La canzone del giardiniere | Kalpana Swaminathan

Gialloliva | Trasmessa il: 01/17/2011


    Che l'autrice di questa Canzone del giardiniere sia definita in quarta di copertina “l'Agatha Christie indiana” non è cosa che possa stupire nessuno. Da un lato non c'è autrice di polizieschi cui non sia toccata o debba toccare l'esperienza di essere paragonata con la grande Agatha e dall'altro abbiamo già avuto occasione di notare come la letteratura poliziesca, in India, abbia una forte impostazione “coloniale”, nel senso che, in linea, tende a restare fedele ai moduli del giallo classico all'inglese. La Swaminathan poi, un po' se la cerca, visto che costruisce decisamente i suoi romanzi secondo lo schema del giallo d'indagine e, in questo caso, ricorre persino all'espediente, tipicamente christiano, di strutturare la trama sulle strofe di una filastrocca, come in Dieci piccoli negretti (E poi non rimase nessuno) e altrove. Anche il suo personaggio principale, una certa miss Lalli, che in molti anni passati come funzionaria amministrativa nella polizia di Bombay ha rivelato un tale acume e tanta perspicacia che anche adesso che è in pensione i suoi ex colleghi vengono continuamente a consultarla, pur non essendo esattamente un calco, ci ricorda delle figure già note.
    Tuttavia non ci vuole molto per capire che, nonostante tutto, La canzone del giardiniere con la produzione della Christie e con il giallo inglese ha ben poco a che fare. La trama è sì ricca di indizi e di sospetti e caratterizzata da uno scioglimento davvero complicato (troppo complicato, in realtà, per essere godibile fino in fondo), ma il clima è davvero diverso da quello di qualsiasi mystery di cui possiate avere esperienza. La storia dell'antipatico signor Karanukar Rao, prototipo dell'impiccione e del sepolcro imbiancato, che in nulla trova un piacere maggiore che ficcare il naso nelle faccende private dei suoi vicini di casa, mettendo gli uni contro gli altri mogli e mariti, genitori e figli, amici e parenti vari, scoperchiando altarini e raccogliendo pettegolezzi in quantità industriale, per cui nessuno si stupirà quando finisce con il farsi ritrovare morto stecchito nell'ascensore di quel condominio Uktrusha, alla periferia, appunto, di Bombay, che era solito funestare, si dipana con un ritmo e una impostazione tipicamente non europei. Anche la filastrocca, che pure è tratta da un'opera di Lewis Carroll e dovrebbe, quindi, riportarci ancora una volta all'Inghilterra, serve soltanto a mettere un minimo d'ordine nella quantità di motivi che l'autrice affastella, con l'esuberanza e la varietà tipologica di una folla scatenata per le vie di una grande città dell'Oriente. Ci vuole un po' di pazienza per dipanare tutti gli incroci e le sovrapposizioni secondo cui si intersecano le vite dei vari personaggi (e ricordare i loro complicatissimi nomi in lingua maharastri e cannada), ma è uno sforzo che merita di essere compiuto e sarà compensato da una immersione autentica all'interno della realtà indiana contemporanea, al di là di qualsiasi esotismo e di ogni folklore di maniera. Perché la vita a Bombay non è esattamente un pranzo di gara, i benefattori occidentali in visita possono creare più guai che altro, le donne a volte non contano più del valore della loro dote, la polizia non è il massimo dell'efficienza e il microcosmo del condominio rispecchia alla perfezione l'immane casino di quella splendida e disordinatissima città. Insomma, resistete alla tentazione di lasciar perdere dopo le prime pagine, andate pure avanti con tutta la risolutezza di cui disponete e vedrete che ne vale la pena. Mi saprete dire.
17.01,'11
Kalpana Swaminathan, La canzone del giardiniere (The Gardener's Song, 2007), tr.it. di Elena Cantoni, Kowalski, pp. 297, € 16,00