è stata diffusa un'altra fotografia, una foto di gruppo delle due famiglie riunite, presa chiaramente in studio da un fotografo professionista prima che cominciasse (o dopo che era finito) tutto l'ambaradan, in un momento, quindi, in cui non c'era cagione di stanchezza alcuna, e anche in quella foto la piccola Grace ha una espressione terribile. E non ci piove: la sua non è semplice noia. La poverina è davvero incazzata di brutto.
    E si capisce, povera piccola. Lei non è, a differenza delle altre damigelle, né la cugina di William né la nipote della duchessa di York, né la pronipote della principessa Margaret, piccole vittime la cui partecipazione era, in un certo senso, obbligata, e che vanno, quindi, più compatite che censurate. Lei era presente, si suppone, per un atto volontario dei suoi, che invece di lasciarla tranquilla a giocare l'hanno mescolata a un evento dal quale, evidentemente, si sarebbe tenuta volentieri alla larga. L'hanno costretta a mettersi in testa quella coroncina ridicola (e si sa quanto i bambini siano sensibili al ridicolo), a farsi sballottare su e giù per carrozze, cattedrali e palazzi, a farsi fotografare accanto a un'amica della mamma che si era messo, chissà perché, quel ridicolo velo bianco e a un falso colonnello dei soldatini dall'aria un po' ebete nonostante la giubba rossa con gli alamari d'oro e la fascia azzurra, in mezzo a una quantità di carampane vetuste, di giovani evidentemente dissoluti e di aristocratici più o meno decrepiti, esempi tutti, quale più quale meno, di ridondanza sociale e parassitismo economico. L'hanno coinvolta, insomma, in uno spettacolo di straordinaria artificiosità e dal costo presumibilmente astronomico, ideato nel presupposto che per suscitare il consenso popolare al popolo basti mostrare siffatte autocaricature, in una specie di circolo vizioso per cui l'offerta di particolari sempre più futili ne accresce esponenzialmente la domanda e viceversa, fino a sommergere tutti i partecipanti in un mare, appunto, di futilità. Per forza che ha quell'aria come se stesse per mordere: è quella che dovrebbe avere qualsiasi persona, che, giovane o vecchia, abbia un poco a cuore la sua dignità.
    Ci auguriamo tutti, naturalmente, che dallo sforzo si rimetta presto. Che abbia una vita lunga e felice, e che possa raccontare ai nipotini, tra molti, moltissimi anni, che, sì, lei era stata damigella al matrimonio del re e non le era proprio piaciuto. E proponiamo fin d'ora che il suo faccino incazzoso compaia sulla prima serie di francobolli che il paese emetterà per celebrare l'avvento della Repubblica.

    08.05.'11